RECENSIONI
Valentina Parisi
Una mappa per Kaliningrad
Exòrma, Pag. 256 Euro 15,90
Sottotitolo: La città bifronte.
Inizia come un viaggio nella memoria familiare, quello dell’autrice, che dopo la morte del nonno parte alla ricerca del campo di prigionia in cui era stato internato verso la fine della guerra. Le suggestioni dei racconti in famiglia, con le caratteristiche espressioni tratte da linguaggi diversi, lasciano presto il posto a un altro tipo di suggestione. È il fascino mortuario di un luogo che è insieme due città, diverse e contrapposte, coesistenti eppure immiscibili, come se esistessero in due dimensioni diverse. Il viaggio diventa un esercizio della mente sospeso fra Escher e Calvino. Il riferimento a Le città invisibili, proposto dall’autrice, è inevitabile. Perché questa città è nello stesso tempo due luoghi e un non luogo. Così quelle finestre sull’ignoto aperte dai racconti del nonno si aprono non su tasselli biografici (il campo di prigionia non esiste più) ma sull’incredibile storia di quella città che era Königsberg e che adesso è Kaliningrad.
Il libro si snoda lungo tre piste. 1. Il filo delle memorie legate alla prigionia del nonno, suffragate da testimonianze di altri internati italiani. 2. Il fresco diario di viaggio dell’autrice alla ricerca del campo scomparso, ma di fatto alla scoperta di una città inaspettata. 3. La storia della città e della sua stupefacente trasformazione.
Il primo spunto è il linguaggio che il nonno si era portato addosso al ritorno dal lager, punteggiato di parole russe e tedesche, orai avulse dal contesto in cui erano nate.
Rientravano piuttosto in quella neolingua che era l’idioma parlato nel lager – quel frasario barbaro, quell’esperanto straccione che era la chiave della sopravvivenza. Un vocabolario da disperati, ridotto al minimo indispensabile, a pochi termini spesso storpiati ma ripetuti di continuo, con cupa ossessività.
Città natale di Kant, la prussiana Königsberg diventa, alla fine della Seconda guerra mondiale, la sovietica Kaliningrad. Il cambiamento di nome non è soltanto formale: è la testimonianza di un’operazione tutt’altro che indolore. La popolazione tedesca, deportata altrove, viene sostituita da una mescolanza di genti provenienti dalle zone più disparate della Russia. Gli imponenti palazzi prussiani, già devastati dai bombardamenti, vengono demoliti in favore di un nuovo disegno urbanistico. Ma l’operazione non riesce del tutto, e il fantasma della vecchia città continua ad aleggiare in sovraimpressione, come se due città diverse, ma appartenenti a due diverse dimensioni, coesistessero misteriosamente.
E se fosse proprio l’ambra (…) a condensare in sé l’essenza stessa della città di K.? Se Kaliningrad stessa non fosse altro che una pietra traslucida che racchiude in sé, come un insetto prigioniero, Königsberg ?
Durante la lettura si ha la sensazione di essere in buone mani. Valentina Parisi è un’esperta in letterature slave, con alle spalle una solida esperienza di traduttrice dal russo e dal polacco. E c’è una cura meticolosa nelle citazioni e nei riferimenti. Così come è da apprezzare il ricco corredo di fotografie d’epoca, alcune davvero rare, tratte da diverse fonti.
I differenti fili sono abilmente intrecciati, con un effetto congiunto di leggerezza e profondità. Così la conoscenza della letteratura locale si mescola con curiosi aneddoti di viaggio e con le ricostruzioni storiche. Un capitolo a parte è occupato dalle “voci”: testimonianze del doloroso avvicendamento fra la popolazione tedesca e quella russa.
Nel grande crogiuolo della Storia, l’autrice è attenta a ritrovare le storie. A esplorare quelle sacche nascoste in cui si nascondono i dettagli, le particolarità e i capricci del caso.
Al culmine delle operazioni belliche, in mezzo a tanta distruzione, l’ippopotamo Hans ferito e poi curato dai russi con robuste dosi di vodka sembra simboleggiare gli inaspettati squarci di speranza offerti dalla bizzarria del caso anche nei momenti più drammatici.
di Giovanna Repetto
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