RECENSIONI
Michele Mannoia
Zingari
XL edizioni, Pag. 188 Euro 16,00
Mo pure i froci c'hanno er giorno de 'a memoria?
Domanda che mi fu rivolta da un 'evidente' coatto di Abbiategrasso. Dissi di sì, aggiungendo però che forse non erano stati gli ultimi. Infatti La prima giornata di commemorazione delle vittime zingare del nazismo si tenne solo nel 1994, a cinquant'anni di distanza dalla fine della seconda guerra mondiale (pag.36).
Ma fossero solo quelli i motivi per cui un'etnia come quella zingara è continuamente sottoposta a discriminazioni. Aveva ragione Einstein quando affermava che è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. Ma se non è lo Stato stesso a frantumare la catena dell'odio, credo che solo lo spirito 'bonario' della funariana ggente possa far poco. Perché, mi chiedo, il protagonista principale delle politiche in materia di Rom e Sinti sia stato, e continua a essere ancora oggi, il ministero dell'Interno? ministero al quale si deve una politica basata sul principio di esclusione dei Rom, piuttosto che su quello di inclusione (pag.111).
Ma al di là di tutti i discorsi (troppi... i soliti da un'eternità... pure noiosi... e poco incisivi) c'è un aspetto, trattato con la dovuta attenzione nel libro, che mi ha fatto comprendere dove il problema ha la sua radice: nella diversa concezione del tempo e nella 'diversità' ad esso collegato.
Riporto per correttezza buona parte della testimonianza di un'operatrice dell'Ussm di Palermo: Faccio un esempio per essere più chiara: stamattina avevo un colloquio con un ragazzo del campo. Conoscendo il loro concetto di tempo, sapevo che non sarebbe bastato chiedergli di venire il venerdi mattina alle ore nove. Avendolo sentito per telefono il mercoledi precedente gli ho detto che doveva dormire due notti e poi il mattino successivo presentarsi da me. La stessa cosa ho fatto qualche tempo addietro. Ho costruito un calendario rudimentale invitando quel giovane a sbarrare con una x la giornata trascorsa per capire quando dovesse presentarsi all'udienza. Se non facevo così, non si sarebbe mai presentato. Per un nomade, i giorni della settimana, gli orari, il tempo non hanno lo stesso significato che gli diamo noi. Il ragazzo che doveva presentarsi, oggi alla fine è venuto, ma l'ho dovuto svegliare io. Chiaramente con un ragazzo italiano non lo faccio (pag.91).
Ecco dunque la quiddità, l'essenza: finché non si capiranno gli aspetti delle diversità (per contro, la cultura rom ha molti aspetti, pur nella sua estrinsecazione 'pagana', simili al cattolicesimo e ai principi cardini su cui poggia: famiglia tra tutti) non ci sarà campo comune per poter riallacciare discorsi di integrazione. Il resto, come spesso accade, sono parole al vento.
Il libro di Mannoia si fa portatore di queste istanze, con un occhio di riguardo alla situazione siciliana, e sembra davvero un ottimo punto di partenza (ma che sia l'ultima, siamo stanchi delle continue 'false') per riconsiderare l'intera questio.
Ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.
di Alfredo Ronci
Domanda che mi fu rivolta da un 'evidente' coatto di Abbiategrasso. Dissi di sì, aggiungendo però che forse non erano stati gli ultimi. Infatti La prima giornata di commemorazione delle vittime zingare del nazismo si tenne solo nel 1994, a cinquant'anni di distanza dalla fine della seconda guerra mondiale (pag.36).
Ma fossero solo quelli i motivi per cui un'etnia come quella zingara è continuamente sottoposta a discriminazioni. Aveva ragione Einstein quando affermava che è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. Ma se non è lo Stato stesso a frantumare la catena dell'odio, credo che solo lo spirito 'bonario' della funariana ggente possa far poco. Perché, mi chiedo, il protagonista principale delle politiche in materia di Rom e Sinti sia stato, e continua a essere ancora oggi, il ministero dell'Interno? ministero al quale si deve una politica basata sul principio di esclusione dei Rom, piuttosto che su quello di inclusione (pag.111).
Ma al di là di tutti i discorsi (troppi... i soliti da un'eternità... pure noiosi... e poco incisivi) c'è un aspetto, trattato con la dovuta attenzione nel libro, che mi ha fatto comprendere dove il problema ha la sua radice: nella diversa concezione del tempo e nella 'diversità' ad esso collegato.
Riporto per correttezza buona parte della testimonianza di un'operatrice dell'Ussm di Palermo: Faccio un esempio per essere più chiara: stamattina avevo un colloquio con un ragazzo del campo. Conoscendo il loro concetto di tempo, sapevo che non sarebbe bastato chiedergli di venire il venerdi mattina alle ore nove. Avendolo sentito per telefono il mercoledi precedente gli ho detto che doveva dormire due notti e poi il mattino successivo presentarsi da me. La stessa cosa ho fatto qualche tempo addietro. Ho costruito un calendario rudimentale invitando quel giovane a sbarrare con una x la giornata trascorsa per capire quando dovesse presentarsi all'udienza. Se non facevo così, non si sarebbe mai presentato. Per un nomade, i giorni della settimana, gli orari, il tempo non hanno lo stesso significato che gli diamo noi. Il ragazzo che doveva presentarsi, oggi alla fine è venuto, ma l'ho dovuto svegliare io. Chiaramente con un ragazzo italiano non lo faccio (pag.91).
Ecco dunque la quiddità, l'essenza: finché non si capiranno gli aspetti delle diversità (per contro, la cultura rom ha molti aspetti, pur nella sua estrinsecazione 'pagana', simili al cattolicesimo e ai principi cardini su cui poggia: famiglia tra tutti) non ci sarà campo comune per poter riallacciare discorsi di integrazione. Il resto, come spesso accade, sono parole al vento.
Il libro di Mannoia si fa portatore di queste istanze, con un occhio di riguardo alla situazione siciliana, e sembra davvero un ottimo punto di partenza (ma che sia l'ultima, siamo stanchi delle continue 'false') per riconsiderare l'intera questio.
Ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.
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