I Classici
Un gioiello: “Estate al lago” di Alberto Vigevani.
La sorpresa è ancora più grossa quando, pur sfogliando tra le vecchie cose del passato, soprattutto di un certo livello, alla fine della lettura ti ritrovi in mano un gioiellino di estrema fattura che in un impeto di follia lo paragoneresti ai massimi della letteratura.
La poca fortuna di un piccolo autore: “Una vita” di Italo Svevo.
Certo gli inizi di Svevo non furono positivi. Tra il 1886 e il 1895 vedrà prima la morte del fratello Elio, poi quella del padre roso da fallimenti economici e infine, appunto nel 1895, la morte della madre.
Un bel romanzo “nonostante tutto”: “Demetrio Pianelli” di Emilio De Marchi.
Il titolo del pezzo già dice tutto. “Nonostante tutto” un bel romanzo. Perché “nonostante tutto” e soprattutto perché un bel romanzo
Dopo tanto tempo... "La bella estate" di Cesare Pavese.
Ho riletto La bella estate di Pavese dopo tantissimo tempo, incuriosito dal fatto che lo scorso anno ne è stato tratto un film (ammetto di non averlo visto, anche perché non ha avuto una grande distribuzione).
Un sottoproletariato ancora intatto: “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini.
Ragazzi di vita è del 1955, quando Pasolini, dopo varie esperienze come professore, arrivò a Roma per sperimentare nuove problematiche artistiche.
Non so se è vero, ma molto valido: “La bellezza di Ippolita” di Elio Bartolini.
Di fronte a certe opere mi sorge un quesito. Un quesito, e davvero lo riconosco come tale, che è certamente tutto mio, ma nella realtà sembra esistere.
L’irreparabile che oggi appare consueto: “L’Arialda” di Giovanni Testori.
L’Arialda, come è noto, fece scandalo. Incriminata per offesa al comune senso del pudore, l’opera fu poi assolta.
Un “fantastico” classicista: “Le notti romane” di Giorgio Vigolo.
E’ per puro caso che sono venuto a conoscenza di Giorgio Vigolo. Intanto perché nelle rassegne editoriali nostrane non viene quasi mai segnalato e poi perché forse è dipeso da lui se oggi come oggi possiamo a malapena ricordarci delle sue produzioni.
Una residenza felice: “Vita in villa” di Clotilde Marghieri.
Allora, immaginatevi una intellettuale, meglio ancora, una giornalista (non che le due cose possano separarsi) che, arrivata ad una certa età (perché dirlo) decide di abbandonare la città e trasferirsi in campagna
Sentire “animale”: “Bestie e noi” di Eva Quajotto.
Nella collana dedicata al Novecento Italiano, nella edizione Giunti, il responsabile Enzo Siciliano dedicò, ad un certo punto, un libro scritto da Eva Quajotto. Già so la reazione dei nostri lettori: ma chi era effettivamente Eva Quajotto?
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