CINEMA E MUSICA
Alfredo Ronci
Il fascino acustico di Cassandra Wilson: 'Another country'.

Cosa è rimasto della genia delle cantanti jazz? Poco e niente, rispetto soprattutto ai fulgori degli anni quaranta, cinquanta e sessanta del secolo scorso.
Parlare di Cassandra Wilson come 'solo' cantante jazz è un poco riduttivo, perché è anche cantautrice e 'organizzatrice' dei suoi lavori ma, nonostante ciò, e devo essere sincero, negli ultimi anni avevo smesso di seguirla (nonostante il 'Times' l'abbia definita qualche tempo fa America's best singer) per via di una ripetitività nei dischi che m'aveva infastidito, al di là di una coerenza musicale e di scelta di repertorio inattaccabile.
Bastavano poche note per riconoscere uno stile: se da una parte ciò poteva essere segno di unicità e originalità, dall'altra, quel noioso e sempre uguale incedere di melodie e voce metteva a dura prova anche l'ascoltatore più paziente.
Da due dischi a questa parte le cose sembrano cambiate (ma non aspettatevi rivoluzioni): Another country è davvero una delle cose migliori dell'artista da parecchi anni a questa parte.
L'inizio è folgorante, una ballata acustica ('Red guitar') che ti coinvolge e ti strugge, ma anche la successiva 'No more blues' con le sue cadenze morbide e bluesy ha parecchie frecce al suo arco. La terza traccia davvero non te l'aspetteresti: è 'O sole mio', si proprio quella, che la Wilson affronta con un piglio inusuale e con una pronuncia napoletana che, considerando le sue origini, non è mica da buttare (e non basta: della canzone ci sono addirittura due versioni. Quella che chiude il disco è addirittura in chiave funky!)
Sì perché in Another country c'è molta Italia. Innanzi tutto il disco è stato registrato a Firenze e poi ad accompagnare l'artista c'è il chitarrista jazz Fabrizio Sotti che in qualche modo firma il lavoro col suo straordinario e mai invadente imprinting musicale.
Poi c'è dell'altro davvero: c'è lo strumentale 'Deep blue', ci sono le due bossa 'Almost twelve' e il pezzo che da il titolo all'opera 'Another country',c'è il flamenco di 'Passion' (come poteva essere diversamente?) e c'è la nenia africana di 'Olomuroro'.
Insomma un disco per palati raffinati, ma per nulla patinato, dove la potente voce da contralto della Wilson è prima di tutto indice di classe cristallina (mi chiedo a 'sto punto, visto che s'è cimentata con 'O sole mio', cosa sarebbe con il repertorio immortale della canzone napoletana... tanto per sognare) e poi una sorta di marchio di fabbrica.
Da qui ripartiamo per star di nuovo dietro ad una cantante unica.
Cassandra Wilson
Another country
E-one Music / Membran - 2012
Parlare di Cassandra Wilson come 'solo' cantante jazz è un poco riduttivo, perché è anche cantautrice e 'organizzatrice' dei suoi lavori ma, nonostante ciò, e devo essere sincero, negli ultimi anni avevo smesso di seguirla (nonostante il 'Times' l'abbia definita qualche tempo fa America's best singer) per via di una ripetitività nei dischi che m'aveva infastidito, al di là di una coerenza musicale e di scelta di repertorio inattaccabile.
Bastavano poche note per riconoscere uno stile: se da una parte ciò poteva essere segno di unicità e originalità, dall'altra, quel noioso e sempre uguale incedere di melodie e voce metteva a dura prova anche l'ascoltatore più paziente.
Da due dischi a questa parte le cose sembrano cambiate (ma non aspettatevi rivoluzioni): Another country è davvero una delle cose migliori dell'artista da parecchi anni a questa parte.
L'inizio è folgorante, una ballata acustica ('Red guitar') che ti coinvolge e ti strugge, ma anche la successiva 'No more blues' con le sue cadenze morbide e bluesy ha parecchie frecce al suo arco. La terza traccia davvero non te l'aspetteresti: è 'O sole mio', si proprio quella, che la Wilson affronta con un piglio inusuale e con una pronuncia napoletana che, considerando le sue origini, non è mica da buttare (e non basta: della canzone ci sono addirittura due versioni. Quella che chiude il disco è addirittura in chiave funky!)
Sì perché in Another country c'è molta Italia. Innanzi tutto il disco è stato registrato a Firenze e poi ad accompagnare l'artista c'è il chitarrista jazz Fabrizio Sotti che in qualche modo firma il lavoro col suo straordinario e mai invadente imprinting musicale.
Poi c'è dell'altro davvero: c'è lo strumentale 'Deep blue', ci sono le due bossa 'Almost twelve' e il pezzo che da il titolo all'opera 'Another country',c'è il flamenco di 'Passion' (come poteva essere diversamente?) e c'è la nenia africana di 'Olomuroro'.
Insomma un disco per palati raffinati, ma per nulla patinato, dove la potente voce da contralto della Wilson è prima di tutto indice di classe cristallina (mi chiedo a 'sto punto, visto che s'è cimentata con 'O sole mio', cosa sarebbe con il repertorio immortale della canzone napoletana... tanto per sognare) e poi una sorta di marchio di fabbrica.
Da qui ripartiamo per star di nuovo dietro ad una cantante unica.
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E-one Music / Membran - 2012
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