RECENSIONI
Luca Vanzella Luca Genovese
Luigi Tenco. Una voce fuoricampo
Becco Giallo, Pag. 149 Euro 15,00
Se si vuole raccontar Tenco, si deve necessariamente parlare del suo omicidio. Credo siano ormai rimasti in pochi a credere alla storiella del suicidio, nonostante una nuova perizia sul cadavere del 2006 (dopo quarant'anni ritrovato quasi intatto, se fosse successo ad un sacerdote o a qualche squinzia in odor di santità ora avremmo un altro miracolo inspiegabile) abbia decretato la piena attendibilità dell'atto autolesionista.
Luca Vanzella e Luca Genovese, gli autori del libro illustrato, hanno fatto un buon lavoro: anche maneggiando materia incandescente, si sono tenuti lontani da qualsivoglia coup de théâtre, ed hanno con molta semplicità e con tratto di matita semplice, ma efficace, ripercorso le tappe fondamentali del grande cantautore, inserendo anche flashback suggestivi (qualcuno di noi sapeva degli anni d'infanzia difficili di Tenco?).
E' ovvio che tutto il progetto ruota attorno al drammatico episodio avvenuto il 26 gennaio del 1967 (la versione ufficiale è che Tenco si spara alla tempia perché la sua canzone, 'Ciao amore ciao', è esclusa dalla finale del festival di Sanremo) e di conseguenza alla costruzione di un vero e proprio evento 'mitologico'.
Ma nel lavoro a quattro mani dei due disegnatori/sceneggiatori s'avverte altro: la necessità di ridefinire il personaggio – e quindi anche la sua grandezza – attraverso una rilettura delle sue peculiarità più salienti: un carattere chiuso e anche a volte scontroso, un amore assoluto per la musica, soprattutto per il jazz, l'invincibile coerenza intellettuale e l'attaccamento alla vita.
Deus ex machina della vicenda naturalmente Dalida: la cantante italo-francese (amata smisuratamente anche dal pubblico arabo) che ebbe una relazione controversa col cantautore e che per uno strano scherzo del destino (siamo sicuri?) fu la prima a rinvenire il suo cadavere nella famosa stanza n.219 dell'hotel Savoy a Sanremo.
C'è un micidiale aforisma, riportato dagli autori in prima pagina, che in qualche modo la dice già lunga sul personaggio: sono fuori di me, e sono in pensiero perché non mi vedo rientrare.
S'avverte in questo anche una gioiosa attitudine alla boutade, che sembra fare a cazzotti con l'aura 'triste' e bohemien del cantante (destino dei migliori cantautori di allora: ricordo ancora l'incazzatura di Endrigo dopo che un'imitazione di Alighiero Noschese lo aveva ritratto ad accompagnare con le sue canzoni immortali, e sottolineo immortali, un funerale!). Una gioiosa attitudine che stride ancor di più con la storia del suicidio. Con tutto il rispetto per la 'verità' del contenuto del biglietto (falso) d'addio ritrovato accanto al cadavere, pensiamo che mai Tenco avrebbe potuto cercare la morte per una sua canzone andata 'male'. Troppo intelligente anche per poterlo pensare.
Le edizioni Becco Giallo si confermano, con questo lavoro, un appuntamento irrinunciabile con la serietà d'informazione oltre che per la qualità delle illustrazioni.
di Alfredo Ronci
Luca Vanzella e Luca Genovese, gli autori del libro illustrato, hanno fatto un buon lavoro: anche maneggiando materia incandescente, si sono tenuti lontani da qualsivoglia coup de théâtre, ed hanno con molta semplicità e con tratto di matita semplice, ma efficace, ripercorso le tappe fondamentali del grande cantautore, inserendo anche flashback suggestivi (qualcuno di noi sapeva degli anni d'infanzia difficili di Tenco?).
E' ovvio che tutto il progetto ruota attorno al drammatico episodio avvenuto il 26 gennaio del 1967 (la versione ufficiale è che Tenco si spara alla tempia perché la sua canzone, 'Ciao amore ciao', è esclusa dalla finale del festival di Sanremo) e di conseguenza alla costruzione di un vero e proprio evento 'mitologico'.
Ma nel lavoro a quattro mani dei due disegnatori/sceneggiatori s'avverte altro: la necessità di ridefinire il personaggio – e quindi anche la sua grandezza – attraverso una rilettura delle sue peculiarità più salienti: un carattere chiuso e anche a volte scontroso, un amore assoluto per la musica, soprattutto per il jazz, l'invincibile coerenza intellettuale e l'attaccamento alla vita.
Deus ex machina della vicenda naturalmente Dalida: la cantante italo-francese (amata smisuratamente anche dal pubblico arabo) che ebbe una relazione controversa col cantautore e che per uno strano scherzo del destino (siamo sicuri?) fu la prima a rinvenire il suo cadavere nella famosa stanza n.219 dell'hotel Savoy a Sanremo.
C'è un micidiale aforisma, riportato dagli autori in prima pagina, che in qualche modo la dice già lunga sul personaggio: sono fuori di me, e sono in pensiero perché non mi vedo rientrare.
S'avverte in questo anche una gioiosa attitudine alla boutade, che sembra fare a cazzotti con l'aura 'triste' e bohemien del cantante (destino dei migliori cantautori di allora: ricordo ancora l'incazzatura di Endrigo dopo che un'imitazione di Alighiero Noschese lo aveva ritratto ad accompagnare con le sue canzoni immortali, e sottolineo immortali, un funerale!). Una gioiosa attitudine che stride ancor di più con la storia del suicidio. Con tutto il rispetto per la 'verità' del contenuto del biglietto (falso) d'addio ritrovato accanto al cadavere, pensiamo che mai Tenco avrebbe potuto cercare la morte per una sua canzone andata 'male'. Troppo intelligente anche per poterlo pensare.
Le edizioni Becco Giallo si confermano, con questo lavoro, un appuntamento irrinunciabile con la serietà d'informazione oltre che per la qualità delle illustrazioni.
di Alfredo Ronci
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