Chi siamo
Ebbene sì, lo dico con e senza presunzione: Il Paradiso degli Orchi è una mia creatura. L’ho inventata nel 1992 in pieno orgasmo pennacchiano (e si sa, quando si ama molto un autore, alla fine lo si odia) quando una precedente esperienza era naufragata sugli scogli dell’inazione (avete un progetto culturale in mente? Vi prudono le mani? Volete diventare il nuovo Einaudi, Berlusconi permettendo, comprensivo della corte di leccaculi sfaccendati? Bene, evitate di portarvi dietro matematici, chimici, fisici - si sa le letture e i numeri a volte fanno a cazzotti -, laureati in giurisprudenza, in economia e commercio, suffragette post-flowerpower - oh che lessico arcaico! -, bancari con moglie e figli, impiegati d’azzardo e divorziati-separati).
L’ho inventata perché m’infastidiva l’accademismo di settore che trasformava (e tutt’ora trasforma) la letteratura in un vorticoso gioco di rimpalli tennistici o le paginette culturali dei quotidiani di regime sciupati, in quei tempi, dalle polemiche post-prandiali degli abboccamenti multipli di un Pasolini-benzinaro, di un Silone pre-KGB, ed oggi dalle censure forcaiole su storici negazionisti o dalle velleità qualitative delle Melissepi (tutto attaccato) o dai metraggi sopra il cielo.
Ed il furore nichilista (sic!) delle mie convinzioni doveva pur partorire qualche nome. E lo partorì: Pier Vittorio Tondelli per esempio (ancor di più ora perché eletto a simbolo letterario degli anni ’80), scrittore modesto, per niente imprescindibile, che ha catturato l’immaginario adolescenziale con storie e suggerimenti presi dal discount culturale del quartiere accanto. Il nano Baricco, che scopro per caso a lamentarsi che gli altri non lo recensiscono (e ti credo!) o il “nume tutelare” di certa satira di sinistra, cavallo di battaglia delle battaglie perse, Stefano Benni, esempio lungimirante di inconsistenza da andropausa (che qualcuno spesso mi chiede cosa significhi).
Ancora: la letteratura diaristica-ipersensibile del volgo foeminile, fradicia di luoghi comuni e di false filosofie (la canzonetta mi venga in aiuto, sposata com’è coi romanzi più deteriori… eri il figlio del padrone, facevi tentazione, e venni insieme a te… La filanda cantata da Milva, non inno ideologico della maturità femministica, ma stupida evanescenza della castrazione sessuale. Di nuovo nomi? Certo: come sparare sulla croce rossa: Susanna Tamaro, Elisabetta Rasy, Nadia Fusini, Margaret Mazzantini, Melissapi(tutto attaccato), Isabella Santacroce.
Basta coi nomi: ora le verità. Che fondamentalmente sono poche e concise. Abbiamo smesso di pubblicare Il Paradiso degli Orchi versione cartacea perché non avevamo più soldi. Mettiamo la rivista in rete perché costa meno e sicuramente sarà letta di più.
A questo punto la responsabilità del progetto è dei lettori (speriamo tanti) e degli scrittori (quelli fuori dalla lista!). Per quel che mi riguarda non ne ho: non sono io che faccio Il Paradiso degli Orchi. Se gli uni sono incapaci di pretendere una lettura lucida e consapevole e gli altri di evitare di arruolarsi nell’esercito della derivazione nazionale-popolare non è colpa mia.
Io sono come il poeta Meleagro (Meleagro di Gadara – I sec.A.C.) Quando vedo Terone, tutto vedo; se tutto vedo, e non lui, nulla vedo.
Mi pare chiaro.
Alfredo Ronci
Redazione
Alfredo Ronci - direttore editoriale
Collaboratori:
Adelina Seymour
Eleonora del Poggio
Marco Minicangeli
Massimo Grisafi
Francesco Piano
L’ho inventata perché m’infastidiva l’accademismo di settore che trasformava (e tutt’ora trasforma) la letteratura in un vorticoso gioco di rimpalli tennistici o le paginette culturali dei quotidiani di regime sciupati, in quei tempi, dalle polemiche post-prandiali degli abboccamenti multipli di un Pasolini-benzinaro, di un Silone pre-KGB, ed oggi dalle censure forcaiole su storici negazionisti o dalle velleità qualitative delle Melissepi (tutto attaccato) o dai metraggi sopra il cielo.
Ed il furore nichilista (sic!) delle mie convinzioni doveva pur partorire qualche nome. E lo partorì: Pier Vittorio Tondelli per esempio (ancor di più ora perché eletto a simbolo letterario degli anni ’80), scrittore modesto, per niente imprescindibile, che ha catturato l’immaginario adolescenziale con storie e suggerimenti presi dal discount culturale del quartiere accanto. Il nano Baricco, che scopro per caso a lamentarsi che gli altri non lo recensiscono (e ti credo!) o il “nume tutelare” di certa satira di sinistra, cavallo di battaglia delle battaglie perse, Stefano Benni, esempio lungimirante di inconsistenza da andropausa (che qualcuno spesso mi chiede cosa significhi).
Ancora: la letteratura diaristica-ipersensibile del volgo foeminile, fradicia di luoghi comuni e di false filosofie (la canzonetta mi venga in aiuto, sposata com’è coi romanzi più deteriori… eri il figlio del padrone, facevi tentazione, e venni insieme a te… La filanda cantata da Milva, non inno ideologico della maturità femministica, ma stupida evanescenza della castrazione sessuale. Di nuovo nomi? Certo: come sparare sulla croce rossa: Susanna Tamaro, Elisabetta Rasy, Nadia Fusini, Margaret Mazzantini, Melissapi(tutto attaccato), Isabella Santacroce.
Basta coi nomi: ora le verità. Che fondamentalmente sono poche e concise. Abbiamo smesso di pubblicare Il Paradiso degli Orchi versione cartacea perché non avevamo più soldi. Mettiamo la rivista in rete perché costa meno e sicuramente sarà letta di più.
A questo punto la responsabilità del progetto è dei lettori (speriamo tanti) e degli scrittori (quelli fuori dalla lista!). Per quel che mi riguarda non ne ho: non sono io che faccio Il Paradiso degli Orchi. Se gli uni sono incapaci di pretendere una lettura lucida e consapevole e gli altri di evitare di arruolarsi nell’esercito della derivazione nazionale-popolare non è colpa mia.
Io sono come il poeta Meleagro (Meleagro di Gadara – I sec.A.C.) Quando vedo Terone, tutto vedo; se tutto vedo, e non lui, nulla vedo.
Mi pare chiaro.
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