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CLASSICI

Alfredo Ronci

Un omosessuale sotto traccia: “Il gesuita perfetto” di Furio Monicelli

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E’ vero, la letteratura omosessuale (non la intendo così, ma tanto per capirci e non andare troppo sul sottile) non ha avuto grande rilievo nel panorama editoriale nostrano, anche se il successo, spesso inaspettato, di libri e autori forse avrebbe dovuto convincere le case editrici a contare di più su un tema quasi sempre scabroso.
Il gesuita perfetto di Furio Monicelli (fratello del più conosciuto Mario) non scappa a questa sintesi: grande successo editoriale, grande rispetto critico per l’autore, ma nulla che potesse in qualche modo rappresentare una via d’uscita ad un problema vasto e problematico.
Spesso e volentieri l’azzardo del testo era risolto in un gioco di parole affascinante, ma privo di qualsiasi riferimento sociale e politico. Si legge nella presentazione del libro: E’ la prima opera di un giovane scrittore: eccezionale perché affronta una materia troppo spesso aggredita da banale ironia o esaltata da presunzione settaria: e dove la cronaca di una esperienza crudele è trasfigurata dalla passione in una breve, infelice e stupenda stagione amorosa.
Dunque sì ad una esperienza crudele… trasfigurata dalla passione e no ad una vera e propria passione gay che trovava anche scempio nelle riduzioni editoriali. Certo, il libro uscì nel 1961, e conti alla mano, tranne qualcosa di Testori, tranne qualche cosa di Arbasino e forse, ancor più convincente, Comisso, Pasolini e Saba, nulla aveva determinato uno scossone. Figuriamoci poi se a spezzare questo filo reazionario fosse intervenuta una storia che segnava Chiesa e sesso.
Non so se sia stata la mancata reazione a questi stimoli educativi, fatto sta che Monicelli, pubblicato un secondo libro, anche questo di successo (I giardini segreti) sparì dal panorama letterario. Fu ricontattato solo nel 1999, da Repubblica, per una intervista, dove lui raccontava i suoi accadimenti, non tralasciando rapporti umani e non (con un tenore ed un calciatore, tutte e due famosi).
Ma vediamo, in particolare, l’essenza e la struttura de Il gesuita perfetto. Dice Monicelli ad un certo punto del romanzo: Il gesuita perfetto, secondo sant’Ignazio, avrebbe dovuto sempre avere delle “antenne”, possedere un senso raffinato del demoniaco e del divino, non soltanto nelle contraddizioni della vita interiore ma negli avvenimenti stessi della storia umana, avere una competenza profonda per tutto ciò che concerneva Gerusalemme e Babilonia.
I due anni di noviziato di Furio Monicelli presso la Compagnia di Gesù possono essere ridotti a ciò che può rappresentare il perfetto gesuita. Con tutte le difficoltà e le asperità del caso (uno di loro, fratel Zanna, abbandonerà poi la Compagnia). E in tutto questo la passione gay?
Anche qui dobbiamo tornare agli anni sessanta. La passione gay, per quello che poi diventerà un gesuita, si esplica in piccole fasi del vissuto. Diciamocelo: più che azioni, l’atto e il pensiero si riducono in espressioni verbali. Tipo: Poi c’era la lotta con gli altri, con coloro che Andrea credeva di amare, con fratel Lodovici, ad esempio. Sapeva che non ci doveva essere nulla di carnale in questo affetto, ma quando, in un’amicizia, non c’era nulla di sensibile, egli aveva l’impressione di rimanere nel vuoto e nell’astratto. Gli pareva terribile, al di sopra delle sue forze, alimentare un amore spirituale senz’ombra di sensibilità.
Sono continue riflessioni tra sacro e profano, tra elementi profondamente religiosi e sentimenti che a mala pena riescono a nascondere l’atto privato di quella che potrebbe essere una indecenza: in tutto questo non c’è azione, non c’è un disvelamento fisico. C’è (anche se il lettore di oggi potrebbe essere deviato) una passione consumata mentalmente.
Il Gesuita perfetto fu ristampato, con un titolo che non riusciremo mai a giustificarlo, nel 1999 chiamandosi Lacrime impure (dove e quali lacrime sono versate nella vicenda del libro?). Non solo. Anche il successivo I giardini segreti è stato ripubblicato, nel 2001, col titolo anche questo diverso L’amore guasta il mondo.
Non sappiamo il perché di questi cambi e soprattutto perché ritentare la carta con un nome come quello di Furio Monicelli. Forse perché è stato un autore fuori dalle mode e da certi contesti culturali? Difficile affermarlo. Una cosa bisogna dirla, soprattutto per Il gesuita perfetto: sono certamente stati i tempi a riproporre un nome come quello indicato, ma nello scegliere certi titoli e certe situazioni, è stata semplicemente la buona scrittura, crediamolo, a decidere sul da farsi.



L’edizione da noi considerata è:

Fulvio Monicelli
Il gesuita perfetto
Longanesi



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