Cinema e Musica
La vecchiaia fa brutti scherzi: 'New Blood' di Peter Gabriel.
Del precedente Scratch my back avevamo scritto: ... è giusto o no che il pop-rock tenti la strada delle sovrastrutture (o sotto strutture dal momento che il disco in questione è a volte sottotono)? Perché Scratch my back ci ricorda certe tentazioni stinghiane, e si sa che quando l'ex Police parte per la tangente con le sue pulsioni intellettualoidi non lo ferma nessuno, o la stanca operazione di qualche anno fa di Joni Mitchell che ripropose i suoi classici con la pompa magna della magniloquenza orchestrale (Travelogue... a 'sto punto, molto meglio i Fleurs di Battiato che almeno avevano il pregio di non spostare di molto il discorso musicale dell'autore).
Il 'Velociraptor' dei Kasabian è un bellissimo dinosauro del pop rock britannico, uno dei pochi ultimamente.
Non so se è il lavoro più bello dei Kasabian. Certo il penultimo West Ryder Pauper Lunatic Asylum era un album notevole. L'attuale, uscito ad ottobre, è il quarto. Obiettivamente bello e in certi tratti notevole. Il tempo lo dirà meglio. Forse eguaglia il precedente senza mai riuscire a superarlo. C'è da dire che i pareri sono discordi (Onda Rock ovviamente l'ha quasi demolito con il suo snobissimo cipiglio critico letterario). Per quanto mi riguarda è un album a tratti sorprendente.
I duetti che fanno tanto male alla musica. Tony Bennett è recidivo: Duets II.
Le note informative dicono che il disco è stato realizzato in occasione degli 85 anni del grande vecchio. Fin qui bene, vuol dire che ha ancora l'ugola intatta (e ce l'ha!). Il discorso è un altro: un'operazione del genere la fece pure Sinatra poco prima di morire e non vorrei che la coincidenza portasse jella a Tony Bennett.
Si scherza, ma queste son americanate belle e buone e l'unica cosa da fare è cercare, nel marasma divistico ed opportunistico, di scovare quel poco che si può gustare. Proviamoci.
Nulla si crea nulla si distrugge: 'What Matters Most '- Barbra Streisand Sings The Lyrics of Alan And Marilyn Bergman (Deluxe Edition).
Ci si può anche scherzare sopra (e gli americani lo hanno già fatto: chi ricorda la memorabile battuta – quel 'ma vaffanculo Barbra Streisand' – che illuminava un film divertente, ma tendenzialmente reazionario, come In & Out?), ma un disco della 'divina' non può essere liquidato come un'operazione del tempo che fu.
Ad essere sinceri i fans e le persone più accorte aspettavano questo disco da parecchio tempo: il flirt tra la Streisand e i coniugi Bergman dura ormai da almeno quarant'anni e la versione deluxe dell'oggetto ne è una profonda testimonianza.
Il Rock europeo che non ha nulla da invidiare al dominio anglo-sassone: I Deus e il loro capolavoro 'Keep You Close'.
Sono arrivati all'ottavo album. Chi l'avrebbe detto. O forse sì, almeno io l'avrei detto. Il gruppo di Anversa, Belgio, tornano dopo tre anni da Vantage Point, con un altro bellissimo, a tratti strepitoso lavoro. Si chiama Keep you close e contiene "solo" 9 tracce. Una più bella dell'altra a dire il vero. Troppo poche. Innanzitutto la title track, il singolo, 'Keep you close', oserei definirlo il singolo dell'anno senza alcun dubbio. Un pezzo che rimarrà nella storia del pop-rock al pari delle tante ballate dei Coldplay.
L'altro mondo: 'Celestial Circle' di Marilyn Mazur.
Per carità, non voglio aizzare la cagnara e riproporre l'annosa questione della cultura alta e del suo opposto, ma nella musica di Marilyn Mazur s'avverte una tensione diversa rispetto alle sonorità a cui siamo abituati (qualcuno obietterà: ma non sai che la ECM propone da secoli certe scelte?).
Lei, nonostante sia ancora intorno ai cinquanta, di strada ne ha fatta e soprattutto di gente ne ha incontrata: da Miles a Evans a Shorter e non tacciamo la collaborazione, nel disco precedente, col sax di Jan Garbarek.
Venti anni senza Serge Gainsbourg.
Un giorno come tanti e la voglia di iniziare le fatiche del quotidiano con note adeguate: vi è nella scelta della musica un affanno a volte imprevedibile, uno sforzo aggiuntivo. Stavolta la mano è andata sicura: un cd di un po' di anni fa di Jane Birkin, Arabesque, dove la chanteuse francese, con la sua voce fragile, ma liquida, fregandosene delle banlieuses che allora andavano a fuoco, innesta un meccanismo fascinoso di intruglio
Gli Horrors sfornano l'album più bello e la loro raffinazione musicale li porta lontani dalle emulazioni degli esordi.
Come spesso mi capita, vado in controtendenza. Gli Horrors degli inizi non si potevano quasi sentire. L'ennesima inutile scopiazzatura del revivalismo Joy Division. Primary Colors, il precedente album, portava in sé i germi di un minimo cambiamento, ma anche lì, assistevamo a questa ennesima parata di emuli a tratti imbarazzanti ("Who Can Say" era a dir poco fastidiosa per il livello di scimmiottamento degli echi di Ian Curtis & Co che portava con sé).
La topona sa cantare ma manca di coraggio: '4' di Beyoncé
Ne ha fatta di strada la bonazza: se si parla di culo (non fortuna) ha poche avversarie, se si parla di talento canoro qualcuna le è sopra (l'Oscar Jennifer Hudson è di un'altra categoria, l'anima le esce pure dagli occhi quando stende le note), ma è pur sempre un bel sentire.
L'impasto sonoro delle Destiny's child non la valorizzava, ora che s'impegna singolarmente le cose vanno decisamente meglio. Anche lei ha un'anima soul, sarebbe ingiusto e scorretto negargliela, ma purtroppo il business discografico e scelte non sempre oculate la costringono ad un repertorio non sempre azzeccato.
Ancora un trionfo dall'Islanda, il sontuoso voodoo-rock dei Dead Skeletons.
Che la morte, in tutto il suo orrore esistenziale, sia un momento magico, credo non ci siano dubbi. Che il rock l'abbia celebrata da sempre alimentando tante polemiche inutili, mi pare altrettanto scontato. Quando però spunta fuori un gruppo come i Dead Skeletons, dall'Islanda, e tira fuori un capolavoro genuino e spiazzante come questo Dead Magick, bè, c'è da leccarsi i baffi. E da danzare insieme al loro sound ipnotico. Un mantra.
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