Cinema e Musica

Gallina vecchia e operosa fa buon brodo: 'Beyond the Sun' di Chris Isaak.
Certo dare del vecchio a quello che per almeno due decenni è stato un sex symbol testimonia quanto ormai siamo 'anziani' pure noi. Ma Chris Isaak crediamo non s'offenderà di questo, perché in realtà l'appunto serve a qualificarlo vieppiù, dato che sull'operosità nulla si ha da eccepire: pensiamo che dopo un lungo intervallo di sette anni, in poco meno di due ha partorito un disco di inediti (bello) Mr Lucky, un album dal vivo (rigorosamente da noi presentato) Live at the Fillmore ed ora questo doppio cd di canzoni anni cinquanta Beyond the Sun.

Verboso, ma affascinante come pochi: 'Gentle spirit' di Jonathan Wilson.
Verboso perché ha realizzato un album di quasi ottanta minuti con tredici canzoni (una volta con materiali del genere si faceva un doppio se non addirittura un triplo) e poi perché quando gli piglia la mano difficilmente la lascia andare, ma affascinante come pochi e probabilmente, per il sottoscritto, il musicista americano ha realizzato il disco più bello dell'anno.
Ma Jonathan Wilson avrebbe bisogno di uno psicanalista: perché fare i conti così spudoratamente con la musica degli anni settanta nasconde qualche problematico transfer.

Non ci sono quasi più i vecchi Jane's Addiction, ma il nuovo lavoro non è da buttare.
I critici musicali sono noiosi come un disco vecchio, uno di quei bei vinili che s'inceppava e rimaneva per minuti, ore se non lo toglievi da sotto una puntina graffiante, sulla stessa nota. Uscito il nuovo, finalmente, quarto album in studio della band di Perry Farrel, The Great Escape Artist, tutti si aspettavano Nothing's Shocking o Ritual de lo habitual (bestemmia!). Ma non era possibile. Lo sapevamo tutti. Quelli sono capolavori immortali che rimarranno negli annali del rock al pari dei grandi dischi della storia.

Volemose bbene. Festival della canzone romana.
Siamo entrati preparati a due ore di supplizio parrocchiale, e ne siamo usciti soddisfatti perché invece abbiamo visto uno spettacolo forse anche bello, professionale di sicuro.
Siamo snob? Magari no, però se c'è una cosa che detestiamo è quella pappa di volemose bbene, di Roma mia, di cuppolone, Tevere, e ciumachelle, di Belli e di Trilussa che sempre accompagna qualsiasi manifestazione dialettale romanesca, poesia, musica, teatro (intendiamoci, la Madunina, la gondoleta, 'o Vesuvio ci fanno lo stesso effetto ammorbante).

'The dark side of the moon': il giocattolone dei bambini psichedelici.
Probabilmente mi attirerò le ire dei nostalgici e dei bamboccioni, ma il superdisco degli amati Pink Floyd mi è sempre stato un po' sulle palle. Ora che l'hanno nuovamente ristampato utilizzando le sempre più sofisticate tecniche di riproduzione (il nuovo vinile ha ormai una grammatura che resisterebbe anche ad un pestaggio) necessita di un chiarimento.
La storia musicale ce lo ha raccontato in tutte le salse: l'abbandono di Barrett, le sperimentazioni dei 'rimasti' durante le esibizioni live,

Altro centro: 'Decadancing' di Ivano Fossati.
L'unico appunto al disco è il titolo. Avrebbe dovuto risparmiarcelo (chissà se Ivano è a conoscenza del singolo 'La decadanse' di Serge Gainsbourg cantato dalla 'musa' Jane Birkin: crediamo di sì, perché ce ne da una mezza conferma per come pronuncia la parola nel pezzo d'apertura. Ma lì si parlava di scambi di coppie, qui di speranze vane e di tempi duri, come avrebbe detto Dylan).
Il resto è pura beatitudine.
Ma il disco si nutre di un paradosso di fondo: stando a quanto dice lo stesso musicista, l'opera, contrariamente al solito, è nata e si è sviluppata in poco tempo,

Sonnellino a Santa Cecilia
Ultimo concerto dell'EMU Fest 2011 a Santa Cecilia, il 16 ottobre, ore 17,30. Una rassegna internazionale di Elettroacustica di avanguardia, che qua e la ci ha dato l'impressione di essere piuttosto retrò.
Programma di sala ben fatto, con l'utile accorgimento di riportare accanto al titolo del pezzo la durata in minuti e secondi (questo aiuta a capire quando applaudire, perché altrimenti non si sa che fare, e abbiamo l'impressione che gli esecutori qualche volta si divertano a farci dispetto rimanendo immoti quando invece dovrebbero lanciare il segnale). Sei composizioni in tutto. Andiamo per ordine.

La vecchiaia fa brutti scherzi: 'New Blood' di Peter Gabriel.
Del precedente Scratch my back avevamo scritto: ... è giusto o no che il pop-rock tenti la strada delle sovrastrutture (o sotto strutture dal momento che il disco in questione è a volte sottotono)? Perché Scratch my back ci ricorda certe tentazioni stinghiane, e si sa che quando l'ex Police parte per la tangente con le sue pulsioni intellettualoidi non lo ferma nessuno, o la stanca operazione di qualche anno fa di Joni Mitchell che ripropose i suoi classici con la pompa magna della magniloquenza orchestrale (Travelogue... a 'sto punto, molto meglio i Fleurs di Battiato che almeno avevano il pregio di non spostare di molto il discorso musicale dell'autore).

Il 'Velociraptor' dei Kasabian è un bellissimo dinosauro del pop rock britannico, uno dei pochi ultimamente.
Non so se è il lavoro più bello dei Kasabian. Certo il penultimo West Ryder Pauper Lunatic Asylum era un album notevole. L'attuale, uscito ad ottobre, è il quarto. Obiettivamente bello e in certi tratti notevole. Il tempo lo dirà meglio. Forse eguaglia il precedente senza mai riuscire a superarlo. C'è da dire che i pareri sono discordi (Onda Rock ovviamente l'ha quasi demolito con il suo snobissimo cipiglio critico letterario). Per quanto mi riguarda è un album a tratti sorprendente.

I duetti che fanno tanto male alla musica. Tony Bennett è recidivo: Duets II.
Le note informative dicono che il disco è stato realizzato in occasione degli 85 anni del grande vecchio. Fin qui bene, vuol dire che ha ancora l'ugola intatta (e ce l'ha!). Il discorso è un altro: un'operazione del genere la fece pure Sinatra poco prima di morire e non vorrei che la coincidenza portasse jella a Tony Bennett.
Si scherza, ma queste son americanate belle e buone e l'unica cosa da fare è cercare, nel marasma divistico ed opportunistico, di scovare quel poco che si può gustare. Proviamoci.
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