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Il Paradiso degli Orchi
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I Classici

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Alfredo Ronci

Una farsa all’ombra della Scapigliatura: “Alpinisti ciabattoni” di Achille Giovanni Cagna.

Fu merito di Giovanni Faldella (di cui è recente un testo presente proprio in questa rubrica, e cioè Donna Folgore) se c’è permesso di mettere l’occhio nelle opere e soprattutto in questo libro fortunato, appunto Alpinisti ciabattoni.

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Un proto-socialista quasi per sbaglio: “Gli Ammonitori” di Giovanni Cena.

E’ un romanzo questo che raccoglie in sé elementi di fine secolo (secolo ottocento, ovviamente) e fruizioni del secolo che era appena iniziato. Ricordiamo che Gli Ammonitori esce a puntate sulla “Nuova Antologia” tra il primo luglio e il quindici agosto 1903.

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Romanzo psicologico e “di parte”: “Tre croci” di Federigo Tozzi.

Nessuno ha mai detto, e forse sono l’unico ma con addosso mille dubbi e mille incertezze, che la visione negativa della vita, dell’esistenza dei personaggi dei suoi romanzi e dei suoi racconti, deriva quasi sicuramente anche dalle inquietudini e dagli accadimenti che Tozzi subì nella sua breve vita.

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La Storia con un piglio diverso: “Golia. Marcia del fascismo” di Giuseppe Antonio Borgese.

Il libro inizia con una bella introduzione di Massimo L. Salvatori e con una domanda a cui si cerca di rispondere ma, forse, non nel modo adeguato. Perché il libro di Borgese non ebbe il meritato e giusto successo diversamente da quello che ebbero, per esempio, le opere di Gaetano Salvemini, o di Angelo Tacca?

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La malinconia comica di Cesare Zavattini. L’esordio letterario: “Parliamo tanto di me”.

Piuttosto complicato rendere quanto mai comprensibile, (anche se i fatti o le storielle come viene indicato nel periodo precedente, sono abbastanza accessibili al pubblico) il lavoro o l’opera completa di Zavattini.

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L’esordio letterario e le prime paure: “:Riflessi” di Aldo Palazzeschi.

Palazzeschi usa un meccanismo che poi, volente o nolente, sarà utilizzato anche dal romanzo giallo classico (ma :Riflessi, in fondo in fondo, non può essere considerato anche un romanzo di ambientazione “gialla”?)

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L’impegno di una donna: “Le quattro ragazze Wieselberger” di Fausta Cialente.

Ormai lo sapete, Fausta Cialente è una delle nostre scrittrici preferite. Una delle poche. Non è tanto, e solo, per il suo modo intelligente di scrivere

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Scomode “confessioni”: “La vigna di uve nere” di Livia De Stefani.

La vigna di uve nere uscì nel 1953, e nonostante alcuni giudizi non proprio positivi, ottenne un buon successo e vinse anche il premio Salento. Vediamo la vicenda.

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Non Manzoni, però… : “Piccolo mondo antico” di Antonio Fogazzaro.

Fogazzaro non fu decisamente uno spirito quieto. Circa a metà degli anni sessanta dell’ottocento, lo scrittore, forse solo per dare una risposta alla sua mania di creare miti, aderisce al cattolicesimo,

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Tutto tranne la scatologia: “Donna Folgore” di Giovanni Faldella.

Non me ne vogliano i lettori, ma il titolo del pezzo è ovviamente dissacrante, ma forse non troppo date le escursioni non proprio moraliste del Faldella più inopinatamente espressivo.

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