I Classici

Un fine autore: “Il corpo della ragassa” di Gianni Brera.
Trentadue anni fa moriva, in un incidente automobilistico, Gianni Brera. Chi, soprattutto quelli che hanno una certa età, può dimenticare quel personaggio così curioso, quasi intrepido, ma intelligente e soprattutto singolare nelle sue dispute sportive e non?

Un perfetto gentiluomo: “I milanesi ammazzano di sabato” di Giorgio Scerbanenco.
Bellissima. Duca sfogliò, una dopo l’altra, come carte da gioco, le fotografie, bellissime anche tecnicamente: un dolcissimo viso di giovane donna, un viso da bellezza svedese,

Delle due: l’una o l’altra? “Pao Pao” di Pier Vittorio Tondelli.
Ancora oggi ci si chiede il perché dell’enorme successo di uno scrittore come Tondelli. E a questa domanda le risposte potrebbero essere molte, ma forse non sbagliamo se a indicare il responso metteremmo in mezzo la situazione della giovinezza italiana.

Cose dell’altro mondo: “I neoplatonici” di Luigi Settembrini.
Se un caso del genere fosse capitato, chessò, in Francia o in Germania, non avrebbe suscitato quel po po’ d’infamia (anche se, diciamolo apertamente, certe tematiche erano ostili non solo da noi, ma in tutto il mondo).

Molto più facile leggerlo che raccontarlo.
“Non lo so, non riesco a capire. Sarò malato, ma io amo questo libro. Lo devo leggere almeno una volta l’anno”. Vi chiedo scusa se, parafrasandola, ho preso in prestito una delle battute più celebri dei film di Nanni Moretti

La “vittoria” del romanzo. “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino.
Sembrerà incredibile ma questo è il primo libro di Calvino che appare nella nostra rubrica dei classici italiani. Qualcuno si chiederà: ma c’è un motivo ben preciso per questa scelta così azzardata?

Un classico che a volte “non lo è”: “Un don Chisciotte in America” di Alberto Lecco.
Alberto Lecco passa per un classico che a volte “non lo è” nel senso che vengono riconosciuti preziosi i suoi lavori, che spesso compare nelle liste dei maggiori scrittori del novecento, ma alla fine il tutto si risolve in un nulla.

E quest’ altro chi è?: “In pienezza di cuore” di Michele Malesaputo.
Avranno detto, quelli del 1990, l’anno di uscita di questo libro, ma questa cosa cos’è? Già, credo l’avrei detto anch’io di fronte soprattutto ad una copertina che, se hanno ragione i pessimisti, il colore porta pure jella.

Non era uno scherzo: “La stagione del basilisco” di Pietro Lazzaro.
La stagione del basilisco fa giustamente parlare di quella schiera di scrittori, e di conseguenza di opere, che ha rappresentato una sorta di chiave di volta nella nostra letteratura ma che però non è riuscita a scavalcare il mercato

E dove lo mettiamo lui?: “Il velocifero” di Luigi Santucci.
Questo libro uscì nel 1963 e riscontrò anche un certo interesse, tanto che solo in Italia riuscì a vendere quasi centomila copie. Già 1963, quando la letteratura italiana “tremò” perché si era affacciata un’orda di contestatori che avrebbe indicato vie nuove al nostro modo di vedersi e soprattutto di vedere il mondo.
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