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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Rosa Matteucci

Cartagloria

Adelphi, Pag. 153 Euro 18.00
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Scorrendo e leggendo, a volte non sempre, le pagine culturali dei giornali, mi accorgo che della signora Matteucci non abbiano afferrato certe sue caratteristiche (mi ergo, all’improvviso, ad esegeta dell’arte della scrittrice di Orvieto): siete sicuri voi (sempre quelli delle pagine culturali dei giornali e delle riviste) che la Matteucci abbia come punto di riferimento letterario grandi nomi come Céline, Beckett e Thomas Bernhard (ah, il vecchio Fruttero quante ne combinava!). Per carità, non mi si- fraintenda: non voglio assolutamente sminuire le capacità introspettive della scrittrice, ci mancherebbe altro, ma la cosa letteraria che più le si avvicina, e credetemi ci ho pensato più volte e alla fine me ne sono convinto, è Fleur Jaeggy.
Qualcuno si chiederà: cosa c’entra un’autrice carica di substrati intellettuali esoterici e mistici come la Matteucci, di fronte ad una scrittrice che prediligeva l’assoluto materialismo della storia (per caso I beati anni del castigo?). Assolutamente nulla: preferisco dirigermi verso un linguaggio attento e a volte sublime (tanto per dire: cos’è quell… omasi e abomasi esposti al sole?), e a una considerazione della vita al di là di semplici costrutti intellettuali.
La Matteucci sembra insistere sulla sua condizione familiare (nel romanzo ci sono considerazioni e agganci ad altri romanzi, pochi in verità) e sul perché l’esistenza l’abbia portata a sperimentare altri percorsi. Percorsi che inizialmente non sembrano in qualche modo preoccuparla: dall’India dei santoni ai Pirenei di Bernadette, dai gruppi di preghiera della Soka Gakkai al “misterioso” frate esorcista che vende messalini con audiorosario incorporato.
Ma forse il tutto è riconducibile a un fatto primordiale: non aver fatto la Prima comunione (nel senso che non si è mai capito perché non gliel’abbiano fatta fare). Dice la Matteucci: Un gruppetto di animalisti inviperiti si opponeva alla deportazione dei canadesi: dal manifestino i derelitti supplicavano: “Aiutateci” con tre punti esclamativi, e poi: “Vogliono deportaci”. La erre mancante alla minaccia della deportazione affievoliva, senza tuttavia azzerarla, la tragica eloquenza dell’appello. Per salvare me non si era costituito nessun comitato, la mia vita bambina, pensai davanti a quel foglio sbrindellato, valeva meno di quella d un brutto roditore del Canada.
E’ proprio così. Non cercate altro.

di Alfredo Ronci


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