RECENSIONI
James Ellroy
Perfidia
Stile libero - Einaudi, Traduzione di Alfredo Colitto, Pag. 886 Euro 22,00
Eccoci di nuovo a parlare di Ellroy.
A dire la verità era da parecchio tempo che non affrontavamo “l’arte” dello scrittore statunitense. Un po’ per pigrizia (è vero, mettiamoci anche questo), un po’ per distrazione e un po’ perché capita anche che ci si possa confondere e scambiare una cosa per un altra.
Perfidia, diciamo così, è stata l’occasione per riagganciarsi a Ellroy e finalmente affermare la “nostra” posizione sulla sua intenzione di “riscrivere” la storia americana, soprattutto quella che parte dalla seconda guerra mondiale e va avanti fino agli anni cinquanta-sessanta.
Che lo scrittore voglia farci capire cosa circolava negli ambienti della polizia californiana è cosa buona e giusta, e dirò di più, Ellroy svolge la materia con gusto e intelligenza.
Che lo scrittore voglia farci capire che nella stessa polizia il meno bastardo in ogni modo aveva la rogna, anche questa è cosa buona e giusta.
Infine, che lo scrittore voglia farci intendere che ogni cosa era fattibile e che anzi, delitti e sfregi erano di ordinaria amministrazione, anche questo non può che farci onore.
Ma tutto questo a cosa porta?
Ellroy racconta con lucida ferocia ventitré giorni tra i più drammatici della storia americana (quelli che partono in pratica dal bombardamento di Pearl Harbor), chiamando in scena personaggi che, proprio perché stiamo parlando di uno scrittore che sa rileggere la storia e l’invenzione con gusto e pienezza, i lettori più attenti hanno già avuto modo di incontrare e fare la conoscenza.
Ma dove Perfidia non riesce a sottrarci all’idea che quello che racconta, per quanto sopraesposto e prolisso, perde colpi e sembra soltanto uno spiritato mondo di eroi senza troppo cervello in zucca? Com’è che tutti sembrano l’uno la fotocopia dell’altro?
In questo non riesce nemmeno uno stile letterario che, per quanto a volte spumeggiante e rapido, il più delle volte si arrabatta dietro situazioni poco credibili.
Ma era davvero così La Dalia nera? Dico La Dalia perché il libro, nella sua perfetta e agghiacciante storia di delitti e segreti era anche una ricostruzione adeguata e sincera di un mondo in rovina.
In Perfidia la rovina c’è, ma c’è anche un’emergenza caratteriale che fa sembrare ognuno il risvolto dell’altro.
Apprezzo in questo romanzo la perfezione della costruzione e soprattutto l’intenzione di far parte di un complesso ben più strutturato (è il primo di una trilogia… il che per i fans di Ellroy è una manna dal cielo, ma anche un risvolto economico di non poco conto), ma non piace l’indirizzo esplorativo dei personaggi.
Era davvero tutta carta straccia? Beh, allora passiamo ad altro.
di Alfredo Ronci
A dire la verità era da parecchio tempo che non affrontavamo “l’arte” dello scrittore statunitense. Un po’ per pigrizia (è vero, mettiamoci anche questo), un po’ per distrazione e un po’ perché capita anche che ci si possa confondere e scambiare una cosa per un altra.
Perfidia, diciamo così, è stata l’occasione per riagganciarsi a Ellroy e finalmente affermare la “nostra” posizione sulla sua intenzione di “riscrivere” la storia americana, soprattutto quella che parte dalla seconda guerra mondiale e va avanti fino agli anni cinquanta-sessanta.
Che lo scrittore voglia farci capire cosa circolava negli ambienti della polizia californiana è cosa buona e giusta, e dirò di più, Ellroy svolge la materia con gusto e intelligenza.
Che lo scrittore voglia farci capire che nella stessa polizia il meno bastardo in ogni modo aveva la rogna, anche questa è cosa buona e giusta.
Infine, che lo scrittore voglia farci intendere che ogni cosa era fattibile e che anzi, delitti e sfregi erano di ordinaria amministrazione, anche questo non può che farci onore.
Ma tutto questo a cosa porta?
Ellroy racconta con lucida ferocia ventitré giorni tra i più drammatici della storia americana (quelli che partono in pratica dal bombardamento di Pearl Harbor), chiamando in scena personaggi che, proprio perché stiamo parlando di uno scrittore che sa rileggere la storia e l’invenzione con gusto e pienezza, i lettori più attenti hanno già avuto modo di incontrare e fare la conoscenza.
Ma dove Perfidia non riesce a sottrarci all’idea che quello che racconta, per quanto sopraesposto e prolisso, perde colpi e sembra soltanto uno spiritato mondo di eroi senza troppo cervello in zucca? Com’è che tutti sembrano l’uno la fotocopia dell’altro?
In questo non riesce nemmeno uno stile letterario che, per quanto a volte spumeggiante e rapido, il più delle volte si arrabatta dietro situazioni poco credibili.
Ma era davvero così La Dalia nera? Dico La Dalia perché il libro, nella sua perfetta e agghiacciante storia di delitti e segreti era anche una ricostruzione adeguata e sincera di un mondo in rovina.
In Perfidia la rovina c’è, ma c’è anche un’emergenza caratteriale che fa sembrare ognuno il risvolto dell’altro.
Apprezzo in questo romanzo la perfezione della costruzione e soprattutto l’intenzione di far parte di un complesso ben più strutturato (è il primo di una trilogia… il che per i fans di Ellroy è una manna dal cielo, ma anche un risvolto economico di non poco conto), ma non piace l’indirizzo esplorativo dei personaggi.
Era davvero tutta carta straccia? Beh, allora passiamo ad altro.
di Alfredo Ronci
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James Ellroy
Il sangue è randagio
Mondadori, Pag. 859 Euro 24.00Stavolta non ce l'ho fatta ad arrivare alla fine del libro. A pagina 588 mi sono fermato. Tanto è uguale. Perché stavolta il più grande scrittore al mondo (lui si definisce così e personalmente sono quasi d'accordo) l'ha un po' fatta fuori dal vaso, per esprimerci in modo colorito. 859 pagine, dico 859, per dirci cose che avrebbe potuto sintetizzare in meno della metà. Per carità, solita, strabiliante capacità di stupire, fraseologia dirompente (grandissimo il traduttore Giuseppe Costigliola), invenzioni lessicali.
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