INTERVISTE
Wendell Ricketts

Vuoi per favore presentarti ai lettori italiani?
Con piacere. Sono uno scrittore, un traduttore e un insegnante. Le mie origini sono miste - eccome! Hawaiiane, portoghesi, scozzesi, indiane e altre - sono un cane bastardo proletario! Sono nato nelle Hawaii, mi spostai a San Francisco nell' 81 e dopo quasi 24 anni da lì mi sono trasferito in Italia nel luglio scorso. Ho fatto il coming out quando ne avevo 17, e quindi nel 2006 festeggio 30 anni di vita queer!
Perché un'antologia sui gay della classe operaia? I gay non sono tutti uguali? Che c'entra un concetto come quello di classe con l'identità gay, il coming out, eccetera?
Premetto che non sono mai stato sicuro cosa voglia dire la parola "uguale." Uguali sì va bene - siamo uguali nel senso più ampio del termine. Noi gay, come tutti gli esseri umani, siamo uguali nel nostro bisogno di casa, di lavoro, di amore, di alimentazione, di sicurezza, nel non essere maltratti, nell'essere produttivi, utili e stimati. Ma se ci guardiamo attorno ci rendiamo conto che questi bisogni non sono soddisfatti, neanche minimamente, nella maggior parte dei casi: c'è chi ha più soldi, più istruzione, un lavoro meno massacrante di un altro, chi ha una casa più comoda, una famiglia che gli dà sostegno, più potere, più accesso alle risorse cosiddette "pubbliche" (alla sanità, per esempio). Anche questo, secondo me, è palese, se si vede il mondo così com'è. Sicché, paradossalmente, siamo uguali e unici, identici e ben diversi, nello stesso momento.?Io non parlo mai dell'identità gay, per lo stesso motivo per cui non parlo mai dell'identità etero, non credo esista. Ma il concetto di classe sociale c'entra nella vita di chiunque anche quando diciamo "gay" o "lesbica" o "queer" o "lella" o "checca" perché la questione di classe sociale è onnipresente nella vita contemporanea. E tutto questo, nel bene e nel male, voi italiani lo condividete con noi americani: una realtà in cui la prosperità, le risorse e il potere economico sono concentrati nelle mani di pochi. E il dislivello tra chi è "soggetto" e chi "comanda" è sempre in crescita. Ovviamente ci tocca tutti nella stessa identica maniera, a prescindere dal nostro orientamento sessuale.
Se è vero quello che tu dici, allora i media, e la letteratura gay, falsificano la realtà omosessuale. O no?
Ecco, se parliamo di una "realtà omosessuale," sbagliamo in partenza. Non ce n'è una. Ce ne sono milioni, e i mass media falsificano il concetto. Non danno mai un quadro completo, e i dettagli per loro sono semplicemente fastidiosi. Da noi in America, c'è la favola dei "Dieci ciechi e l'elefante" - ogni cieco riesce a palpare soltanto una piccola parte dell'enorme elefante, e riferisce il suo "vedere": l'elefante assomiglia molto ad una parete, l'elefante è come una fune, l'elefante è come il tronco di un albero, e così via. Il problema è questo: sia la narrativa gay, sia le riviste populari come Out e The Advocate sia le trasmissioni televisive cercano di diffondere un'immagine del gay medio depilato e palestrato, "colto" e "istruito," benestante con soldi da bruciare, consumatore feroce, viaggiatore instancabile, Ikeadipendente, un po' superficiale ma assolutamente alla moda, eternamente spensierato e tanto tanto divertente. Che esistano questi "esemplari" è fuor di dubbio ed è una fortuna, visto che il mondo è vario. Ma la genesi di Everything I Have Is Blue è stata una domanda semplice e molto personale: perché non mi rispecchio in queste immagini così diffuse, e nemmeno ci si rispecchia la maggior parte delle persone gay e lesbiche che conosco? Dove siamo? Se queste immagini "rappresentano," perché non rappresentano me? Se a me non interessano la moda e le stars, la roba firmata e le apparenze e i beni di consumo, riesco a restare queer o devo rinunciare? La mia lettura e i miei studi e le mie esperienze mi hanno convinto di una cosa: i mass media sono al servizio del capitalismo. È chiaro, di conseguenza, che sorvolino su tutto ciò che è non è utile al progetto capitalista: tra l'altro sui gay della classe operaia.
Nelle storie che hai raccolto, essere omosessuali è una questione più complessa di ciò che normalmente si crede - e si legge. Spesso si dice che la letteratura omo è letteratura di genere: ma se tratta di esseri umani in modo complesso e culturalmente raffinato, non si distingue dalla letteratura "vera". Qual'è la tua opinione su questo punto?
Non so mai rispondere a questa domanda perché mi pare che tutte e due le cose siano vere. È letteratura di genere con un pubblico "di nicchia," se vuoi, e allo stesso tempo è semplicemente letteratura. Siccome i libri (come oggetti) sono anche un prodotto, quello che interessa agli agenti e alle case editrici e alle librerie è il target, è la commercializzazione, e noi scrittori siamo più o meno costretti a vivere in questo "contesto", ma con compiti e traguardi diversi e forse anche inconciliabili. Per loro lo scopo di tutta questa fastidiosa faccenda del libro alla fine è il profitto. In ogni caso, io tendo a leggere libri i cui argomenti mi interessano, il che mi sembra un'ammissione del tutto banale. In Italia sono spesso frustrato perché non posso andare in libreria e recarmi al reparto gay per sapere quali sono gli ultimi titoli o chi sono i nuovi scrittori, cosa che ormai in America è abitudine comunissima. Di contro apprezzo il fatto che i libri gay qui, sia in lingua originale che in italiano, non sono etichettati e ghetizzati. Quindi rispondo così: dal punto di vista di un compratore di libri preferirei un reparto gay. Dal punto di vista di uno scrittore preferirei non essere segregato anche se essere "isolato" è di grandissimo aiuto nel venderli. Per quanto riguarda la "vera" letteratura, chi ritiene che la letteratura gay non sia tale è semplicemente sorpassato. C'è quella scritta bene e quella scritta male, ma altre distinzioni sono pretestuose e retrograde.
Parli di letteratura come "casa", come "conversazione tra gay", come "ricerca del "noi"". Però, la realtà gay, anche quella assertiva e "militante", non ti soddisfa attualmente - e mi sembra di capire che non ti piaccia in generale. Non credi invece che le due cose siano facce di una stessa medaglia?
Mi auguro vivamente di no. Salvo una manciata di eccezioni nel mondo, un movimento gay "militante" non esiste più, ed è da anni che non esiste. Tanto per farti un esempio: ci tengo molto a sottolineare il fatto che non possiamo sposarci. Direi anche che la mia situazione come straniero in Italia migliorerebbe molto se potessi sposare il mio partner, che è italiano. Nonostante ciò mi rendo conto che la lotta per i PaCS o le unioni civili o anche per il matrimonio non è né militante né popolare (nel senso di un movimento attivista di base), né di contro sovversivo. Se vinciamo, quello che ci torna è il diritto di essere esattamente come la gente eterosessuale.?In America, il movimento gay è stato gravemente compromesso dal consumismo e non è più un modello per nessuno. Purtroppo continua ad essere imitato. Chi non crede a questo guardi un attimo il sito gay.it. Oggi, 26 aprile, leggo che il "benessere" equivale all'abbonamento alla palestra perché la vera tragedia del quotidiano sarebbe arrivare in spiaggia senza il "fisico pronto." E ogni articolo, voglio dire ogni singolo articolo nella sezione, è pubblicizzato con una foto di un uomo palestrato, bianco, depilato, e mezzo nudo. Intendiamoci, non sono mica Ruini: il sesso e la bellezza maschile piacciono pure a me, ma sovradimensionare questo aspetto della vita umana è il grande vizio dell'omosessualità .?In Italia, parliamoci francamente, più che il diritto di sposarvi, dovreste considerare il diritto di uscire dall'armadio, il diritto di non essere presi per malati o per persone con problemi di identità sessuale, il diritto di quello che noi americani, con la nostra tipica esagerazione, chiamiamo "gay pride". Sinceramente non guasterebbe.?Ma se pensi che non sia soddisfatto hai ragione. Più che insoddisfatto, sono deluso e incazzato e mi sento addirittura tradito. Nella "Premessa" alla ristampa di Pelle di Leopardo, Terzani scrive che oggi "sta diventando sempre più difficile capire che cosa potesse significare una rivoluzione [e] perché così tanta gente potesse crederci e fosse pronta a sacrificare la propria vita in suo nome." Come lo capisco! Lo spirito dell'attivismo gay contemporaneo è finito nel qualunquismo. Meno male che ci rimangono personaggi come Massimo Consoli, in Italia, e Peter Tatchell in Inghilterra, e pochi altri! L'unico spunto positivo è che la letteratura non ha bisogno della politica.
Hai scelto, unico Autore "lontano", Alfredo Ronci. Perché e come lo hai selezionato per il tuo lavoro? In generale: fra "americani" e "non americani", ci sono differenze nella costruzione di personaggi omosessuali working class, o entrambi semplicemente evitano di raccontarli?
Alfredo Ronci è l'unico scrittore italiano nella raccolta, è vero, ma ne avrei voluto includere altri. Ma non è l'unico autore "lontano." C'è uno scrittore australiano, un inglese, un paio di canadesi. Più che altro, avrei voluto altri inglesi, perché la stratificazione delle classi sociali in Gran Bretagna fa parte di una storia sociale e letteraria (nonché artistica) che mi interessa assai. Penso a E. M. Forster, Oscar Wilde, Joe Orton, John Addington Symonds con il suo amante italiano. Purtroppo, non è successo così. Comunque in generale, sì, credo che la comprensione delle differenze tra le classe sociali sia molto più approfondita e sviluppata fuori degli Stati uniti, dove rimane un argomento prevalentemente tabù. In Italia, dove c'è una lunga e onorevole tradizione di lotta e resistenza proletaria, mi chiedo perché non ci sia stata una tradizione altrettanto lunga e onorevole di letteratura gay e proletaria. Forse esiste ma io semplicemente non l'ho trovata. Da un punto di vista tecnico, però, il progetto Everything I Have Is Blue mi ha insegnato che creare e scrivere personaggi "working class" non è facile. Ho letto centinaia di racconti, e nella maggioranza dei casi gli autori avevano un tocco piuttosto goffo. Questo dimostra sopratutto quanto le nostre menti creative siano colonizzate, in modo che risulti difficile, pure per noi, rendere la "differenza" in un modo organico e naturale.
C'è una domanda che non ti ho fatto, e alla quale invece ti piacerebbe rispondere?
Non penso, e vi ringrazio calorosamente dell'opportunità di parlare di Everything I Have Is Blue! Aggiungerei solo un paio di cose: per chi legge inglese consiglio una visita al sito www.everythingihaveisblue.com dove c'è altro materiale sul libro. E poi continuo a sollecitare testi, saggi, racconti, diari, teatro per il "Still Blue Project.". "Still Blue" pubblicherà, in formato online, la continuazione del libro, e vorrei estendere un invito a tutti i miei compagni di "classe". Gli scrittori inclusi in Everything I Have Is Blue erano solo uomini, ma "Still Blue" è aperto a tutti. Se volete scrivermi, mi farà molto piacere rispondere: editor@everythingihaveisblue.com. Grazie ancora a tutti voi del Paradiso degli Orchi!
Con piacere. Sono uno scrittore, un traduttore e un insegnante. Le mie origini sono miste - eccome! Hawaiiane, portoghesi, scozzesi, indiane e altre - sono un cane bastardo proletario! Sono nato nelle Hawaii, mi spostai a San Francisco nell' 81 e dopo quasi 24 anni da lì mi sono trasferito in Italia nel luglio scorso. Ho fatto il coming out quando ne avevo 17, e quindi nel 2006 festeggio 30 anni di vita queer!
Perché un'antologia sui gay della classe operaia? I gay non sono tutti uguali? Che c'entra un concetto come quello di classe con l'identità gay, il coming out, eccetera?
Premetto che non sono mai stato sicuro cosa voglia dire la parola "uguale." Uguali sì va bene - siamo uguali nel senso più ampio del termine. Noi gay, come tutti gli esseri umani, siamo uguali nel nostro bisogno di casa, di lavoro, di amore, di alimentazione, di sicurezza, nel non essere maltratti, nell'essere produttivi, utili e stimati. Ma se ci guardiamo attorno ci rendiamo conto che questi bisogni non sono soddisfatti, neanche minimamente, nella maggior parte dei casi: c'è chi ha più soldi, più istruzione, un lavoro meno massacrante di un altro, chi ha una casa più comoda, una famiglia che gli dà sostegno, più potere, più accesso alle risorse cosiddette "pubbliche" (alla sanità, per esempio). Anche questo, secondo me, è palese, se si vede il mondo così com'è. Sicché, paradossalmente, siamo uguali e unici, identici e ben diversi, nello stesso momento.?Io non parlo mai dell'identità gay, per lo stesso motivo per cui non parlo mai dell'identità etero, non credo esista. Ma il concetto di classe sociale c'entra nella vita di chiunque anche quando diciamo "gay" o "lesbica" o "queer" o "lella" o "checca" perché la questione di classe sociale è onnipresente nella vita contemporanea. E tutto questo, nel bene e nel male, voi italiani lo condividete con noi americani: una realtà in cui la prosperità, le risorse e il potere economico sono concentrati nelle mani di pochi. E il dislivello tra chi è "soggetto" e chi "comanda" è sempre in crescita. Ovviamente ci tocca tutti nella stessa identica maniera, a prescindere dal nostro orientamento sessuale.
Se è vero quello che tu dici, allora i media, e la letteratura gay, falsificano la realtà omosessuale. O no?
Ecco, se parliamo di una "realtà omosessuale," sbagliamo in partenza. Non ce n'è una. Ce ne sono milioni, e i mass media falsificano il concetto. Non danno mai un quadro completo, e i dettagli per loro sono semplicemente fastidiosi. Da noi in America, c'è la favola dei "Dieci ciechi e l'elefante" - ogni cieco riesce a palpare soltanto una piccola parte dell'enorme elefante, e riferisce il suo "vedere": l'elefante assomiglia molto ad una parete, l'elefante è come una fune, l'elefante è come il tronco di un albero, e così via. Il problema è questo: sia la narrativa gay, sia le riviste populari come Out e The Advocate sia le trasmissioni televisive cercano di diffondere un'immagine del gay medio depilato e palestrato, "colto" e "istruito," benestante con soldi da bruciare, consumatore feroce, viaggiatore instancabile, Ikeadipendente, un po' superficiale ma assolutamente alla moda, eternamente spensierato e tanto tanto divertente. Che esistano questi "esemplari" è fuor di dubbio ed è una fortuna, visto che il mondo è vario. Ma la genesi di Everything I Have Is Blue è stata una domanda semplice e molto personale: perché non mi rispecchio in queste immagini così diffuse, e nemmeno ci si rispecchia la maggior parte delle persone gay e lesbiche che conosco? Dove siamo? Se queste immagini "rappresentano," perché non rappresentano me? Se a me non interessano la moda e le stars, la roba firmata e le apparenze e i beni di consumo, riesco a restare queer o devo rinunciare? La mia lettura e i miei studi e le mie esperienze mi hanno convinto di una cosa: i mass media sono al servizio del capitalismo. È chiaro, di conseguenza, che sorvolino su tutto ciò che è non è utile al progetto capitalista: tra l'altro sui gay della classe operaia.
Nelle storie che hai raccolto, essere omosessuali è una questione più complessa di ciò che normalmente si crede - e si legge. Spesso si dice che la letteratura omo è letteratura di genere: ma se tratta di esseri umani in modo complesso e culturalmente raffinato, non si distingue dalla letteratura "vera". Qual'è la tua opinione su questo punto?
Non so mai rispondere a questa domanda perché mi pare che tutte e due le cose siano vere. È letteratura di genere con un pubblico "di nicchia," se vuoi, e allo stesso tempo è semplicemente letteratura. Siccome i libri (come oggetti) sono anche un prodotto, quello che interessa agli agenti e alle case editrici e alle librerie è il target, è la commercializzazione, e noi scrittori siamo più o meno costretti a vivere in questo "contesto", ma con compiti e traguardi diversi e forse anche inconciliabili. Per loro lo scopo di tutta questa fastidiosa faccenda del libro alla fine è il profitto. In ogni caso, io tendo a leggere libri i cui argomenti mi interessano, il che mi sembra un'ammissione del tutto banale. In Italia sono spesso frustrato perché non posso andare in libreria e recarmi al reparto gay per sapere quali sono gli ultimi titoli o chi sono i nuovi scrittori, cosa che ormai in America è abitudine comunissima. Di contro apprezzo il fatto che i libri gay qui, sia in lingua originale che in italiano, non sono etichettati e ghetizzati. Quindi rispondo così: dal punto di vista di un compratore di libri preferirei un reparto gay. Dal punto di vista di uno scrittore preferirei non essere segregato anche se essere "isolato" è di grandissimo aiuto nel venderli. Per quanto riguarda la "vera" letteratura, chi ritiene che la letteratura gay non sia tale è semplicemente sorpassato. C'è quella scritta bene e quella scritta male, ma altre distinzioni sono pretestuose e retrograde.
Parli di letteratura come "casa", come "conversazione tra gay", come "ricerca del "noi"". Però, la realtà gay, anche quella assertiva e "militante", non ti soddisfa attualmente - e mi sembra di capire che non ti piaccia in generale. Non credi invece che le due cose siano facce di una stessa medaglia?
Mi auguro vivamente di no. Salvo una manciata di eccezioni nel mondo, un movimento gay "militante" non esiste più, ed è da anni che non esiste. Tanto per farti un esempio: ci tengo molto a sottolineare il fatto che non possiamo sposarci. Direi anche che la mia situazione come straniero in Italia migliorerebbe molto se potessi sposare il mio partner, che è italiano. Nonostante ciò mi rendo conto che la lotta per i PaCS o le unioni civili o anche per il matrimonio non è né militante né popolare (nel senso di un movimento attivista di base), né di contro sovversivo. Se vinciamo, quello che ci torna è il diritto di essere esattamente come la gente eterosessuale.?In America, il movimento gay è stato gravemente compromesso dal consumismo e non è più un modello per nessuno. Purtroppo continua ad essere imitato. Chi non crede a questo guardi un attimo il sito gay.it. Oggi, 26 aprile, leggo che il "benessere" equivale all'abbonamento alla palestra perché la vera tragedia del quotidiano sarebbe arrivare in spiaggia senza il "fisico pronto." E ogni articolo, voglio dire ogni singolo articolo nella sezione, è pubblicizzato con una foto di un uomo palestrato, bianco, depilato, e mezzo nudo. Intendiamoci, non sono mica Ruini: il sesso e la bellezza maschile piacciono pure a me, ma sovradimensionare questo aspetto della vita umana è il grande vizio dell'omosessualità .?In Italia, parliamoci francamente, più che il diritto di sposarvi, dovreste considerare il diritto di uscire dall'armadio, il diritto di non essere presi per malati o per persone con problemi di identità sessuale, il diritto di quello che noi americani, con la nostra tipica esagerazione, chiamiamo "gay pride". Sinceramente non guasterebbe.?Ma se pensi che non sia soddisfatto hai ragione. Più che insoddisfatto, sono deluso e incazzato e mi sento addirittura tradito. Nella "Premessa" alla ristampa di Pelle di Leopardo, Terzani scrive che oggi "sta diventando sempre più difficile capire che cosa potesse significare una rivoluzione [e] perché così tanta gente potesse crederci e fosse pronta a sacrificare la propria vita in suo nome." Come lo capisco! Lo spirito dell'attivismo gay contemporaneo è finito nel qualunquismo. Meno male che ci rimangono personaggi come Massimo Consoli, in Italia, e Peter Tatchell in Inghilterra, e pochi altri! L'unico spunto positivo è che la letteratura non ha bisogno della politica.
Hai scelto, unico Autore "lontano", Alfredo Ronci. Perché e come lo hai selezionato per il tuo lavoro? In generale: fra "americani" e "non americani", ci sono differenze nella costruzione di personaggi omosessuali working class, o entrambi semplicemente evitano di raccontarli?
Alfredo Ronci è l'unico scrittore italiano nella raccolta, è vero, ma ne avrei voluto includere altri. Ma non è l'unico autore "lontano." C'è uno scrittore australiano, un inglese, un paio di canadesi. Più che altro, avrei voluto altri inglesi, perché la stratificazione delle classi sociali in Gran Bretagna fa parte di una storia sociale e letteraria (nonché artistica) che mi interessa assai. Penso a E. M. Forster, Oscar Wilde, Joe Orton, John Addington Symonds con il suo amante italiano. Purtroppo, non è successo così. Comunque in generale, sì, credo che la comprensione delle differenze tra le classe sociali sia molto più approfondita e sviluppata fuori degli Stati uniti, dove rimane un argomento prevalentemente tabù. In Italia, dove c'è una lunga e onorevole tradizione di lotta e resistenza proletaria, mi chiedo perché non ci sia stata una tradizione altrettanto lunga e onorevole di letteratura gay e proletaria. Forse esiste ma io semplicemente non l'ho trovata. Da un punto di vista tecnico, però, il progetto Everything I Have Is Blue mi ha insegnato che creare e scrivere personaggi "working class" non è facile. Ho letto centinaia di racconti, e nella maggioranza dei casi gli autori avevano un tocco piuttosto goffo. Questo dimostra sopratutto quanto le nostre menti creative siano colonizzate, in modo che risulti difficile, pure per noi, rendere la "differenza" in un modo organico e naturale.
C'è una domanda che non ti ho fatto, e alla quale invece ti piacerebbe rispondere?
Non penso, e vi ringrazio calorosamente dell'opportunità di parlare di Everything I Have Is Blue! Aggiungerei solo un paio di cose: per chi legge inglese consiglio una visita al sito www.everythingihaveisblue.com dove c'è altro materiale sul libro. E poi continuo a sollecitare testi, saggi, racconti, diari, teatro per il "Still Blue Project.". "Still Blue" pubblicherà, in formato online, la continuazione del libro, e vorrei estendere un invito a tutti i miei compagni di "classe". Gli scrittori inclusi in Everything I Have Is Blue erano solo uomini, ma "Still Blue" è aperto a tutti. Se volete scrivermi, mi farà molto piacere rispondere: editor@everythingihaveisblue.com. Grazie ancora a tutti voi del Paradiso degli Orchi!
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