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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Augusto De Angelis

L’albergo delle tre rose

Giallo Mondadori - Classici Oro, Pag. 170 Euro 7,50
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Fa bene (anzi è degno di nota) il fatto che il Giallo Mondadori pubblichi, ogni tanto, qualche romanzo di uno dei più accreditati giallisti di tutti i tempi: Augusto De Angelis. Nome riscoperto anni fa da Oreste del Buono e che da allora non ha più subìto pressioni o ingerenze. Ingerenze e pressioni che in qualche modo lo scrittore subì durante il suo periodo più di successo (anni trenta e quaranta del novecento), con un regime che per una sorta di stupidità provinciale censurava anche le trame e gli artifici della letteratura poliziesca.
Pioveva a fili lunghi, che al riverbero dei fanali parevan d’argento. La nebbia diffusa, fumosa, penetrava coi suoi aghi nel volto. Sui marciapiedi scorreva ondeggiando la infinita teoria degli ombrelli. Automobili in mezzo alla via, qualche carrozza, i tranvai colmi. Alle sei del pomeriggio il buio era fitto, in quei primi giorni del dicembre milanese.
Così inizia L’albergo delle tre rose, e non ci vuole molto a capire che siamo di fronte, nonostante il passaggio non sia poi così poetico, ad un autore che nelle sue esposizioni ci mette più di quello che il mercato chiedeva. Una, potremmo quasi dire, leggiadria nel tocco che non si perde poi con l’intrecciarsi della vicenda. E De Angelis lo sa perfettamente, come sa che è uscita una specie di circolare che impone ai giallisti del nostro paese di non presentare un omicida italiano. Per essere “credibile” l’assassino deve essere di un altro paese. De Angelis si adatta e scrive: Eliminava Desatta dal giuoco, perché continuava a credere che quello non potesse essere un delitto compiuto da un italiano.
Come a dire che l’uccisione di un uomo o di una donna possa portare una bandiera di riconoscimento. Ma De Angelis lo sa, e nello stesso tempo deve sopravvivere alla situazione, meglio dire al regime, e quindi scrive cose che lui stesso non avrebbe mai pensato.
La trama di questo giallo è presto detta: viene ritrovato il cadavere di un uomo, precisamente di un giovane poco più che ventenne, impiccato al soffitto dell’ultimo pianerottolo in cima alle scale dell’albergo delle tre rose. Non sarà l’unica vittima ad essere trovata. E il responsabile, rispettando i canoni del regime, non sarà italiano.
Il romanzo ad un certo punto si anima un po’, ma alla fine tutto è risolto dall’ineffabile e affascinante commissario De Vincenzi. E noi, nonostante tutto, applaudiamo.


di Alfredo Ronci


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Gustoso


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Sellerio, Pag. 250 Euro 11,00

De Vincenzi vide il cadavere, vide Cristiana e vide l'orchidea. Ai cadaveri e alle donne era abituato alle orchidee un po' meno, per quanto invece le amasse assai di più. Così il suo sguardo si arrestò più lungamente e con compiacenza sul fiore. Mostruoso fiore fatto di carne, nato dal limo in putrefazione, cresciuto in una atmosfera da tropico.
Piccola scorrettezza: la citazione non appartiene al libro in questione, ma ad un altro, precisamente a Il mistero delle tre orchidee.

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Quante volte ci si è chiesti come dovesse essere la vita durante il ventennio: Augusto De Angelis pubblica questo romanzo nel 1934, a sei anni dunque dall'inizio della più immane tragedia che la Storia contemporanea abbia conosciuto.

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Di questi tempi il giallo va sempre bene. Meglio se, scartabellando o facendo, mi scuso per il confronto, l’investigatore di lettere, si decida per una storia poliziesca d’antico sapore e di fascinata ambientazione storica.

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