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CINEMA E MUSICA

Marco Minicangeli

Predator: Badlands

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“Badlands”, ennesimo capitolo della saga di Predator. Il film, targato 20th Century Studios e diretto da Dan Trachtenberg, è appena uscito nelle sale italiane e non è dispiaciuto ai cultori della serie.
Siamo in un pianeta remoto e letale. Le forme di vita che lo popolano, piante e animali, sono sempre a caccia, pronte a predare qualsiasi cosa che si muova. È qui che un giovane Predator Yautja Dek (Dimitrius Schuster-Koloamatangi) viene proiettato per cacciare il suo avversario finale. Ne va del suo onore. Siamo in un lontanissimo futuro, ma il meccanismo che rende un adolescente uomo, è lo stesso di molte popolazione africane: una prova di coraggio. Ad aiutarlo un androide, Thia (Elle Fanning), abbandonata e sventrato, tanto da ricordare vagamente l’androide Ash in Alien. Altra citazione è nell’esoscheletro d’acciaio.
Il film è ben curato, a cominciare dalla lingua Yautja, inventata dallo stesso linguista che ha sviluppato il linguaggio dei Na’vi di Pandora in Avatar di James Cameron.
A ben guardare il motore di tutto il film è il rapporto padre/figlio, una sorta di Edipo fantascientifico, che si conclude come è logico che sia.




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