CLASSICI
Alfredo Ronci
Ancora lui, ma è un’ossessione! “La donna del lago” di Giovanni Comisso.

Ho intitolato il pezzo “Ancora lui, ma è un’ossessione”. A dir la verità un po’ di ragione c’è, visto che ormai questa è la sesta volta che Giovanni Comisso compare nella rubrica dei classici.
Esiste un motivo? Assolutamente no, ma quando, come è nostra abitudine, confrontiamo due libri, lo scrittore trevigiano in qualche modo rientra nel panorama che vogliamo trattare. E se questo confronto può apparire azzardato, anche in questa storia ci sono delle forti conformità con il precedente caso che abbiamo trattato (quella di Ugo Moretti).
La donna del lago è un giallo, ma assolutamente diverso da quello dello scrittore romano. E allora perché confrontarli? Credo che l’aspetto principale non sia quello dei soldi (per carità non vogliamo ridurre l’attività di Moretti a mera sfera salariale, anche perché, al di là di tutto, non lo merita), ma quello più strettamente più personale: del perché due autori di un certo valore all’improvviso decidano di voltarsi dalla parte del giallo.
Perché Comisso ha scritto un romanzo giallo? Perché in fondo non lo è. E chiariamoci.
Quando il volume apparve nel panorama editoriale nostrano, il 1962, si disse che i fatti raccontati facevano riferimento ad una serie di eventi criminali che erano accaduti ad Alleghe e che non avevano avuto nessun riscontro legale.
Bene. Tutto vero ma anche no. Non vorrei sembrare tedioso ma quando ho finito di leggere il romanzo di Comisso ho avuto come l’impressione che la direzione gialla del libro scantonasse in un'altra direzione, direzione che con un po’ di avvertenza definirei gotica. Intendiamoci, una linea gotica aggiornata ai nostri tempi, ma pur sempre aleggiante una sorta di mistero quasi soprannaturale (che i lettori, giustamente, potrebbero dire che in realtà non c’è).
E’ la storia di uno e più delitti, ma è anche una meravigliosa intrusione nell’arte stilistica dell’autore. Come a dire che Comisso abbia voluto confrontarsi con il non confrontabile, ma nello stesso tempo ricordare ai lettori come si documenta una vicenda.
Tanto per intenderci: Lo specchio si associa solo all’idea della donna e di conseguenza a quella dell’amore. Oppure… Soltanto una neve che ricopra un sinuoso pendio e si sciolga al sole rafforzato dall’avvicinarsi della primavera poteva stare al raffronto, non come somiglianza di materia, ché anzi può riuscire stridente, ma nell’identità di processo per sciogliersi al calore saettante, così come quella carne doveva disparire nella brama quando questa finiva con l’essere sodisfatta.
Allora, ci sono tutti i meccanismi di una storia poliziesca (anche se i personaggi a volte rientrano in una dimensione tutta comissiana, tipo… non lavorava, perché non aveva voglia, la sua sensualità balbuziente mi fa ora pensare avesse loschi incontri in stanze segrete di oscure calli o fosse un avido topo di pisciatoi), e cè un mistero continuo che aleggia in tutta la struttura della vicenda, ma quello che alla fine esce fuori è una dimensione che coglie aspetti fuori dalla dinamica investigativa. E quello che permea gli avvenimenti è una sorta di ordine naturale delle cose (o meglio, della natura): Io sento che questa luna mi domina con la sua luce, che attraversa le mie pupille. Se la guardo sento un’inquietudine come se essa fosse un occhio malefico, ma se non la guardo mi sento ugualmente inquieto come per un fluido che venga a penetrare in me. Forse questa stessa inquietudine sarà sentita anche dalle piante e dagli altri animali.
La cosa curiosa è che da La donna del lago fu tratto anche un film con protagonisti Raf Vallone e Virna Lisi. Beh, al di là dei giudizi negativi e positivi della pellicola, rimase di questa un senso quasi deviato della storia (alcuni, molto superficialmente, parlarono di incapacità scenografica), quando in realtà di ‘deviato’ c’era solo l’attitudine di Comisso di rendere ‘altro’ le storie che pure potevano avere un riscontro con la realtà, ma che cinematograficamente non avevano la capacità di rendere.
Anche La donna del lago è dunque un classico. Diverso dalle avventure poliziesche cui eravamo abituati (e siamo abituati). Uno straccio di vita che Comisso sa rendere ‘estraneo’ soprattutto a chi vuole confrontarsi con la più stretta realtà.
L’edizione da noi considerata è:
Giovanni Comisso
La donna del lago
Longanesi
Esiste un motivo? Assolutamente no, ma quando, come è nostra abitudine, confrontiamo due libri, lo scrittore trevigiano in qualche modo rientra nel panorama che vogliamo trattare. E se questo confronto può apparire azzardato, anche in questa storia ci sono delle forti conformità con il precedente caso che abbiamo trattato (quella di Ugo Moretti).
La donna del lago è un giallo, ma assolutamente diverso da quello dello scrittore romano. E allora perché confrontarli? Credo che l’aspetto principale non sia quello dei soldi (per carità non vogliamo ridurre l’attività di Moretti a mera sfera salariale, anche perché, al di là di tutto, non lo merita), ma quello più strettamente più personale: del perché due autori di un certo valore all’improvviso decidano di voltarsi dalla parte del giallo.
Perché Comisso ha scritto un romanzo giallo? Perché in fondo non lo è. E chiariamoci.
Quando il volume apparve nel panorama editoriale nostrano, il 1962, si disse che i fatti raccontati facevano riferimento ad una serie di eventi criminali che erano accaduti ad Alleghe e che non avevano avuto nessun riscontro legale.
Bene. Tutto vero ma anche no. Non vorrei sembrare tedioso ma quando ho finito di leggere il romanzo di Comisso ho avuto come l’impressione che la direzione gialla del libro scantonasse in un'altra direzione, direzione che con un po’ di avvertenza definirei gotica. Intendiamoci, una linea gotica aggiornata ai nostri tempi, ma pur sempre aleggiante una sorta di mistero quasi soprannaturale (che i lettori, giustamente, potrebbero dire che in realtà non c’è).
E’ la storia di uno e più delitti, ma è anche una meravigliosa intrusione nell’arte stilistica dell’autore. Come a dire che Comisso abbia voluto confrontarsi con il non confrontabile, ma nello stesso tempo ricordare ai lettori come si documenta una vicenda.
Tanto per intenderci: Lo specchio si associa solo all’idea della donna e di conseguenza a quella dell’amore. Oppure… Soltanto una neve che ricopra un sinuoso pendio e si sciolga al sole rafforzato dall’avvicinarsi della primavera poteva stare al raffronto, non come somiglianza di materia, ché anzi può riuscire stridente, ma nell’identità di processo per sciogliersi al calore saettante, così come quella carne doveva disparire nella brama quando questa finiva con l’essere sodisfatta.
Allora, ci sono tutti i meccanismi di una storia poliziesca (anche se i personaggi a volte rientrano in una dimensione tutta comissiana, tipo… non lavorava, perché non aveva voglia, la sua sensualità balbuziente mi fa ora pensare avesse loschi incontri in stanze segrete di oscure calli o fosse un avido topo di pisciatoi), e cè un mistero continuo che aleggia in tutta la struttura della vicenda, ma quello che alla fine esce fuori è una dimensione che coglie aspetti fuori dalla dinamica investigativa. E quello che permea gli avvenimenti è una sorta di ordine naturale delle cose (o meglio, della natura): Io sento che questa luna mi domina con la sua luce, che attraversa le mie pupille. Se la guardo sento un’inquietudine come se essa fosse un occhio malefico, ma se non la guardo mi sento ugualmente inquieto come per un fluido che venga a penetrare in me. Forse questa stessa inquietudine sarà sentita anche dalle piante e dagli altri animali.
La cosa curiosa è che da La donna del lago fu tratto anche un film con protagonisti Raf Vallone e Virna Lisi. Beh, al di là dei giudizi negativi e positivi della pellicola, rimase di questa un senso quasi deviato della storia (alcuni, molto superficialmente, parlarono di incapacità scenografica), quando in realtà di ‘deviato’ c’era solo l’attitudine di Comisso di rendere ‘altro’ le storie che pure potevano avere un riscontro con la realtà, ma che cinematograficamente non avevano la capacità di rendere.
Anche La donna del lago è dunque un classico. Diverso dalle avventure poliziesche cui eravamo abituati (e siamo abituati). Uno straccio di vita che Comisso sa rendere ‘estraneo’ soprattutto a chi vuole confrontarsi con la più stretta realtà.
L’edizione da noi considerata è:
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