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CLASSICI

Alfredo Ronci

Un giallo come un altro?: “Doppia morte al Governo Vecchio” di Ugo Moretti.

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Cosa dire di uno scrittore che nasce come osservatore della grande città (della capitale) e poi si trasforma in un narratore giallo con tutti i crismi, tanto da assomigliare a qualcuno ma in realtà invece no?
E’ il caso di Ugo Moretti. Prima di farci la domanda essenziale, e cioè come mai uno scrittore di classe si riduca a scrivere bazzecole e pinzillacchere, chiediamoci cosa fece il Moretti prima della svolta così detta poliziesca (saranno pure bazzecole e pinzillacchere ma ai tempi della Doppia morte… ma lui, sì proprio lui, aveva al suo attivo ben ventitré gialli).
E’ l’autore, innanzi tutto, di Vento caldo che ottenne il premio Viareggio nel 1949 (tra l’altro tradotto in altri otto paesi) e soprattutto di Gente al Babuino (1955) di cui dicemmo… Eppure Moretti tentò la via del successo (tralasciamo in questa sede la sua vera occupazione che è stata quella di giornalista e sceneggiatore) proprio con Gente al Babuino (permettetemi un appunto: nel 1950 Marcello Barlocco, uno scrittore poco incline ai compromessi, fa pubblicare un libro che ha lo stesso titolo, ma che non ha il successo sperato. Ugo Moretti, che conosceva personalmente il Barlocco, cinque anni più tardi pubblica una serie di racconti chiamati appunto Gente al Babuino. E’ solo un caso o dobbiamo pensare ad altro?). Fu subito indicato come precursore del neorealismo e un antefatto alla dolce vita.
Dunque precursore del neorealismo, anche se al Moretti non andava molto questa “etichetta”, e in qualche modo anche precursore della dolce vita che in seguito (appena cinque anni dopo avrebbe avuto il suo fulgore con Fellini e il suo indimenticato film).
Ma allora sorge la domanda essenziale: perché uno scrittore come lui abbandona il suo cliché per abbandonarsi a situazioni del tutto diverse, cioè gialle? (A proposito, abbiamo detto che ai tempi di Doppia morte… aveva scritto ventitré gialli, in realtà nella sua produzione ne risultano più di quaranta, anche se la maggior parte, nel panorama dei libri usati e “dismessi”, ormai sono totalmente fuori catalogo).
La risposta potrebbe essere una sola, e anche abbastanza spiccia: i soldi. In verità l’uomo, anche se noi non sappiamo se la sua scelta fu fatta per denaro o per puro interesse, scelse di stare dalla parte del cinema (la stessa Doppia morte… fu trasformata in film con la regia di Steno e interpretata  da Marcello Mastroianni, Ursula Andress e Peter Ustinov).
E del cinema ci sono alcuni passaggi di questo romanzo che ci fanno pensare all’amore di Moretti per quell’arte e soprattutto a un modo di vedere la vita della grande città: Nessuno portava il cappello come Dindo Baldassarre nella valle del Tevere, tranne forse Roberto Rossellini che è il cappello più avventuriero, indipendente, lunatico che abbia mai calcato zucca di genio.
Ed è proprio Dindo Baldassarre ad essere il protagonista principale di questo irregolare romanzo giallo. Un poliziotto che non aveva precedenti esaltanti, tanto che una volta gli era capitato tra le mani un assassino ma non lo aveva nemmeno riconosciuto, anzi lo aveva aiutato a scappare. Un poliziotto che era finito nell’archivio dei Corpi di Reato e che comincia a commerciare con rese anche redditizie fino a che non gli capita tra le mani un doppio delitto: in via del Governo Vecchio vengono rinvenuti un vecchio principe, padrone del palazzo in cui avviene il crimine e Romolo lo stagnaro, molto conosciuto nella zona.
Dindo Baldassarre risolverà in poco tempo il doppio assassino non rinunciando però all’aiuto di alcuni personaggi tra cui il Topo, robivecchi e ladro e la bella Tritrì, nonché una moglie non del tutto priva di encomiabili avventure.
Ora ci si chiede una cosa (tante in verità): ma Moretti si è inspirato a qualcuno nel raccontare le avventure di Baldassarre (e di tanti altri personaggi visto che ha scritto una quarantina di gialli)? Personalmente non vorrei tediare qualche affezionato intenditore di poliziesco-surreale, ma certe situazioni al limite dell’assurdo richiamano le ‘oniriche’ (si fa per dire) avventure di Carlo Manzoni e il suo investigatore privato Chico Pipa. Per carità, le faccende di Moretti hanno un’andatura molto più ‘classica’ ma nulla mi toglie dalla mente che tra i due ci fosse un’insospettata convergenza.




L’edizione da noi considerata è:

Ugo Moretti
Doppia morte al Governo Vecchio
Longanesi



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