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CLASSICI

Alfredo Ronci

Un’ipotesi di suggestione: “Macingu” di Pietro A. Buttitta.

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Noi che studiamo e ci divertiamo (a volte, non sempre) a leggere i “nostri” classici e ad interpretarli a volte diversamente dal solito (il solito, in genere, è la nostra pletora di individui che si fanno passare per critici letterari) spesso procediamo per compartimenti stagni, senza badare (anche qui, a volte è soltanto ignoranza) a circostanze o a vere e proprie sfide di personaggi che sì hanno avuto rilievo nel nostro panorama narrativo ma che non hanno fruito dell’accompagnamento di un vero e proprio romanzo, o addirittura, per motivi ancora non precisi, non hanno ottenuto la gloria e la popolarità da parte sempre di quella pletora di cui si diceva innanzi.
Un secondo nome: Pietro A. Buttitta. Siciliano di nascita, si trasferì a Firenze dove ottenne la laurea in Scienze Politiche. Ben presto divenne collaboratore della Rai e fu anche collega di Sergio Zavoli. Fu anche vaticanista e agli inizi del 1986 fu docente di Teoria e tecnica del quotidiano presso l’Università di Urbino. Nel tempo libero, diciamo così, tanto per non macchiare le sue principali attività, scrisse anche poesie e romanzi. Macingu è del 1972.
Innanzi tutto cosa significa la parola Macingu? Ce lo dice lo stesso Buttitta in un passo del romanzo: Un etnologo che ti è caro ha scritto. “Con essa il popolo siciliano dà inconsciamente corpo a un’idea, o meglio a un’intuizione, propria di un particolare concetto dell’evento umano”; per giungere a concludere: “… possiamo quindi, affermare che il macingu siciliano ha un significato ben preciso. Esso indica il casuale sprigionarsi di quella forza impersonale che il nostro popolo, seppure inconsciamente, crede operante nell’accadere della vita”.
E nel romanzo quella forza impersonale (ma nell’autore la crediamo personalissima) ben presto vedrà la luce, anche con tutti i suoi riferimenti psicoanalitici.
Il tutto ha inizio con uno spettacolo di canzonette in mezzo ad un paese del sud e all’atteggiarsi del pubblico coinvolto e affascinato da quell’onda canora sentimentale. Ma nell’autore questa specie di festa cantata non rispolvera ricordi sentimentali ma veri e propri archetipi del sentire. E soprattutto le figure di serpenti.
E’ sempre il serpente che ti sei portato dentro per troppo tempo. Dice l’Ecclesiaste: “Se il serpente morde prima d’essere incantato, non c’è nulla da fare per l’incantatore”: Ma per quanto tempo è rimasto con te, in te, il serpente dei tuoi incubi?
In realtà il serpente (o i serpenti) non sono delle semplici figure, ma diventano vere e proprie presenze ‘umane’, sia quando vengono interpretate sia quando vengono sentite: Ecco un altro serpente vento da lontano. Era benigno quello dell’Oceano? E perché non sembrava benigno per la gente di lì, che non ti voleva accompagnare a visitare la sua isola? Il serpente era benigno alle origini, benigno come per le sue ferite. Era benigno e possente. Per i greci, Ercole, il più forte degli eroi, era ofioctono, uccisore dei serpenti…
Il lettore capirà certamente che siamo di fronte, al di là della presenza dell’uomo ‘in mezzo’ alla festa cantata del paese, a delle interpretazioni psicoanalitiche, e non è un caso che più di una volta Buttitta cita Jung, come ‘estensore’ dei suoi incubi ma anche delle sue definizioni.
Ma al di là di questo impegno tutto personale, dinanzi al frustrante riproporsi del fascino irrazionale del ‘mistero’ è anche tempo di accettare il tortuoso camino della ricerca, usando gli strumenti che le sono propri, infittendo la pagina di citazioni e notizie, come quando s’interroga sul destino di certe realtà a lui molto care… Ogni giorno e ogni ora  un fuggire dalla Calabria, un andarsene, quasi senza rimpianto o con la promessa di tornare ma per finire, con la rabbia della nostalgia nascosta, col restare legati al mondo che ha saputo accogliere l’esercito degli sbandati dalla miseria, dall’abbandono, dallo sfruttamento… Continui a credere che regioni come la Calabria, se non sarà invertito il moto di divaricazione fra il loro livello di vita e quello del resto d’Italia e d’Europa, saranno ridotte alla condizione delle riserve indiane del Nord d’America…
Considerando che il Macingu è datato, come prima edizione, 1972, ci si accorge di punto in bianco come il ripetersi di situazioni psicoanalitiche si confonda con una realtà storica che ancora oggi, noi, facciamo fatica a comprendere del tutto.
Macingu secondo quanto detto dallo stesso Buttitta è un’ipotesi di romanzo, per noi è anche un’ipotesi di suggestione.




Pietro A. Buttitta
Macingu
Marsilio editori






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