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CLASSICI

Alfredo Ronci

Per quanto egregio, ma anche noioso: “Al Polo Australe in velocipede” di Emilio Salgari.

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E qui si presenta un problema di non poco conto, che cercherò di ridurre ponendo una domanda che qualsiasi altro lettore si porrebbe: ma perché si è scelto questo libro per presentare l’opera di Salgari invece, chessò, il ciclo di Sandokan oppure i pirati della Malesia?
Fondamentalmente perché, proprio per l’assoluta venerazione con cui, solitamente, si giudicano i romanzi citati, noi che siamo sempre con la puzza sotto il naso, abbiamo preferito valutare un’opera di Salgari che non avesse i connotati dell’immediatezza ma anche del capolavoro.
Che fosse un incredibile elaboratore di avventure nessuno lo mette in dubbio. Nell’introduzione a questo libro ad un certo punto si dice: … a causa di certa critica maldestra o pressappochista o soltanto nostalgica, a causa della negligente superficialità della scrittura, ma ancora di più a causa dei luoghi comuni che lo qualificano come una sorta di “Omero dei poveri”, anziché come un impareggiabile maestro del linguaggio d’avventura qual è, Salgari corre il rischio di essere considerato una “tigre della Magnesia” un ossimoro irridente, un campione di follia creativa, un pazzo della fantasia sfrenata, addirittura uno dei padri del terrorismo, secondo una ricercatrice inglese che, recentemente, nella prefazione ad un’antologia ha liquidato il Corsaro Nero come mafioso e, appunto, un terrorista (un noto scrittore ed elzevirista ha persino accusato il romanziere di razzismo).
Ora, al di à del fatto che ci sarebbe piaciuto conoscere i nomi della ricercatrice inglese e del noto scrittore italiano (almeno speriamo che sia così, anche perché non siamo né ci riteniamo profondi studiosi del Salgari), nella nota riportata cogliamo elementi che, alla nostra lettura, in ogni caso ci hanno “sorpreso” e che ci hanno anche lasciato l’amaro in bocca.
Si sa, Salgari era un assatanato divoratore di periodici di viaggi molto diffusi ai suoi tempi, ma soprattutto non inventava mai di sana pianta. Partiva sempre da una notizia, da un fatto realmente accaduto o che stava accadendo, prendeva spunto dall’attualità internazionale, da guerre e rivolte, per poi mischiare tutto in quella macchina speciale che era la sua fantasia e soprattutto la sua scrittura.
E farà questo anche per Al Polo Australe. Il libro prende spunto dall’impresa che il “fenomenale pedalatore” dottor Raffaele Gatti realizzò percorrendo ottocento chilometri raggiungendo il Circolo Polare Artico (l’altro Polo, quello più facile da raggiungere).
Da questa impresa nasce dunque Al Polo Australe che narra la vicenda dell’inglese Linderman e l’americano Wilkye che s’impegnano in una avvincente scommessa su quale sia il mezzo più adatto a raggiungere il Polo Sud. Il primo tenterà l’impresa via mare, il secondo si avventurerà tra i ghiacci su un velocipede a motore. Curioso, se vogliamo, anche il finale: l’americano riuscirà a vincere la scommessa mentre il rivale, sconfitto, impazzirà dopo la tremenda esperienza.
Fin qui nulla di speciale (anche se, per i tempi di Salgari, tutto era speciale). Il problema riguarda davvero lo scrivere. Una noiosissima descrizione geografica dei luoghi, che sembra davvero presa dal più barboso atlante in circolazione e che non fa assolutamente bene al Salgari, così pronto, altre volte, a costruire un “mondo” diverso.
Tanto per fare un esempio: Le isole Falkland o Maluine, si trovano presso l’estremità dell’America meridionale a circa quattrocentocinquanta chilometri dallo stretto di Magellano e a trecentotrenta dall’Isola degli Stati. Sono novantadue, ma la maggior parte sono piccole e non abitabili, due solamente sono vaste e popolate: West Falkland e Ost Falkland e sono separate da un canale detto di S. Carlo. Sono Sterili per lo più, hanno montagne poco elevate e le pianure sono formate da strati di quarzo, di pirite, di ocra gialla e rossa e di buona torba.
Ora, non ci sarebbe nulla di male se una descrizione del genere avvenisse una volta ogni tanto. In questo libro ogni nuova destinazione è inzeppata di nozioni geografiche tanto da rendere noiosissimo e inconcludente anche l’avventura più preziosa.
Salgari fece molto di più e anche più brillantemente. Morirà suicida, come un samurai giapponese, il 25 aprile 1911.




L’edizione da noi considerata è:

Emilio Salgari
Al Polo Australe
Oscar Mondadori



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