RECENSIONI
Gitta Sereny
Albert Speer. La sua battaglia con la verità.
Adelphi, Traduzione di Valeria Gattei, Pag. 1029 Euro 39.00
Non so voi, ma il sottoscritto, dopo aver letto mille pagine di un saggio accattivante e brillante (nonché civilissimo, ma questo era scontato) di una storica e giornalista inglese di origini austriache, Gytta Sereny appunto, ritiene che alla base di tutto ci siano due domande alle quali rispondere. La prima: Albert Speer, dal momento che non fu condannato a morte nel processo di Norimberga, era a conoscenza della terribile sorte accaduta a sei milioni di ebrei (quelli morti) e a tutti i sopravvissuti, molti dei quali morirono successivamente? La seconda: c’era una componente omosessuale nel rapporto intimo tra Speer e Adolph Hitler?
Indubbiamente nel libro ci sono molte più cose. E la Sereny cerca di dare delle risposte agli innumerevoli quesiti cui è venuta a conoscenza, molti dei quali, anche per una suddivisione degli incarichi politici di un regime, non rientravano nelle competenze specifiche di Speer. E appunto per questo il saggio assume proporzioni quasi bibliche, ma c’è sempre presente l’aurea di un personaggio che, volente o nolente, ha caratterizzato l’intero percorso del nazismo e che in qualche modo avrebbe dovuto dare delle risposte politiche e storiche che, invece e lo dico con profonda convinzione, non ha dato.
Iniziamo col primo punto: Speer conosceva il processo di annientamento dell’elemento ebraico? Meglio ancora: era a conoscenza dei metodi brutali che avvenivano nei vari campi di concentramento nazisti? Si cerca di dare nel libro varie testimonianze ma credo che, per l’importanza assunta dalla conferenza di Posen nell’ottobre del ’43, fosse questa l’elemento più che indicativo. Alla conferenza intervenne anche Speer, ma fu Himmler, con un incedere a dir poco sanguinolento, a caratterizzare, con una argomentazione a dir poco brutale, la sostanza della partecipazione. Avvenne intorno alle cinque del pomeriggio. Speer, a Norimberga, disse che lui aveva preso un aereo intorno alle due.
Dice la Sereny: E’ semplicemente impossibile che Speer non sapeva del discorso di Himmler, che vi abbia assistito o meno. E questa è una “risposta” che la giornalista si dà di fronte ad altri momenti storici del presunto indagato.
Secondo punto: il probabile rapporto omoerotico tra Speer e Hitler. E qui, dobbiamo dirlo sinceramente, si riscontrano due tesi molto significative. La prima dello psichiatra Alexander Mitscherlich che affermava: si trattava di una relazione omoerotica (non sessuale) infinitamente complessa, fondata sulla soddisfazione esclusiva dei reciproci bisogni.
La seconda di Georges Casalis che aggiunse: Non avevo motivo di pensare (…) che Speer fosse omosessuale o che avesse tendenze omosessuali, come diremmo oggi. Ma le descrizioni del suo rapporto con Hitler mostravano con molta chiarezza una sorta di attaccamento erotico. Non avevo alcun dubbio sul fatto che avesse amato, e forse amava ancora, quell’uomo.
Lo dico e lo ripeto. La Sereny affronta altri problemi legati al nazismo ma l’idea che una “parvenza” di attaccamento omoerotico sia alla base anche della peggiore risoluzione etnica che sia mai avvenuta nella storia, beh, mi lascia ancor più senza parole.
di Alfredo Ronci
Indubbiamente nel libro ci sono molte più cose. E la Sereny cerca di dare delle risposte agli innumerevoli quesiti cui è venuta a conoscenza, molti dei quali, anche per una suddivisione degli incarichi politici di un regime, non rientravano nelle competenze specifiche di Speer. E appunto per questo il saggio assume proporzioni quasi bibliche, ma c’è sempre presente l’aurea di un personaggio che, volente o nolente, ha caratterizzato l’intero percorso del nazismo e che in qualche modo avrebbe dovuto dare delle risposte politiche e storiche che, invece e lo dico con profonda convinzione, non ha dato.
Iniziamo col primo punto: Speer conosceva il processo di annientamento dell’elemento ebraico? Meglio ancora: era a conoscenza dei metodi brutali che avvenivano nei vari campi di concentramento nazisti? Si cerca di dare nel libro varie testimonianze ma credo che, per l’importanza assunta dalla conferenza di Posen nell’ottobre del ’43, fosse questa l’elemento più che indicativo. Alla conferenza intervenne anche Speer, ma fu Himmler, con un incedere a dir poco sanguinolento, a caratterizzare, con una argomentazione a dir poco brutale, la sostanza della partecipazione. Avvenne intorno alle cinque del pomeriggio. Speer, a Norimberga, disse che lui aveva preso un aereo intorno alle due.
Dice la Sereny: E’ semplicemente impossibile che Speer non sapeva del discorso di Himmler, che vi abbia assistito o meno. E questa è una “risposta” che la giornalista si dà di fronte ad altri momenti storici del presunto indagato.
Secondo punto: il probabile rapporto omoerotico tra Speer e Hitler. E qui, dobbiamo dirlo sinceramente, si riscontrano due tesi molto significative. La prima dello psichiatra Alexander Mitscherlich che affermava: si trattava di una relazione omoerotica (non sessuale) infinitamente complessa, fondata sulla soddisfazione esclusiva dei reciproci bisogni.
La seconda di Georges Casalis che aggiunse: Non avevo motivo di pensare (…) che Speer fosse omosessuale o che avesse tendenze omosessuali, come diremmo oggi. Ma le descrizioni del suo rapporto con Hitler mostravano con molta chiarezza una sorta di attaccamento erotico. Non avevo alcun dubbio sul fatto che avesse amato, e forse amava ancora, quell’uomo.
Lo dico e lo ripeto. La Sereny affronta altri problemi legati al nazismo ma l’idea che una “parvenza” di attaccamento omoerotico sia alla base anche della peggiore risoluzione etnica che sia mai avvenuta nella storia, beh, mi lascia ancor più senza parole.
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