I Classici

La tormentosa vita di un uomo normale: ‘Il sospetto’ di Alfredo Orecchio.
Come ho già scritto in altre occasioni, con lo scrittore Alfredo Orecchio c’ho perso un po’ di tempo. Per carità, nessun mistero particolare o chissà cosa. Ho tentato di cercare, nelle varie fasi della sua vita, un indizio

Le puttane da gestire: “Le soldatesse” di Ugo Pirro.
Nella letteratura della seconda guerra mondiale c’è forse di tutto e di più. Che detta in tal modo potrebbe sembrare una critica nemmeno tanto sottile alla così detta verità storica. Niente affatto.

Non propriamente ozioso: “Libera nos a Malo” di Luigi Meneghello.
Il libro esce nel 1963, anno significatissimo per la nostra letteratura. Bussa alla porta il romanzo che non è più romanzo, almeno, è un’altra cosa, ma resiste anche il romanzo classico, pur se alleggeritosi dagli impacci del neorealismo. E Libera nos a Malo cos’è? Dove si colloca?

Un delitto nella vecchia Inghilterra
In una Londra quasi deserta come solo alle due del mattino del 1912 poteva accadere, il giornalista Frank Spargo, di ritorno a casa dalla redazione del “Watchman” dove lavora, trova il cadavere...

Ambiguo, ma intelligente: “Il maestro di Vigevano” di Lucio Mastronardi.
Non me ne vogliano i puristi (quelli, cioè, che hanno la puzza sotto il naso), ma devo confessare che ho avuto qualche problema a confrontarmi inizialmente con Mastronardi. Meglio ancora, ho avuto difficoltà a capire cosa ci fosse di tanto magmatico e letterario nelle cose che ha scritto.

Quel che non strozza, ingrassa: “Il giovane Max” di Alfredo Giuliani.
Per capire meglio le qualità e gli atteggiamenti di Alfredo Giuliani, forse sarebbe il caso, considerando il fatto che non è che sia stato così influente nel panorama delle nostre Lettere, di introdurlo meglio dal punto di vista biografico.

Nuoro, ancor più degli altri: “Il giorno del giudizio” di Salvatore Satta.
Per comprendere meglio Salvatore Satta ho preferito farmi aiutare da due elementi che, per un recensore, mai dovrebbero comparire: l’aspetto fisico e ciò che gli altri, nel momento estremo della vita dell’autore, cioè nel momento del trapasso, hanno scritto e detto di lui.

Un caso quasi spietato: “Tiro al piccione” di Giose Rimanelli.
Dice il risvolto di copertina di questa edizione: “Uno dei più tragici, violenti, sofferti romanzi del secondo Novecento che torna, finalmente, dopo distorsioni politiche e ostracismi culturali, con la sua grande forza di opera letteraria”.

Il tocco esangue di Annie Vivanti: “Naja tripudians”.
Mi piace iniziare questo ritratto con un quesito: ma Annie Vivanti era una donna raffinata e ricercata (quindi anche scrittrice con un suo prezioso spessore) oppure solo un personaggio capriccioso che amava spolverare storie osé adatte soprattutto ad un pubblico femminile?

Il talento di cuore di Silvano Ceccherini: “Dopo l’ira”.
Mi sembra evidente che prima di ogni altra cosa bisogna saper dire chi era Silvano Ceccherini. Sì, perché lo scrittore (per ora limitiamoci a questo) livornese non ha mai ricevuto grande notorietà dal mondo editoriale, se non, forse, nell’ultimo periodo della sua esistenza.
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