I Classici

Un bel libro di male sentimento: “L’eredità Ferramonti” di Gaetano Carlo Chelli.
Calvino ringrazia Roberto Bigazzi per aver riscoperto, dopo circa settant’anni, il romanzo e averci dedicato uno studio corposo e probabilmente definitivo.

Un movimento culturale disonesto? “La scapigliatura e il 6 febbraio” di Cletto Arrighi.
Ad un certo punto, della Scapigliatura si poteva dire tutto e il suo contrario, ma in Italia ci fu qualcuno che la “battezzò” e le dedicò anche un romanzo. Romanzo che per molti critici di allora e, soprattutto di oggi, rimase un contributo davvero modesto alla sua definizione.

Eppure fu viva: “L’età del malessere” di Dacia Maraini.
Non è facile parlare degli inizi letterari di Dacia Maraini, soprattutto dopo che, giustamente, è diventata una sorta di totem dell’intellighenzia di sinistra.

Un realista magico non logoro? “La peste a Urana” di Raoul Maria De Angelis.
Spesso mi capita di ragionare su una problematica letteraria che non si è mai ritratta. Anzi. E che recentemente è stata dibattuta anche da uno scrittore che poi nel corso del tempo ha dimostrato tutto il suo attaccamento al problema: Antonio Scurati.

Un omosessuale sotto traccia: “Il gesuita perfetto” di Furio Monicelli
E’ vero, la letteratura omosessuale (non la intendo così, ma tanto per capirci e non andare troppo sul sottile) non ha avuto grande rilievo nel panorama editoriale nostrano

Memorie sparse di un valido uomo: “Ricordi di un giovane troppo presto invecchiatosi” di Antonio Aniante.
Nato nel 1900, pur aderendo quasi passivamente al fascismo, in realtà cercava delle soluzioni in chiave rivoluzionaria contro il regime (pubblicò nel 1932 una biografia su Mussolini).

Tra D’Annunzio e il caos: “La Velia” di Bruno Cicognani.
Qual era questa allergia che Cicognani si portava dietro? Diciamocelo francamente, lo scrittore è uno di quei casi che perde il nome e il successo posteriori perché c’è stato accanto, o comunque vicinissimo a lui, un pezzo grosso dell’editoria.

L’anticipo della dolce vita: “Gente al Babuino” di Ugo Moretti.
Il Babuino è sovrappopolato di belle donne, di donne brutte, di morti di fame, di pittori, scultori, pederasti, cinematografari, lesbiche e forestieri che siedono in permanenza dentro e fuori i locali.

Il bisogno di dire qualcosa: “Amado mio” di Pier Paolo Pasolini.
Non ce ne vogliano gli estimatori di Pasolini (tra l’altro non vediamo e non capiamo il perché), ma le paure che lo scrittore esprime saranno le stesse che segneranno la sua arte e la sua vita.

Ha raccontato la morte: “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati.
La trama de Il deserto dei Tartari è questa: Giovanni Drogo, tenente di prima nomina è destinato a raggiungere Forte Bastiani. La fortezza, enorme, gialla, situata ai limiti del deserto
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