I Classici

L’eccezione che conferma la regola: “Veronica, i gaspi e Monsignore” di Marcello Barlocco.
Diceva Carmelo Bene: …interessante scrittore. Alto un metro e novanta, pesava trenta chili. Faceva impressione. L’avevano internato per vent’anni in manicomio, l’appendevano all’ingiù con la testa nel cesso. Raccontava anche strani riti, di messe nere, di bambini sacrificati, ma nessuno gli dava ascolto.

Un cantore della Sardegna silenziosa: “Paese d’ombre” di Giuseppe Dessì.
Dunque Dessì parla della Sardegna come fosse un elemento quasi fisico, una “zona di silenzio” che cattura il cittadino, il sardo per l’appunto.

Un mancato capolavoro: “Gioco d’infanzia” di Giovanni Comisso.
Perché abbiamo parlato di un mancato capolavoro? Perché la struttura principale del romanzo, cioè quella voluta e pubblicata dallo stesso Comisso, è assai diversa e priva di accenti più smaccatamente omosessuali rispetto a quella originariamente scritta.

Di nuovo Gian Piero Bona: “Il silenzio delle cicale”.
Ebbene sì, ancora lui, Gian Piero Bona, uno scrittore, per chi non lo sapesse, per chi lo ha dimenticato e per chi ancora non sa chi sia, che ha avuto il buon senso di esistere e di scrivere piccoli capolavori che solo una rivista come la nostra riesce a recuperare.

Un fotografo della morale disgregata: “Cocaina” di Pitigrilli.
Parliamo di Pitigrilli uomo o Pitigrilli scrittore? Cioè, facciamo prima a sbrigarlo per vie interne o per vie esterne?

Una poetessa “delicatamente” socialista: “Stella mattutina” di Ada Negri.
Gli anni venti, in Italia, soprattutto da un punto di vista letterario, non sarebbero poi tanto diversi da quelli attuali. I best seller dell’immediato dopoguerra offrivano due versanti opposti.

Il ventennio delle riviste più o meno fasciste: “La letteratura nel ventennio fascista” di Giorgio Luti.
Bisogna fare un chiarimento, soprattutto per quelli, pochissimi, che avranno l’intenzione di leggere un volume così denso di informazioni e molto appropriato: anche se il titolo non lo dice, il libro non parla di autori e delle loro opere

Un uomo tutto d’un pezzo: “Marcia su Roma e dintorni” di Emilio Lussu.
Lussu si è sempre distinto, anche se poi gli eventi successivi al fascismo lo hanno portare ad assumere cariche dello Stato molto importanti, nel considerarsi una parte seppur piccola del tutto.

Un perfetto avventuriero: “I fiumi scendevano a Oriente” di Leonard Clark.
Leonard Clark aveva lo stesso cognome di uno dei due esploratori che nel 1804 condussero una celebre spedizione finanziata dal giovanissimo governo degli USA, nato dalla recente guerra d’indipendenza con la corona britannica.

C’è anche questo da salvare: “Un duello sotto il fascismo” di Bruno Fonzi.
Mi sorge sempre un problema quando mi capitano tra le mani romanzi pubblicati nei primi anni sessanta. Quale giudizio ne è uscito fuori? Meglio ancora, cosa ne è stato dell’autore e della sua carriera letteraria.
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