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CLASSICI

Alfredo Ronci

Ha raccontato la morte: “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati.

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Per una volta tanto diamo la parola all’autore del libro: … Dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti, ed era un lavoro piuttosto pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni e io mi chiedevo se sarebbe andata avanti sempre così, se le speranze i sogni inevitabili quando si è giovani, si sarebbero atrofizzati a poco a poco, se la grande occasione sarebbe venuta o no, e intorno a me vedevo uomini, alcuni della mia età altri molto più anziani, i quali andavano, andavano, trasportati dallo stesso fiume lento e mi domandavo se anch’io un giorno non mi sarei trovato nelle stesse condizioni dei colleghi dai capelli bianchi già alla vigilia della pensione, colleghi oscuri che non avrebbero lasciato dietro di sé che un pallido ricordo destinato presto a svanire.
(…) l’ambiente militare, specificatamente quello di una fortezza al confine, mi offriva due grandi vantaggi. Primo quello di esemplificare il tema della speranza e della vita, che passa inutilmente, con una maggiore evidenza perché la disciplina e le regole militari erano assai più lineari, rigide e inesorabili di quelle instaurate in una redazione giornalistica. Pensavo insomma, che, in un ambiente militare, la mia storia avrebbe potuto acquistare persino una forza di allegoria riguardante tutti gli uomini. Secondo motivo, il fatto che la vita militare corrispondeva alla mia natura. Mi era bastato il normale servizio di allievo ufficiale e sottotenente di complemento, adesso non mi ricordo esattamente, ma dovevano essere stati non più di sedici mesi, per sentirmi attratto profondamente, e per assimilare, credo, fino in fondo, lo spirito di quel mondo che oggi sembra così sconsiderato.
La trama de Il deserto dei Tartari è questa: Giovanni Drogo, tenente di prima nomina è destinato a raggiungere Forte Bastiani. La fortezza, enorme, gialla, situata ai limiti del deserto, una volta regno di mitici nemici, i Tartari, lo accoglie con la sua misteriosa tetraggine. In questo spazio enorme ma di scandita solitudine, il tenente, contaminato da un clima di avidità e di gloria, sembra, anno dopo anno, lasciarsi contaminare. E in attesa di una guerra e di uno scontro che sembra ogni tanto improvvisamente avvicinarsi per poi dileguarsi come nemici in attesa.
“Una guerra dalla parte del deserto?” “Dalla parte del deserto, probabilmente” confermò il vecchietto. “Ma chi dovrebbe venire?” “Cosa vuole che io ne sappia? Non verrà nessuno, si capisce. Ma il signor colonnello comandante ha studiato le carte, dice che ci sono ancora i Tartari, dice, un resto dell’antico esercito che scorrazza su e giù.”
Ma i soldati credono anche. Credono che da un momento all’altro saranno chiamati alle armi perché non è possibile che una fortezza del genere non sia attaccata. Ecco allora prima un cavallo, solo, solitario, che sembra essere il cavallo di un soldato ma che in realtà non lo è. Ma il soldato che credeva alla ricongiunzione con l’animale perde la vita perché non ricorda più la parola d’ordine per rientrare nella fortezza.
Ancora: all’improvviso un gruppo di soldati che viene a verificare operazioni di confine, sempre in prossimità della fortezza, è scambiato per nemici e rischia di rompere il silenzio e anche la mestizia del luogo.
I giorni erano corsi via uno dopo l’altro; soldati, che potevano essere nemici, erano comparsi un mattino ai bordi della pianura straniera, poi si erano ritirati dopo innocue operazioni confinarie.
Il tenente Drogo cerca di evitare l’idea della fine, prende anche dei giorni di licenza per andare a trovare sua madre, la sua casa con i suoi libri e la donna che per qualche tempo aveva considerato sua. Apparentemente tutto tranquillo, in realtà questa apparente speranza rinnovata verrà stroncata dall’estrema rinuncia: la morte che la dignità del soldato trasfigura in solitaria vittoria.
Facendosi forza, Giovanni raddrizza un po’ il busto, si assesta con una mano il colletto dell’uniforme, dà ancora uno sguardo fuori della finestra, una brevissima occhiata, per l’ultima sua porzione di stelle. Poi nel buio, benché nessuno lo vede, sorride.
 Il deserto dei Tartari uscirà nel 1940 inaugurando una nuova collezione diretta da Leo Longanesi, destinata a riunire le opere più significative della letteratura italiana e straniera. Al suo interno non c’è nulla che faccia pensare ad una guerra mondiale che avrebbe devastato l’Europa. Ma forse, nell’idea di una morte che si avvicina, c’è tutta la paura e il disprezzo per una Storia che avrebbe dimostrato il peggio di sé.



L’edizione da noi considerata è:

Dino Buzzati
Il deserto dei Tartari
Oscar Mondadori





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