I Classici
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La lingua rimpastata di Aldo Palazzeschi: I fratelli Cuccoli.
Sorelle Materassi era, permettetemi di dirlo, un dono di Dio, una bellezza linguistica che trovava un perfetto assemblaggio tra il fare e il contendere. Ma soprattutto era un quadro ossessivo e dinamico prima della tragedia.
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Il concreto nichilismo di J. Rodolfo Wilcock: 'La sinagoga degli iconoclasti'.
La prima edizione di quest'opera risale al 1972. E sono principalmente due i motivi per leggerla: era il libro preferito di Roberto Bolaño e ha dato il nome ad una nostra rubrica (e non mi sembra una debole motivazione). Amico di Borges, Ocampo e Bioy Casares ( diceva di loro: Questi tre nomi e queste tre persone furono la costellazione e la trinità dalla cui gravitazione, in special modo, trassi quella leggera tendenza, che si può avvertire nella mia vita e nelle mie opere, a innalzarmi, sia pur modestamente, al di sopra del mio grigio, umano livello originario) Rodolfo Wilcock nel 1957 si trasferisce definitivamente in Italia, a Roma.
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Una piccola perla di rara dolcezza: 'Le svedesi' di Silvano Ambrogi.
Chi ha conosciuto Silvano Ambrogi ne ha capitalizzato la verve ironica ed una sveltezza alla battuta più arguta e al vetriolo (una fra tutte: Mafioso: persona che dice di non esistere a persone che dicono di non conoscerlo). Lui è l'autore dei Burosauri, pièce teatrale che prendeva a cazzotti l'immane 'tragedia', quasi sempre italica, dell'ottusa, inutile e pedante burocrazia (la commedia fu ripresa più volte durante i decenni, perdendo sempre qualcosina in più, perché quel male è come certi virus, cambia secondo le stagioni, variando e peggiorando) ed è anche lo scrittore
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La letteratura come arte povera: 'I compagni sconosciuti' di Franco Lucentini.
Per correttezza devo ammettere che il titolo non è mio: nel senso che la definizione che la letteratura è un'arte povera, intuizione folgorante e che mette a tacere diatribe funeste sul futuro dell'arte del narrare, è del prefatore dell'edizione da noi considerata: Domenico Scarpa.
Intendendo con ciò l'abilità di raccontare con pochi mezzi, non perché inadeguato l'autore e il suo mestiere, ma perché proprio l'autore attua una sorta di sottrazione perché convinto dell'inutilità dello spreco.
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La pigrizia dell'uomo libero: 'Onan' di Francesco Saba Sardi.
Qui si maneggia dinamite, perché l'involucro, una volta aperto, potrebbe esplodervi in mano. O magari l'esatto contrario: ovvero, essendo materia contorta e non facilmente esplicabile, finirebbe con l'essere ignorata. Come disse Ferdinando Giannessi tanti anni fa: Non è escluso che qualche lettore, preso dal capogiro, si fermi dopo venti o trenta pagine.
Romanzo che l'autore di Sesso e Mito stringe nella tenaglia di un linguaggio deflagrante ed inusuale, avanguardistico e gergale.
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Tra 'essere poetico' ed 'essere storico': 'Conservatorio di Santa Teresa' di Romano Bilenchi.
Disse Bilenchi anni fa in occasione di un'intervista: Un romanzo deve cogliere lo spessore della vita, che è fatta di oggetti e di eventi concreti, ma anche di sogni e d'immaginazione. L'importante è cogliere quei rari momenti di turbamento, di emozione in cui l'uomo riesce ad ascoltarsi vivere, a prenderne coscienza...
Ad ascoltarsi vivere, in questo romanzo del 1940, è uno dei ragazzini più sensibili, e in qualche modo problematici, della nostra letteratura del Novecento:
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L'uomo massa e l'uomo-mostro: 'I mostri in fiore' di Giovanni Nocentini.
... sebbene le microauto, gli scooter, i cibi, il vestiario e persino i divertimenti fossero prodotti di serie, ognuno alla fin fine aveva una casa propria, un proprio tempo disponibile per cui individualmente si era migliorato. Ma ad ogni modo, in questa monotona strisciata di geometrie, il signor Lodovico avvertiva lo stesso il rischio della m-a-s-s-a unama: una catastrofe potenziale che ad un certo momento avrebbe potuto annientare via Archimede e persino l'acropoli.
Non sappiamo se Giovanni Nocentini avvertisse in quegli anni (il libro è del 1969) la lezione di Marcuse
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Un'estate dolcemente peccaminosa: 'Esame di riparazione' di Piero Spalletti.
Cantava Dalida in 'Il Venait D'avoir 18 Ans':
Il m'a dit: "j'ai envie de toi"
Il avait vu au cinéma
Le blé en herbes
Au creux d'un lit improvisé
J'ai découvert émerveillée
Un ciel superbe
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Una rivoluzionaria nel convento: 'Le ore' di Dolores Prato.
Questo libro è una testimonianza vivida di un'anima in pena. Lei è autrice essenzialmente di due storie, Giù la piazza non c'è nessuno, che racconta della sua infanzia a Treja nel Maceratese, e questo Le ore che richiama la sua esperienza nel collegio-convento delle suore della Visitazione nel Monastero di Santa Chiara, sempre a Treja. Un momento della sua vita (appena dodicenne) vissuto come una frattura insanabile: Davanti a me, in penombra, il gruppo delle educande immobili come se fossero di cartapesta. Alle mie spalle il contemporaneo rumore di opposti catorci e paletti mi disse che ero già isolata nell'altro mondo. Non soffrivo e non capivo, ero spezzata.
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'La Cazzaria' di Antonio Vignali: del cazzo e della sua cognizione.
Capolavoro ignoto del cinquecento senese, questo del Vignali, da inserire nella letteratura oscena che, allora più di oggi, arricchiva le tentazioni nazional-popolari degli eruditi più sfiziosi.
A tal punto capolavoro osceno che subito dopo l'uscita, in pochi esemplari, determinò l'allontanamento dell'autore, detto anche Arsiccio Intronato dell'Accademia degli Intronati, dalla sua città natale.
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