I Classici

Sentire “animale”: “Bestie e noi” di Eva Quajotto.
Nella collana dedicata al Novecento Italiano, nella edizione Giunti, il responsabile Enzo Siciliano dedicò, ad un certo punto, un libro scritto da Eva Quajotto. Già so la reazione dei nostri lettori: ma chi era effettivamente Eva Quajotto?

Ma quali spettri. Solo l’incanto: “Storie di spettri” di Mario Soldati.
Mario Soldati è stato un grande scrittore, a prenderla alla leggera, perché se vogliamo indagare su tutto quello che ha prodotto e fatto, altro che due paginette di questa rivista ci basterebbe.

Altro che cronache cattive: “Cronache cattive” di Ugo Facco de Lagarda.
Forse nemmeno noi ce ne siamo accorti ma, in questo preciso momento e affrontando l’analisi di questo bel libro, siamo al quarto intervento dedicato a Ugo Facco De Lagarda.

L’antiromanzo del sognatore:” “Capriccio italiano” di Edoardo Sanguineti.
Ed eccoci a parlare di Sanguineti. Personaggio per certi versi straordinario, ma anche un po’ atipico. Le sue professioni, se così vogliamo chiamarle, hanno occupato più di sessant’anni della nostra Repubblica.

L’ira del tifoso? Forse, ma no: “L’allenatore” di Salvatore Bruno.
Eccoci di nuovo ad affrontare un tema che, anche in queste nostre pagine di studio, abbiamo già affrontato anche se in maniera diversa. Si tratta di parlare di un libro che, per varie ed anche private ragioni

La fantascienza per “cortesia”: “Cancroregina” di Tommaso Landolfi.
Il libro fu terminato alla fine degli anni quaranta, ma trovò l’editore, precisamente Vallecchi, che era l’editore delle opere dello scrittore di Ronciglione, nel luglio del 1950, almeno stando a quanto ci informa la figlia. Fu quasi una sorta di choc.

Un mondo davvero irreale: “L’anno 3000 sogno di…” Paolo Mantegazza.
Spesso lo si è sentito dire per opere distanti nel tempo: chissà cosa penserebbe l’autore di fronte all’evoluzione dei giorni nostri. Certo dipende dagli anni, perché crediamo che più la distanza temporale è eccessiva e più distanti sono le percezioni tra il vecchio e il nuovo.

Scrittore o psichiatra? “Per le antiche scale” di Mario Tobino.
Tutti sono d’accordo nel dire che Per le antiche scale è il perfetto proseguo de Le libere donne di Magliano, classico anche questo e sul quale trattammo anche noi

Lo scrittore dell’esilio? “La città di Miriam” di Fulvio Tomizza.
Lo scrittore Giorgio Voghera lo definì lo scrittore dell’esilio. Ma non è soltanto questo il motivo che portò Tomizza ad avere un notevole successo in Italia

Un libro ahimé trascurato: “Era l’anno del sole quieto” di Carlo Bernari.
In uno dei suoi innumerevoli scritti dedicati alla letteratura italiana, Walter Pedullà commette un errore (lo so, è difficile ammetterlo, ma è così, per quanto non si abbia una conoscenza totale delle sue opere):
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Poco classico? “L’impazienza di Rigo” di Giancarlo Buzzi.
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Un maniaco dello stile: “Mania” di Daniele Del Giudice.
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Un “piccolo” capolavoro: “Zebio Còtal” di Giulio Cavani.
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