RECENSIONI
Reinaldo Arenas
Lo sposo del mare
Croce editore, Pag. 96 Euro 15,00
CUBA SARÀ LIBERA, IO GIÀ LO SONO. Omosessualità sotto regime comunista cubano: galera inclusa. La dolorosa e sofferta esperienza del grande Arenas, artista eretico e libertario, nemico dei regimi totalitari e del capitalismo, è stata trasfigurata nei versi dello Sposo del mare, coraggiosamente e onestamente prefati dal professor Héctor Febles e ben tradotti dal giovane letterato Claudio Marrucci, empatico autore d'una appassionata breve biografia del poeta cubano.
Sono le poesie "più o meno corte scritte negli ultimi vent'anni", scriveva Arenas nel prologo; "ispirazioni furiosamente cronometrate da chi ha vissuto sotto successivi imbarbarimenti": quello della tirannide di Batista, quello della tirannide di Castro, quello, infine, del turbocapitalismo e della peste del Novecento, l'AIDS. Arenas è uno che ha vissuto tutto questo, e si pente solo di quello che non ha fatto. Come insegna Antonio Veneziani, ultimo maestro della Scuola Romana, Il sesso lo danna e lo consuma eppure è sempre il sesso ad innalzarlo alla poesia. In lui la carne si santifica e la pelle si fa trama dell'animo (pag. 93). Non si poteva dire meglio.
Héctor Febles ricorda cosa significasse la censura politica nell'isola castrista: essa permeava l'intero spettro culturale dell'isola, e qualsiasi persona poteva essere denunciata, anche solo per avere in casa un disco con la 'musica reazionaria' dei Beatles, al tempo esclusi dalla programmazione radiofonica e televisiva (pag. 6). Ma non ci si limitava a decidere cosa fosse comunista e cosa no nella musica e nella letteratura: il sesso era altrettanto importante. Gay e lesbiche finivano nei campi di lavoro: la sigla di questi gulag era "UMAP", cioè "Unita Mobili di Aiuto alla Produzione". Ne parlava Vieira in Il lavoro vi farà uomini. Omosessuali e dissidenti nei gulag di Castro (Cargo, 2005), un libro poco letto dai fautori della storia creativa, appassionati della "fantasia roja". Peccato: aiuterebbe tutti a capire da che parte stare, a meno di non voler diventare strumenti dell'infamia e della malvagità.
In sintesi, e tornando sul piano individuale: cosa combinarono ad Arenas? Sospettato di "deviazioni sessuali", fu condannato a due anni di galera per "circonvenzione di minore" (un trentacinquenne, orso) ed escluso dai circoli letterari; impossibilitato a pubblicare e a emigrare, si ritrovò a fuggire (assieme a decine di migliaia di "indesiderati", gay e lesbiche in primis) alla volta degli States. E lì comincio una nuova vita. Lontano – per sempre – dalla sua terra, dalla sua patria, dalla sua gente. È storia.
Veniamo ai versi. Politici e polemici, come in "Contributi": quando ricorda che Marx non venne mai spiato, non venne mai costretto a ritrattare, non venne mai circondato da spie, non venne mai rapato a zero, non venne mai accusato di amicizia immorale con Engels, non venne mai costretto a restare immobile nel suo Paese. Ma quella era preistoria. Atroce, la satira politica, quando racconta del cittadino Nelson Rodriguez, confinato in un campo di concentramento per sette anni, liberato, fuggito e infine catturato e fucilato: Ha lasciato un libro sulla sua esperienza di forzato, ma è stato fatto sparire dalle autorità cubane (pag. 70). Così.
Oppure, come in "Epigramma", laddove ricorda la sorte di un milione di bambini condannati a essere schiavi agrari con la scusa sinistra della "Scuola del campo": rasati e marchiati, ingabbiati, imbavagliati e affamati; o ancora come in "Volontà di vivere manifestandosi", espressione d'una sensazione d'esser stato cannibalizzato, sepolto vivo: Hanno danzato sul mio corpo / Hanno spianato per bene il suolo, latra.
Favolosa la schiettezza con cui si prende gioco degli intellettuali comunisti nelle nazioni democratiche: un esempio su tutti: Stronzetto bianco, ammiri le vaste piantagioni collettive (kolkov o fattorie del popolo?) dove i ragazzi non hanno tempo di pensare o sognare, però rimani qua nel tuo spazioso studio refrigerato, armoniosamente invaso da piante ornamentali, che si fondono insieme alla biblioteca ben fornita dove il manifesto 'Il futuro appartiene al comunismo' domina la vista ("Stronzetto bianco", pag. 76-77). Mi sembra una lamentela sensata, da parte di chi ha rischiato di crepare sotto un regime futuro come quello sognato dall'intellettuale americano marxista.
Sono versi nostalgici, come in "Sinfonia", spezzati da squarci elegiaci (Vedo il sole che impregna di stupore le mie dita) e da allucinazioni solari (Il mio sposo il mare mi farà tornare il bambino che sono stato / sotto i boschi e il sole / o con un sussurro cullerà le mie ossa / [...] Il mio sposo il mare con le sue labbra calde / mi sveglierà da questo lungo sogno / o in un sussurro ingoierà le mie ossa (pag. 65); oppure, come in "L'autunno mi regala una foglia", quando canta d'una foglia bianca di carta, patria infinita dell'esiliato / dove tutte le furie si scatenano.
La prima - la più splendida - è quella dell'amore.
di Gianfranco Franchi
Sono le poesie "più o meno corte scritte negli ultimi vent'anni", scriveva Arenas nel prologo; "ispirazioni furiosamente cronometrate da chi ha vissuto sotto successivi imbarbarimenti": quello della tirannide di Batista, quello della tirannide di Castro, quello, infine, del turbocapitalismo e della peste del Novecento, l'AIDS. Arenas è uno che ha vissuto tutto questo, e si pente solo di quello che non ha fatto. Come insegna Antonio Veneziani, ultimo maestro della Scuola Romana, Il sesso lo danna e lo consuma eppure è sempre il sesso ad innalzarlo alla poesia. In lui la carne si santifica e la pelle si fa trama dell'animo (pag. 93). Non si poteva dire meglio.
Héctor Febles ricorda cosa significasse la censura politica nell'isola castrista: essa permeava l'intero spettro culturale dell'isola, e qualsiasi persona poteva essere denunciata, anche solo per avere in casa un disco con la 'musica reazionaria' dei Beatles, al tempo esclusi dalla programmazione radiofonica e televisiva (pag. 6). Ma non ci si limitava a decidere cosa fosse comunista e cosa no nella musica e nella letteratura: il sesso era altrettanto importante. Gay e lesbiche finivano nei campi di lavoro: la sigla di questi gulag era "UMAP", cioè "Unita Mobili di Aiuto alla Produzione". Ne parlava Vieira in Il lavoro vi farà uomini. Omosessuali e dissidenti nei gulag di Castro (Cargo, 2005), un libro poco letto dai fautori della storia creativa, appassionati della "fantasia roja". Peccato: aiuterebbe tutti a capire da che parte stare, a meno di non voler diventare strumenti dell'infamia e della malvagità.
In sintesi, e tornando sul piano individuale: cosa combinarono ad Arenas? Sospettato di "deviazioni sessuali", fu condannato a due anni di galera per "circonvenzione di minore" (un trentacinquenne, orso) ed escluso dai circoli letterari; impossibilitato a pubblicare e a emigrare, si ritrovò a fuggire (assieme a decine di migliaia di "indesiderati", gay e lesbiche in primis) alla volta degli States. E lì comincio una nuova vita. Lontano – per sempre – dalla sua terra, dalla sua patria, dalla sua gente. È storia.
Veniamo ai versi. Politici e polemici, come in "Contributi": quando ricorda che Marx non venne mai spiato, non venne mai costretto a ritrattare, non venne mai circondato da spie, non venne mai rapato a zero, non venne mai accusato di amicizia immorale con Engels, non venne mai costretto a restare immobile nel suo Paese. Ma quella era preistoria. Atroce, la satira politica, quando racconta del cittadino Nelson Rodriguez, confinato in un campo di concentramento per sette anni, liberato, fuggito e infine catturato e fucilato: Ha lasciato un libro sulla sua esperienza di forzato, ma è stato fatto sparire dalle autorità cubane (pag. 70). Così.
Oppure, come in "Epigramma", laddove ricorda la sorte di un milione di bambini condannati a essere schiavi agrari con la scusa sinistra della "Scuola del campo": rasati e marchiati, ingabbiati, imbavagliati e affamati; o ancora come in "Volontà di vivere manifestandosi", espressione d'una sensazione d'esser stato cannibalizzato, sepolto vivo: Hanno danzato sul mio corpo / Hanno spianato per bene il suolo, latra.
Favolosa la schiettezza con cui si prende gioco degli intellettuali comunisti nelle nazioni democratiche: un esempio su tutti: Stronzetto bianco, ammiri le vaste piantagioni collettive (kolkov o fattorie del popolo?) dove i ragazzi non hanno tempo di pensare o sognare, però rimani qua nel tuo spazioso studio refrigerato, armoniosamente invaso da piante ornamentali, che si fondono insieme alla biblioteca ben fornita dove il manifesto 'Il futuro appartiene al comunismo' domina la vista ("Stronzetto bianco", pag. 76-77). Mi sembra una lamentela sensata, da parte di chi ha rischiato di crepare sotto un regime futuro come quello sognato dall'intellettuale americano marxista.
Sono versi nostalgici, come in "Sinfonia", spezzati da squarci elegiaci (Vedo il sole che impregna di stupore le mie dita) e da allucinazioni solari (Il mio sposo il mare mi farà tornare il bambino che sono stato / sotto i boschi e il sole / o con un sussurro cullerà le mie ossa / [...] Il mio sposo il mare con le sue labbra calde / mi sveglierà da questo lungo sogno / o in un sussurro ingoierà le mie ossa (pag. 65); oppure, come in "L'autunno mi regala una foglia", quando canta d'una foglia bianca di carta, patria infinita dell'esiliato / dove tutte le furie si scatenano.
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Socrates edizioni, Pag. 119 Euro 10,00Otto racconti postumi: confessioni di un omosessuale cubano, suicida in esilio per la disperazione d'aver contratto l'AIDS, una vita letteraria caratterizzata da disillusione assoluta – non soltanto sulla natura del regime cubano: sull'essenza del genere umano – e da una scrittura quando consolatoria, quando fertile pioggia nella terra arida d'una persona ferita. Arenas sembra avere nostalgia di tutto: della perduta patria, e del sogno della democrazia; dell'illusione gentile dell'uguaglianza, e della possibilità della libertà; e della menzogna della bontà della specie umana. La menzogna più bella e falsa della storia.
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