RECENSIONI
Patricia Highsmith
Carol
Einaudi, Traduzione di Hilia Brinis, Pag. 284 Euro 10,00
Se non fosse per il cinema la nostra povera Highsmith sarebbe solo un vago ricordo per le anime più gentili di questo mondo in rovina.
Lasciamo stare le disavventure di Ripley (con qualche presenza italiota, giusto per non confondere), lasciamo stare Acque profonde, che fu un signor film con tanto di talenti francesi (lo ricordate Trintignant?), ma questo Carol non ce lo saremmo aspettato, nemmeno noi italiani, acculturati e catturati dalle stepchild adoption.
Dice la Highsmith: Nel mio romanzo, la giovane protagonista, Therese, potrà anche apparire una timida “violetta”, ma quelli erano tempi in cui i bar dei gay erano una porta buia in qualche recesso di Manhattan, e chi voleva andare in un certo bar scendeva dalla metropolitana una stazione prima o dopo quella voluta, per tema che lo sospettassero d’essere omosessuale.
Vero, anzi verissimo. In più si consideri che gli anni proposti dalla Highsmith sono fine quaranta, inizi cinquanta, e non c’era paese al mondo in grado di sopportare uno spettacolo del genere.
La trama è presto detta: Therese, diciannove anni, s’innamora di una donna, Carol, durante un lavoro temporaneo in un grande magazzino durante il periodo natalizio. Questo rapporto, contraccambiato, mette a rischio la vita di Carol, perché il marito le impedisce di vedere la giovane figlia.
Dice ancora la Highsmith: L’interesse di Carol stava nel fatto che i due personaggi principali arrivavano a un lieto fine, o almeno al tentativo di avere un futuro insieme. In precedenza, nei romanzi americani gli omosessuali, maschi e femmine, avevano dovuto pagare il fio della loro deviazione col tagliarsi le vene, con l’annegarsi in un piscina, oppure col passare all’eterosessualità (così veniva affermato), o col precipitare – soli, infelici e messi al bando – in una depressione che equivaleva a un inferno sulla terra.
Ebbene sì, Carol, il romanzo della scrittrice americana Patricia Highsmith, scritto nel 1949, subito dopo lo straordinario successo di Sconosciuti in treno (ancora un film, con la regia di Alfred Hickcock) ha un finale, se mi si può passare il termine, sereno.
Ed il risultato, al di là di ogni altra considerazione, è rivoluzionario.
… mentre Therese ne osservava il lento sorriso allargarsi, prima che il suo braccio si alzasse all’improvviso, che la sua mano si agitasse in un rapido, entusiastico saluto che Therese non aveva mai visto prima. Therese mosse verso di lei.
di Alfredo Ronci
Lasciamo stare le disavventure di Ripley (con qualche presenza italiota, giusto per non confondere), lasciamo stare Acque profonde, che fu un signor film con tanto di talenti francesi (lo ricordate Trintignant?), ma questo Carol non ce lo saremmo aspettato, nemmeno noi italiani, acculturati e catturati dalle stepchild adoption.
Dice la Highsmith: Nel mio romanzo, la giovane protagonista, Therese, potrà anche apparire una timida “violetta”, ma quelli erano tempi in cui i bar dei gay erano una porta buia in qualche recesso di Manhattan, e chi voleva andare in un certo bar scendeva dalla metropolitana una stazione prima o dopo quella voluta, per tema che lo sospettassero d’essere omosessuale.
Vero, anzi verissimo. In più si consideri che gli anni proposti dalla Highsmith sono fine quaranta, inizi cinquanta, e non c’era paese al mondo in grado di sopportare uno spettacolo del genere.
La trama è presto detta: Therese, diciannove anni, s’innamora di una donna, Carol, durante un lavoro temporaneo in un grande magazzino durante il periodo natalizio. Questo rapporto, contraccambiato, mette a rischio la vita di Carol, perché il marito le impedisce di vedere la giovane figlia.
Dice ancora la Highsmith: L’interesse di Carol stava nel fatto che i due personaggi principali arrivavano a un lieto fine, o almeno al tentativo di avere un futuro insieme. In precedenza, nei romanzi americani gli omosessuali, maschi e femmine, avevano dovuto pagare il fio della loro deviazione col tagliarsi le vene, con l’annegarsi in un piscina, oppure col passare all’eterosessualità (così veniva affermato), o col precipitare – soli, infelici e messi al bando – in una depressione che equivaleva a un inferno sulla terra.
Ebbene sì, Carol, il romanzo della scrittrice americana Patricia Highsmith, scritto nel 1949, subito dopo lo straordinario successo di Sconosciuti in treno (ancora un film, con la regia di Alfred Hickcock) ha un finale, se mi si può passare il termine, sereno.
Ed il risultato, al di là di ogni altra considerazione, è rivoluzionario.
… mentre Therese ne osservava il lento sorriso allargarsi, prima che il suo braccio si alzasse all’improvviso, che la sua mano si agitasse in un rapido, entusiastico saluto che Therese non aveva mai visto prima. Therese mosse verso di lei.
di Alfredo Ronci
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