RECENSIONI
Kazimierz Moczarski
Conversazioni con il boia
Bollati Boringhieri, Pag.440 Euro 20,00
Un comandante partigiano polacco appartenente alle formazioni non comuniste, e per questo rinchiuso dopo la guerra in una prigione e condannato a morte, condivise per 55 giorni (dal 2 marzo all'11 novembre 1949) la cella con due nazisti, uno dei quali. Jurgen Stroop, tra i più efferati carnefici del Reich e responsabile del genocidio del ghetto di Varsavia dove perirono più di settantamila ebrei. Militare, incarnazione della banalità del male come avrebbe detto la Arendt, che considerava la precedente esperienza weimariana una fetida palude e che lo stesso Moczarski nel descrivere la termitica adesione del personaggio alla folle ideologia, con una efficace metafora tratteggiò cosi: nel 1932 Stroop acquisì lo stile nazionalsocialista. Mandava giù pillole del vangelo nazista strozzandosi di piacere come un fox-terrier alle prese con un osso di pollo (pag.63).
Quando considero un libro di fondamentale importanza uso sempre una formula: andrebbe adottato nelle scuole. Allora mi ripeto: questo è il resoconto drammatico di un boia nazista che andrebbe letto e studiato come testo di storia per capire i meccanismi del potere, dei suoi abusi e soprattutto delle sue 'deviazioni' immorali ed efferate.
Andrebbe letto anche per restituire rilevanza ad un popolo, quello ebraico, e soprattutto ad una popolazione, quella del ghetto di Varsavia, che dopo una strenua difesa che durò dal 19 aprile al 15 maggio del '43, quindi quasi un mese, capitolò e consegnò una parte della città alla furia nazista.
La Storia, e le immagini che l'accompagnano e che siamo abituati a vedere nelle ricostruzioni televisive e cinematografiche, spesso danno un'idea falsa e distorta degli avvenimenti. Così come l'avvento e il potere di Hitler non ebbe un riscontro plebiscitario (pensiamo all'eliminazione delle SA, all'opposizione degli universitari berlinesi, all'attentato allo stesso Hitler con un'azione già da tempo pensata ed organizzata, a testimonianza di una protesta già marcata, al generale Hammerstein, figura rilevante nel panorama politico tedesco, recentemente 'riconsegnato' alla storia da un bel saggio di Hans Magnus Enzensberger) così le sgranate sequenze del rastrellamento del ghetto di Varsavia che spesso vediamo in tv danno un'immagine non veritiera di quel che è veramente successo. La donna bastonata da una guardia nazista o la fila di bambini per essere caricati sui camion e destinati ai campi di concentramento sono solo un segmento (anche se terribile ed incancellabile) della soffertà dignità di un intero popolo che non fu mai acquiescente, tanto meno demotivato nella lotta contro gli invasori. Quello che il ghetto ebreo portò avanti fu una vera e propria resistenza al nemico. Una battaglia per la libertà e la sopravvivenza di una genìa.
Conversazioni col boia parla soprattutto di questo e di come l'uccisione di migliaia di innocenti, oltre che un'inspiegabile (anche se non del tutto) deriva ideologica, rappresentò il punto più 'alto' della disumanizzazione del potere.
Spiace (ed è un eufemismo) vedere ora come un popolo che ha subìto un vero e proprio genocidio proceda alla realizzazione di un altro. Ma questo, forse, è un altro discorso.
L'autore del libro in questione subì anche lui la prigione, ma per opposte ragioni, perché quando la Russia occupò la Polonia dopo la resa dei Reich, considerava oppositori tutti quelli che non erano comunisti. Per questo Moczarski fu condannato a morte. Condanna che per fortuna non fu mai eseguita. Gli dobbiamo dunque una preziosa testimonianza letteraria e storica ed un'altrettanta preziosa testimonianza di coerenza. Di questi tempi...
di Alfredo Ronci
Quando considero un libro di fondamentale importanza uso sempre una formula: andrebbe adottato nelle scuole. Allora mi ripeto: questo è il resoconto drammatico di un boia nazista che andrebbe letto e studiato come testo di storia per capire i meccanismi del potere, dei suoi abusi e soprattutto delle sue 'deviazioni' immorali ed efferate.
Andrebbe letto anche per restituire rilevanza ad un popolo, quello ebraico, e soprattutto ad una popolazione, quella del ghetto di Varsavia, che dopo una strenua difesa che durò dal 19 aprile al 15 maggio del '43, quindi quasi un mese, capitolò e consegnò una parte della città alla furia nazista.
La Storia, e le immagini che l'accompagnano e che siamo abituati a vedere nelle ricostruzioni televisive e cinematografiche, spesso danno un'idea falsa e distorta degli avvenimenti. Così come l'avvento e il potere di Hitler non ebbe un riscontro plebiscitario (pensiamo all'eliminazione delle SA, all'opposizione degli universitari berlinesi, all'attentato allo stesso Hitler con un'azione già da tempo pensata ed organizzata, a testimonianza di una protesta già marcata, al generale Hammerstein, figura rilevante nel panorama politico tedesco, recentemente 'riconsegnato' alla storia da un bel saggio di Hans Magnus Enzensberger) così le sgranate sequenze del rastrellamento del ghetto di Varsavia che spesso vediamo in tv danno un'immagine non veritiera di quel che è veramente successo. La donna bastonata da una guardia nazista o la fila di bambini per essere caricati sui camion e destinati ai campi di concentramento sono solo un segmento (anche se terribile ed incancellabile) della soffertà dignità di un intero popolo che non fu mai acquiescente, tanto meno demotivato nella lotta contro gli invasori. Quello che il ghetto ebreo portò avanti fu una vera e propria resistenza al nemico. Una battaglia per la libertà e la sopravvivenza di una genìa.
Conversazioni col boia parla soprattutto di questo e di come l'uccisione di migliaia di innocenti, oltre che un'inspiegabile (anche se non del tutto) deriva ideologica, rappresentò il punto più 'alto' della disumanizzazione del potere.
Spiace (ed è un eufemismo) vedere ora come un popolo che ha subìto un vero e proprio genocidio proceda alla realizzazione di un altro. Ma questo, forse, è un altro discorso.
L'autore del libro in questione subì anche lui la prigione, ma per opposte ragioni, perché quando la Russia occupò la Polonia dopo la resa dei Reich, considerava oppositori tutti quelli che non erano comunisti. Per questo Moczarski fu condannato a morte. Condanna che per fortuna non fu mai eseguita. Gli dobbiamo dunque una preziosa testimonianza letteraria e storica ed un'altrettanta preziosa testimonianza di coerenza. Di questi tempi...
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