CLASSICI
Alfredo Ronci
Delle due: l’una o l’altra? “Pao Pao” di Pier Vittorio Tondelli.

				L’una.
Ancora oggi ci si chiede il perché dell’enorme successo di uno scrittore come Tondelli. E a questa domanda le risposte potrebbero essere molte, ma forse non sbagliamo se a indicare il responso metteremmo in mezzo la situazione della giovinezza italiana. Fa ridere, lo so, usare una parola come giovinezza, anche perché il successo dello scrittore di Correggio andò certamente oltre il conteggio degli anni dei lettori. Ma qualcosa di vero c’è, e forse non solo qualcosa.
Lo abbiamo visto nel successo di un libro come Ragazzi che amano i ragazzi di Piergiorgio Paterlini. Nella dirittura morale delle storie aperte e sincere moltissimi hanno ritrovato uno spirito e un’adesione che forse (o quasi sicuramente) non avevano trovato in altri volumi. Così è stato per Tondelli e soprattutto per suoi due primi libri (attenzione: se cercate gli originali nei vari siti libreschi potreste ritrovarvi a sganciare parecchi quattrini) Altri libertini e questo Pao Pao.
Cosa avevano di particolarmente interessante questi due scritti da coinvolgere migliaia di ragazzi (come prima: non solo)? E soprattutto, eravamo di fronte ad una scrittura e ad uno stile che nel corso del tempo avrebbe fatto la differenza?
Cose del genere, nella narrativa italiana, erano già successe. Non parlo degli amori incandescenti, ma nascosti, di Comisso o a quelli di una periferia povera e mortale di Pasolini. Mi riferisco di più a situazioni che avrebbero portato molti ad una identificazione più immediata. Penso, per esempio a Il soldato nudo di Gian Piero Bona o a quelle meno violente e malate di Giuseppe Patroni Griffi (Gli occhi giovani) (escludo in questa sintesi Aldo Busi, che meriterebbe altra spiegazione). Certo, ma gli avvenimenti erano anche accompagnati da una posizione intellettuale che in Tondelli mancava quasi del tutto. E poi nella composizione di quest’ultimo c’era il linguaggio, una sorta di portabandiera che era anche il simbolo d’intere generazioni. Tipo: Mi riprendo così un po’ del mio self sbrodato e annacquato, lo asciugo nelle lunghe passeggiate solitarie, lo distendo al sole caldo negli scorci delle piazze, lo curo, lo secco, lo allargo e lo espando... oppure… Eppoi le tre caravelle che son checchine pigmee sui sedici-diciotto e girano attorno al basamento cinguettando l’hit-parade come coniglie e spruzzando nebbie di odiosissimo Christian Dior e sempre pigolano e starnazzano e slumano invidiosissime queste Longuettes che siam noi due.
Una perfetta, ma non violenta, rivoluzione che avrebbe educato decine e decine di nuovi autori e che avrebbe portato l’autore a essere anche il capostipite di un nuovo modo di vedere gli altri e la contemporaneità.
L’altra.
Ancora oggi ci si chiede il perché dell’enorme successo di uno scrittore come Tondelli. E francamente non lo si capisce. Trovo lo scrittore profondamente banale e a volte anche irritante. Certo, dobbiamo anche considerare i tempi della scrittura e i tempi veri e propri quelli in cui una tematica come l’omosessualità era considerata se si consideravano i classici, altrimenti, e non venitemi a dire che non era vero, e usando anche un termine non narrativamente adeguato, nisba.
Erano gli anni ottanta, e se da una parte c’era appunto Tondelli, esempio di una gioventù certo vissuta, ma all’acqua di rose (lo so, parliamo di omosessualità, ma sempre delicata e mai esagerata) dall’altra, in un paese come il nostro che di scrittori di un certo tipo ce n’erano pochi, si erge (il verbo va benissimo) la statura molto più elevata di Aldo Busi (una domanda a questo punto me la pongo, anche perché non so dare una risposta: perché Busi è letto più dalle donne, soprattutto etero, che non dai maschi, questi sì omosessuali?).
Non voglio assolutamente fare paragoni (in realtà sì) ma né Altri libertini, né tantomeno Pao Pao possono assolutamente competere con la prima opera dello scrittore di Montichiari: Seminario sulla gioventù. Le differenze, stilistiche quelle sì, ma anche e soprattutto di contenuti, son del tutto diverse e sono più che sufficienti per stabilire una sorta di Parnaso intellettuale.
Dunque non me ne vogliano gli ammiratori di Tondelli, ma oltre una certa rispondenza giovanilistica con le problematiche del tempo non vedo altro.
P.S. Per me le due analisi l’istesso sono.
L’edizione da noi considerata è:
Pier Vittorio Tondelli
Pao Pao
Feltrinelli
		
	Ancora oggi ci si chiede il perché dell’enorme successo di uno scrittore come Tondelli. E a questa domanda le risposte potrebbero essere molte, ma forse non sbagliamo se a indicare il responso metteremmo in mezzo la situazione della giovinezza italiana. Fa ridere, lo so, usare una parola come giovinezza, anche perché il successo dello scrittore di Correggio andò certamente oltre il conteggio degli anni dei lettori. Ma qualcosa di vero c’è, e forse non solo qualcosa.
Lo abbiamo visto nel successo di un libro come Ragazzi che amano i ragazzi di Piergiorgio Paterlini. Nella dirittura morale delle storie aperte e sincere moltissimi hanno ritrovato uno spirito e un’adesione che forse (o quasi sicuramente) non avevano trovato in altri volumi. Così è stato per Tondelli e soprattutto per suoi due primi libri (attenzione: se cercate gli originali nei vari siti libreschi potreste ritrovarvi a sganciare parecchi quattrini) Altri libertini e questo Pao Pao.
Cosa avevano di particolarmente interessante questi due scritti da coinvolgere migliaia di ragazzi (come prima: non solo)? E soprattutto, eravamo di fronte ad una scrittura e ad uno stile che nel corso del tempo avrebbe fatto la differenza?
Cose del genere, nella narrativa italiana, erano già successe. Non parlo degli amori incandescenti, ma nascosti, di Comisso o a quelli di una periferia povera e mortale di Pasolini. Mi riferisco di più a situazioni che avrebbero portato molti ad una identificazione più immediata. Penso, per esempio a Il soldato nudo di Gian Piero Bona o a quelle meno violente e malate di Giuseppe Patroni Griffi (Gli occhi giovani) (escludo in questa sintesi Aldo Busi, che meriterebbe altra spiegazione). Certo, ma gli avvenimenti erano anche accompagnati da una posizione intellettuale che in Tondelli mancava quasi del tutto. E poi nella composizione di quest’ultimo c’era il linguaggio, una sorta di portabandiera che era anche il simbolo d’intere generazioni. Tipo: Mi riprendo così un po’ del mio self sbrodato e annacquato, lo asciugo nelle lunghe passeggiate solitarie, lo distendo al sole caldo negli scorci delle piazze, lo curo, lo secco, lo allargo e lo espando... oppure… Eppoi le tre caravelle che son checchine pigmee sui sedici-diciotto e girano attorno al basamento cinguettando l’hit-parade come coniglie e spruzzando nebbie di odiosissimo Christian Dior e sempre pigolano e starnazzano e slumano invidiosissime queste Longuettes che siam noi due.
Una perfetta, ma non violenta, rivoluzione che avrebbe educato decine e decine di nuovi autori e che avrebbe portato l’autore a essere anche il capostipite di un nuovo modo di vedere gli altri e la contemporaneità.
L’altra.
Ancora oggi ci si chiede il perché dell’enorme successo di uno scrittore come Tondelli. E francamente non lo si capisce. Trovo lo scrittore profondamente banale e a volte anche irritante. Certo, dobbiamo anche considerare i tempi della scrittura e i tempi veri e propri quelli in cui una tematica come l’omosessualità era considerata se si consideravano i classici, altrimenti, e non venitemi a dire che non era vero, e usando anche un termine non narrativamente adeguato, nisba.
Erano gli anni ottanta, e se da una parte c’era appunto Tondelli, esempio di una gioventù certo vissuta, ma all’acqua di rose (lo so, parliamo di omosessualità, ma sempre delicata e mai esagerata) dall’altra, in un paese come il nostro che di scrittori di un certo tipo ce n’erano pochi, si erge (il verbo va benissimo) la statura molto più elevata di Aldo Busi (una domanda a questo punto me la pongo, anche perché non so dare una risposta: perché Busi è letto più dalle donne, soprattutto etero, che non dai maschi, questi sì omosessuali?).
Non voglio assolutamente fare paragoni (in realtà sì) ma né Altri libertini, né tantomeno Pao Pao possono assolutamente competere con la prima opera dello scrittore di Montichiari: Seminario sulla gioventù. Le differenze, stilistiche quelle sì, ma anche e soprattutto di contenuti, son del tutto diverse e sono più che sufficienti per stabilire una sorta di Parnaso intellettuale.
Dunque non me ne vogliano gli ammiratori di Tondelli, ma oltre una certa rispondenza giovanilistica con le problematiche del tempo non vedo altro.
P.S. Per me le due analisi l’istesso sono.
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