RECENSIONI
Alan Hollinghurst
Il figlio dello sconosciuto
Mondadori, Pag. 472 Euro 22,00
Romanzo corposo, di struttura per alcuni aspetti ottocentesca, quello di Alan Hollinghurst racconta la storia di Cecil Valance, poeta fascinoso, non sai se più torbido o beffardo, che nel 1913 viene ospitato presso i Sawle del suo amico George.
Sono solo tre giorni nella tenuta "Due Acri", un microcosmo spazio-temporale che però marchierà a fuoco e fatalmente il futuro di una storia complessa, disegno costruito in un'amplissima cornice storica. Da quei tre giorni fatali George dovrà condividere dentro una mappa di silenzi, menzogne, equivoci, illusioni drammatiche l'attrazione per Cecil con la giovane sorella Daphne.
Il compito di ricostruire decenni dopo la mappa originaria dei fatti e dei sentimenti a essi legati sarà affidato a diversi studiosi, impegnati intorno alla figura di un poeta che forse non è stato un grande artista della parola ma piuttosto il sintomo di un'epoca. Perché Cecil col suo atteggiamento ambiguo, un po' misterioso, sarà l'autore di alcuni versi che sembrano raccogliere i valori essenziali della generazione cui appartiene, quella che vedrà non pochi giovani morire in guerra, esattamente come lui. Ci sono le condizioni dunque per la fabbricazione del mito.
Dicevamo l'Ottocento. Cecil ne è un rappresentante a suo modo tipico; la sua incursione nella famiglia di George e Daphne, nella loro casa con giardino, recupera modelli anglosassoni classici; i personaggi che si delineano come individui e come parte di una famiglia "ognuna infelice a modo suo"; e ancora, il paesaggio come parte integrante della percezione emotiva del mondo, in un'accezione che può ben dirsi romantica.
Ora, se il romanzo all'inizio soffre di una scrittura incaricata di ridare il tono, il clima di un periodo prolungato con i suoi drammi fra norma e infrazione, "ragione e sentimento", e dunque non riesce a non scivolare talvolta in un sentimentalismo che la consapevolezza letteraria dell'autore non può o forse non vuole evitare, la prosa con le sezioni successive si asciuga quel che basta per rendere il passaggio a un altro tempo. Il Tempo non è concetto accidentale nel romanzo – lo sa ogni bravo scrittore, ma qui Hollinghurst lo tematizza attraverso la ricostruzione che biografi e critici provano a fare della vita di Cecil. Pochi versi che Daphne all'inizio della storia ha creduto fossero stati scritti per lei, e benché non memorabili abbastanza significativi da catapultare il suo autore in un Olimpo di immortali. Nel modo in cui cambia la lettura dell'esperienza del poeta da parte degli ermeneuti – negli stessi scarti biografici ammessi alle cronache o elusi per pruderie - è evidente il cambiamento di una storia culturale complessiva dell'Inghilterra. Il libro trova qui le sue ragioni più interessanti.
di Michele Lupo
Sono solo tre giorni nella tenuta "Due Acri", un microcosmo spazio-temporale che però marchierà a fuoco e fatalmente il futuro di una storia complessa, disegno costruito in un'amplissima cornice storica. Da quei tre giorni fatali George dovrà condividere dentro una mappa di silenzi, menzogne, equivoci, illusioni drammatiche l'attrazione per Cecil con la giovane sorella Daphne.
Il compito di ricostruire decenni dopo la mappa originaria dei fatti e dei sentimenti a essi legati sarà affidato a diversi studiosi, impegnati intorno alla figura di un poeta che forse non è stato un grande artista della parola ma piuttosto il sintomo di un'epoca. Perché Cecil col suo atteggiamento ambiguo, un po' misterioso, sarà l'autore di alcuni versi che sembrano raccogliere i valori essenziali della generazione cui appartiene, quella che vedrà non pochi giovani morire in guerra, esattamente come lui. Ci sono le condizioni dunque per la fabbricazione del mito.
Dicevamo l'Ottocento. Cecil ne è un rappresentante a suo modo tipico; la sua incursione nella famiglia di George e Daphne, nella loro casa con giardino, recupera modelli anglosassoni classici; i personaggi che si delineano come individui e come parte di una famiglia "ognuna infelice a modo suo"; e ancora, il paesaggio come parte integrante della percezione emotiva del mondo, in un'accezione che può ben dirsi romantica.
Ora, se il romanzo all'inizio soffre di una scrittura incaricata di ridare il tono, il clima di un periodo prolungato con i suoi drammi fra norma e infrazione, "ragione e sentimento", e dunque non riesce a non scivolare talvolta in un sentimentalismo che la consapevolezza letteraria dell'autore non può o forse non vuole evitare, la prosa con le sezioni successive si asciuga quel che basta per rendere il passaggio a un altro tempo. Il Tempo non è concetto accidentale nel romanzo – lo sa ogni bravo scrittore, ma qui Hollinghurst lo tematizza attraverso la ricostruzione che biografi e critici provano a fare della vita di Cecil. Pochi versi che Daphne all'inizio della storia ha creduto fossero stati scritti per lei, e benché non memorabili abbastanza significativi da catapultare il suo autore in un Olimpo di immortali. Nel modo in cui cambia la lettura dell'esperienza del poeta da parte degli ermeneuti – negli stessi scarti biografici ammessi alle cronache o elusi per pruderie - è evidente il cambiamento di una storia culturale complessiva dell'Inghilterra. Il libro trova qui le sue ragioni più interessanti.
di Michele Lupo
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