RECENSIONI
Carlo Toffalori
Il matematico in giallo
Guanda, Pag. 268 Euro 13,00
C'è una bellissima battuta nel film di Billy Wilder Vita privata di Sherlock Holmes con Colin Blakely e Christopher Lee. Il povero Watson rivolgendosi al famoso investigatore gli chiede:
" Sono indiscreto se le chiedo se è mai stato con una donna?"
"Sì" risponde Holmes, e Watson sospira di sollievo, ma Holmes aggiunge: "Sì, lei è indiscreto".
L'ho riportata perché credo che il meccanismo del giallo classico funzionasse allo stesso modo: si scriveva o diceva una cosa per cercar di far capire altro, ma riportando l'ordine solo in un secondo momento. Principio questo che la regina del delitto, Agatha Christie, metteva in "opra" in ogni suo mistery.
Troppo sarebbe ancora da aggiungere sulla "golden age" del genere: in questo caso ci si limita a seguire le indicazioni di Carlo Toffalori sulla presenza della letteratura scientifica (e della matematica innanzi tutto) nei romanzi polizieschi.
Materia ostica questa, per chi al liceo annaspava in continuazione nella sufficienza in zona cesarini, o addirittura reclamando una sorta di promozione (in ambito scientifico ovvio!) politica (si sa, quelli erano i giorni, parafrasando un vecchio titolo della cantante scalza Sandie Shaw).
Da Poe a Chesterton, da Conan Doyle a Rex Stout, da Ellery Queen all'Asimov "nero" tutti hanno in pratica bazzicato il campo, chi arando, chi seminando e chi limitandosi a guardare chi fatigasse di più. Ne esce alla fine un quadro curioso: Toffalori che matematico è, insegna Logica Matematica all'Università di Camerino, pur non limitandosi a dare voti (ne avrebbe avuto anche il diritto, abituato com'è!) stila comunque una classifica dei più bravi e di quelli che per far scena s'arrabbattavano sulla sostanza forse solo in nome di una macchinosità che il genere giallo dell'epoca richiedeva.
Se c'è chi usava la matematica in modo "matematicistico" (un po' come chi si professa laicista invece che laico) – vedi Ellery Queen, non del tutto ferrato (ferrati?) sull'argomento – c'è invece chi, come Philo Vance, la creatura letteraria di Van Dine, addirittura collocava la storia nell'ambiente dei ricercatori matematici e fisici di New York, per evidenziare una conoscenza più consona (L'enigma dell'Alfiere). Per non parlare dell'Asimov "noir" e non "fantascientifico" che poteva vantare una rispettabilità in campo matematico che i colleghi scrittori potevano scordarsela.
Insomma tra l'ipotesi di Format, la congettura di Goldbach, che i più a mala pena sanno chi è lui e cos'è il suo studio, e i teoremi di incompletezza di Gödel, il saggio di Toffalori, mischiando con abilità numeri e morte, si legge con piacere e con una sorta di rapita ebedudine. Condizione questa assai rara chi di logica si nutre, ma comune e quasi quotidiana nel resto dell'umanità (e mi ci metto pure io).
Borges a proposito del giallo diceva: Poe non voleva che il genere poliziesco fosse un genere realistico: voleva che fosse un genere intellettuale, fantastico se volete, ma un genere fantastico dell'intelligenza e non soltanto dell'immaginazione.
Insomma Poe voleva che fosse soprattutto un gioco. Lo è stato, altrimenti non si capirebbe perché una come Agatha Christie venda tutt'ora migliaia di copie dei suoi libri, nonostante non sia stata 'sta grande cima in matematica.
Voi direte? Ma che c'entra se era o no una cima? Detta così potrebbe essere anche una contraddizione in termini.
Ma no, fila fila. E zitti co' 'sta logica.
di Alfredo Ronci
" Sono indiscreto se le chiedo se è mai stato con una donna?"
"Sì" risponde Holmes, e Watson sospira di sollievo, ma Holmes aggiunge: "Sì, lei è indiscreto".
L'ho riportata perché credo che il meccanismo del giallo classico funzionasse allo stesso modo: si scriveva o diceva una cosa per cercar di far capire altro, ma riportando l'ordine solo in un secondo momento. Principio questo che la regina del delitto, Agatha Christie, metteva in "opra" in ogni suo mistery.
Troppo sarebbe ancora da aggiungere sulla "golden age" del genere: in questo caso ci si limita a seguire le indicazioni di Carlo Toffalori sulla presenza della letteratura scientifica (e della matematica innanzi tutto) nei romanzi polizieschi.
Materia ostica questa, per chi al liceo annaspava in continuazione nella sufficienza in zona cesarini, o addirittura reclamando una sorta di promozione (in ambito scientifico ovvio!) politica (si sa, quelli erano i giorni, parafrasando un vecchio titolo della cantante scalza Sandie Shaw).
Da Poe a Chesterton, da Conan Doyle a Rex Stout, da Ellery Queen all'Asimov "nero" tutti hanno in pratica bazzicato il campo, chi arando, chi seminando e chi limitandosi a guardare chi fatigasse di più. Ne esce alla fine un quadro curioso: Toffalori che matematico è, insegna Logica Matematica all'Università di Camerino, pur non limitandosi a dare voti (ne avrebbe avuto anche il diritto, abituato com'è!) stila comunque una classifica dei più bravi e di quelli che per far scena s'arrabbattavano sulla sostanza forse solo in nome di una macchinosità che il genere giallo dell'epoca richiedeva.
Se c'è chi usava la matematica in modo "matematicistico" (un po' come chi si professa laicista invece che laico) – vedi Ellery Queen, non del tutto ferrato (ferrati?) sull'argomento – c'è invece chi, come Philo Vance, la creatura letteraria di Van Dine, addirittura collocava la storia nell'ambiente dei ricercatori matematici e fisici di New York, per evidenziare una conoscenza più consona (L'enigma dell'Alfiere). Per non parlare dell'Asimov "noir" e non "fantascientifico" che poteva vantare una rispettabilità in campo matematico che i colleghi scrittori potevano scordarsela.
Insomma tra l'ipotesi di Format, la congettura di Goldbach, che i più a mala pena sanno chi è lui e cos'è il suo studio, e i teoremi di incompletezza di Gödel, il saggio di Toffalori, mischiando con abilità numeri e morte, si legge con piacere e con una sorta di rapita ebedudine. Condizione questa assai rara chi di logica si nutre, ma comune e quasi quotidiana nel resto dell'umanità (e mi ci metto pure io).
Borges a proposito del giallo diceva: Poe non voleva che il genere poliziesco fosse un genere realistico: voleva che fosse un genere intellettuale, fantastico se volete, ma un genere fantastico dell'intelligenza e non soltanto dell'immaginazione.
Insomma Poe voleva che fosse soprattutto un gioco. Lo è stato, altrimenti non si capirebbe perché una come Agatha Christie venda tutt'ora migliaia di copie dei suoi libri, nonostante non sia stata 'sta grande cima in matematica.
Voi direte? Ma che c'entra se era o no una cima? Detta così potrebbe essere anche una contraddizione in termini.
Ma no, fila fila. E zitti co' 'sta logica.
di Alfredo Ronci
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