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Il Paradiso degli Orchi
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DE FALSU CREDITU

Adelma Soave

Il mio Duce

Riva&Santi editore, Pag. 212 Euro 15,00
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I più attenti ricorderanno il volume, edito da Sellerio, di Gian Carlo Fusco: Mussolini e le donne. Si diceva: Un totalitarismo da vitelloni di provincia, cresciuti con l'idea fissa della femmina da domare e con quell'idea fissa venuti al potere, la miglior rappresentazione del quale non può che essere la versione in chiave sessuale. Dunque la storia del fascismo come storia erotica...

Non era la prima volta che si scavava nell'intimo del regime, e soprattutto nell'intimo dell'uomo che, all'indomani dei Patti Lateranensi del 1929, Pio XI definì l'uomo della provvidenza.

Anche la biografia, rilanciata da Rusconi negli anni ottanta, di Rachele Mussolini aveva in qualche modo agitato le acque della sostanza, senza però farne materia, più che di ilare patrimonio, di vera e sistematica denuncia.

Adelma Soave, che fu, soprattutto dagli inizi del quaranta fino alla deposizione del luglio del quarantatre, una delle "ancelle" del duce, in questa sua attenta ricostruzione storica, offre un panorama tutt'altro che spensierato e giocoso della sua vita e della relazione, tenuta segretamente nascosta, col capo del fascismo, fino alla "disperata" conclusione di quello che fu considerato, dalla stessa, delusa ed affranta, una vera e propria passione.

Si sospetta però che nel redarre la sua personale agenda degli avvenimenti la Soave si sia fatta influenzare dal ben più importante diario tenuto dal genero del duce: Galeazzo Ciano. Non so se sia una fortuita coincidenza, ma se ad un certo punto in un passo di una relazione del Ministro degli Esteri si legge: Mussolini mi ha chiesto se tenevo in ordine il diario. Alla risposta affermativa, ha detto che ciò servirà a documentare come i tedeschi, in campo militare e politico, hanno sempre agito a sua insaputa. Ma cosa nasconde veramente questa strana domanda? In uno della Soave, in data 14 febbraio 1940, si riscontra: Benito mi ha chiesto se tengo un diario dei nostri incontri. Al mio sì ha detto, sorridendo, che ciò servirà a testimoniare al mondo intero le straordinarie prodezze dell'uomo della provvidenza. Ma cosa nasconde questa curiosa domanda?

In realtà, stando poi all'evoluzione del rapporto, le straordinarie prodezze dell'uomo le si ritorceranno contro, perché durante una notte di fuoco dell'estate del '43, forse presagendo la futura "defenestrazione" il Duce mancò clamorosamente il colpo, mandando in bianco la Soave.

Da qui l'odissea della donna che, prima allontanata con veemenza da palazzo Venezia, fu prelevata all'improvviso due notti dopo dalla sua abitazione di via di Portonaccio e in segreto trascinata, dopo ore e ore di viaggio, nel paesino di Coineau sur Sevre nelle Alpi Svizzere. E lasciata lì fino alla dichiarazione dell'armistizio da parte di Badoglio.

Se si eccettuano alcune cadute di stile e qualche dialogo da "telefono bianco" la testimonianza della Soave è una preziosa ricostruzione di ambienti ed atmosfere. Gli incontri col duce, durante giornate uggiose e fredde nell'alcova "istituzionale" sono quadri di tenera partecipazione ed abbandono. Peccato manchi, in questa sequela di amplessi infuocati, riferimenti politici ed ideologici. Dicevano bene i latini: Bene vixit qui bene latuit (Ha vissuto bene chi ha saputo stare ben nascosto).







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