RECENSIONI
Miron Bialoszewski
Memorie dell'insurrezione di Varsavia.
Adelphi, Traduzione di Luca Bernardini, Pag. 321 Euro 22.00
				La Storia ci insegna molto, ma a volta sa anche essere poco indulgente. Facciamo un esempio: secolo scorso. 1939, scoppio della seconda guerra mondiale (ricordiamo che l’Italia vi entrerà solo nel 1940). Occupazione di Varsavia da parte nazista. Un fulmine a ciel sereno (non fu fulmine e nemmeno a ciel sereno… ma tanto per dare un’idea). Polacchi distrutti e l’intera Polonia nelle mani di Hitler. La domanda che mi pongo, visto che la Storia (con la esse maiuscola) a volte manca di lealtà: ma davvero non ci fu resistenza da parte dei polacchi e tutto si risolse in un suon di tamburo da parte dei nazisti che oltre ad essere i veri direttori d’orchestra erano anche (questo sì) dei tremendi assassini?
Non è cosa da poco chiederselo. Il risultato? Per quanto mi riguarda la Storia ha continuato a fare orecchie da mercante. Ma arrivano le smentite. E le smentite si chiamano Bialoszewski.
Agosto 1944. Varsavia, praticamente quasi distrutta, è occupata da una parte dalle truppe naziste e dall’altra dalle truppe di Stalin. E’ l’inizio di una delle vicende più atroci e controverse della seconda guerra mondiale. Organizzata dal movimento nazionalista di resistenza (ma finalmente!), con finalità antitedesche e anti staliniane, l’insurrezione di Varsavia si rivelò un catastrofico errore politico e militare. 200.000 mila civili furono uccisi e molti reduci bollati dalla propaganda russa come “luridi giullari della reazione.
Di nuovo. E il risultato? Qui la Storia non confonde. Più di 40 anni di dominio sovietico sulla Polonia.
Ma Bialoszewski ci restituisce la passione e la rivolta di un tempo. Decide di pubblicare i ricordi dell’insurrezione solo nei primi anni settanta, evitando di impegnarsi nel realismo socialista o in chissà quale altra corbelleria.
E il ricordo lascia una traccia, anche e soprattutto da un punto di vista letteraria. Bialoszewski decide di raccontare la storia (con la esse minuscola) come se si stesse chiacchierando. E chiacchierando ci trascina in un parlato concitato, ma frantumato. “Ricordate. Il 6 agosto nella Chlodna (Forse il Signore Gesù trasfigurerà qualcosa). La consapevolezza della domenica. Il 15 agosto – via Rybaki – festa – il miracolo sulla Vistola – ma non arrivano. Il 3 settembre: domenica come quell’evvivaio del 1939. Con la stessa coincidenza di data e giorno. Il sofà. La Chmielna. E la quarta. Saputa. Festiva. Adesso. E questo è tutto”.
di Alfredo Ronci
		
	Non è cosa da poco chiederselo. Il risultato? Per quanto mi riguarda la Storia ha continuato a fare orecchie da mercante. Ma arrivano le smentite. E le smentite si chiamano Bialoszewski.
Agosto 1944. Varsavia, praticamente quasi distrutta, è occupata da una parte dalle truppe naziste e dall’altra dalle truppe di Stalin. E’ l’inizio di una delle vicende più atroci e controverse della seconda guerra mondiale. Organizzata dal movimento nazionalista di resistenza (ma finalmente!), con finalità antitedesche e anti staliniane, l’insurrezione di Varsavia si rivelò un catastrofico errore politico e militare. 200.000 mila civili furono uccisi e molti reduci bollati dalla propaganda russa come “luridi giullari della reazione.
Di nuovo. E il risultato? Qui la Storia non confonde. Più di 40 anni di dominio sovietico sulla Polonia.
Ma Bialoszewski ci restituisce la passione e la rivolta di un tempo. Decide di pubblicare i ricordi dell’insurrezione solo nei primi anni settanta, evitando di impegnarsi nel realismo socialista o in chissà quale altra corbelleria.
E il ricordo lascia una traccia, anche e soprattutto da un punto di vista letteraria. Bialoszewski decide di raccontare la storia (con la esse minuscola) come se si stesse chiacchierando. E chiacchierando ci trascina in un parlato concitato, ma frantumato. “Ricordate. Il 6 agosto nella Chlodna (Forse il Signore Gesù trasfigurerà qualcosa). La consapevolezza della domenica. Il 15 agosto – via Rybaki – festa – il miracolo sulla Vistola – ma non arrivano. Il 3 settembre: domenica come quell’evvivaio del 1939. Con la stessa coincidenza di data e giorno. Il sofà. La Chmielna. E la quarta. Saputa. Festiva. Adesso. E questo è tutto”.
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