RECENSIONI
Hugues Pagan
Quelli che restano
Meridiano Zero, Pag. 207 Euro 13.00
Mi sono sempre chiesta se l'atmosfera creata da un film sia paragonabile a quella creata da un libro. Nella lettura di un libro subentrano condizioni (soprattutto la capacità visionaria dell'individuo) che stravolgono anche le stesse intenzioni dell'autore, per quanto bravo e ineccepibilmente descrittivo. Il film impone una visione che non può essere sostituita, a meno che non si voglia sognare a occhi chiusi di fronte ad uno schermo.
Ho fatto questo discorso perché il libro che vado a presentare mi ha suggerito alcuni agganci. Per esempio (e mi rifaccio anche alle righe suindicate): se fossi un nostalgico dell'hard boiled o, in genere, delle atmosfere noir degli anni quaranta-cinquanta, mi tuffo in un bel film in bianco e nero, (o addirittura nella riedizione recente di Chinatown di Polanski) o nella lettura di un romanzo che ricalca pedissequamente gli schemi del plot poliziesco e metropolitano classico?
Risposta: boh. E mi sembra onesta.
Hugues Pagan fa solitamente questo: vive di fantasmi hard-boiled. Nell'ambientazione e nello stile. Facciamo degli esempi. Descrive una donna: Dinah ha aspettato che le accendessi la sigaretta. Aveva un sorriso dolce, senza la minima traccia di preoccupazione. Ma il ritmo della sua risata era più vicino al blues che al bolgie. Una bocca troppo grande e troppi capelli per la Strada, e ancora troppe passioni per essere davvero invulnerabile. Ci siamo baciati e Dinah mi ha morso le labbra quasi a sangue. (Pag.82).
Più classico di così, con inserti "jazzati" e fisiognomica cool, si muore. Con un sottofondo musicale che resuscita, frequentemente, la Billie Holiday più intossicata e rauca.
Ma è tutta l'impalcatura del romanzo che si regge su una struttura di modelli consolidati, a cominciare dalla figura dell'investigatore, ex poliziotto, che come ogni bravo solitary man sguazza nella melma di una esistenza ai limiti del sopportabile: - Sei gelato, tesoro. – Si è ripresa subito. – E' sdolcinato se ti chiamo tesoro? – Niente affatto. La nostra esistenza è una breve parabola che non porta a nulla, e l'unica cosa che ci rimangono sono le metafore. La tua mano scotta. Sta piovendo dappertutto, sui mondi conosciuti e su quelli sconosciuti. Ho voglia di baciarti. Quello che viene dopo è ancora peggio...(Pag.89-90).
Un passo del genere, considerando anche la "rimanenza" delle metafore, avrebbe fatto la felicità di Mario Soldati, che pure di vicende "delinquesche" non era digiuno. Per quanto riguarda invece il maledettismo di una condizione sempre ai limiti del baratro è topos da esame per la maturità classica, come Dante.
Ci si mette pure il titolo che è tutto un programma: Quelli che restano (inventato di sana pianta, perché l'originale è meno da isola dei famosi: Tarif de groupe).
Eppure Pagan funziona, come l'ennesima reincarnazione di una spiritualità che ha sempre affascinato, soprattutto chi , costretto ed inchiodato ad una realtà meno espressiva e movimentata, delega vicariamente le proprie istanze "avventurose". Attraverso un libro o attraverso un buon film. E qui mi pare siamo alla pari.
di Eleonora del Poggio
Ho fatto questo discorso perché il libro che vado a presentare mi ha suggerito alcuni agganci. Per esempio (e mi rifaccio anche alle righe suindicate): se fossi un nostalgico dell'hard boiled o, in genere, delle atmosfere noir degli anni quaranta-cinquanta, mi tuffo in un bel film in bianco e nero, (o addirittura nella riedizione recente di Chinatown di Polanski) o nella lettura di un romanzo che ricalca pedissequamente gli schemi del plot poliziesco e metropolitano classico?
Risposta: boh. E mi sembra onesta.
Hugues Pagan fa solitamente questo: vive di fantasmi hard-boiled. Nell'ambientazione e nello stile. Facciamo degli esempi. Descrive una donna: Dinah ha aspettato che le accendessi la sigaretta. Aveva un sorriso dolce, senza la minima traccia di preoccupazione. Ma il ritmo della sua risata era più vicino al blues che al bolgie. Una bocca troppo grande e troppi capelli per la Strada, e ancora troppe passioni per essere davvero invulnerabile. Ci siamo baciati e Dinah mi ha morso le labbra quasi a sangue. (Pag.82).
Più classico di così, con inserti "jazzati" e fisiognomica cool, si muore. Con un sottofondo musicale che resuscita, frequentemente, la Billie Holiday più intossicata e rauca.
Ma è tutta l'impalcatura del romanzo che si regge su una struttura di modelli consolidati, a cominciare dalla figura dell'investigatore, ex poliziotto, che come ogni bravo solitary man sguazza nella melma di una esistenza ai limiti del sopportabile: - Sei gelato, tesoro. – Si è ripresa subito. – E' sdolcinato se ti chiamo tesoro? – Niente affatto. La nostra esistenza è una breve parabola che non porta a nulla, e l'unica cosa che ci rimangono sono le metafore. La tua mano scotta. Sta piovendo dappertutto, sui mondi conosciuti e su quelli sconosciuti. Ho voglia di baciarti. Quello che viene dopo è ancora peggio...(Pag.89-90).
Un passo del genere, considerando anche la "rimanenza" delle metafore, avrebbe fatto la felicità di Mario Soldati, che pure di vicende "delinquesche" non era digiuno. Per quanto riguarda invece il maledettismo di una condizione sempre ai limiti del baratro è topos da esame per la maturità classica, come Dante.
Ci si mette pure il titolo che è tutto un programma: Quelli che restano (inventato di sana pianta, perché l'originale è meno da isola dei famosi: Tarif de groupe).
Eppure Pagan funziona, come l'ennesima reincarnazione di una spiritualità che ha sempre affascinato, soprattutto chi , costretto ed inchiodato ad una realtà meno espressiva e movimentata, delega vicariamente le proprie istanze "avventurose". Attraverso un libro o attraverso un buon film. E qui mi pare siamo alla pari.
di Eleonora del Poggio
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