CLASSICI
Alfredo Ronci
Un perfetto gentiluomo: “I milanesi ammazzano di sabato” di Giorgio Scerbanenco.

Bellissima. Duca sfogliò, una dopo l’altra, come carte da gioco, le fotografie, bellissime anche tecnicamente: un dolcissimo viso di giovane donna, un viso da bellezza svedese, con un profilo da statua romana, per niente grasso, anzi come smagrito perché i novantacinque chili di peso si perdono ovviamente in uno e novantacinque di altezza. Meravigliosi i lunghi capelli biondi di un cinereo, quasi impossibile biondo. Guardando quel primo piano, quella carta da gioco con una regina di tale inaspettata bellezza, Duca domandò: “I capelli sono colorati dal parrucchiere, o sono suoi?”.
Questa dettagliata descrizione di una bellezza giovanile, con caratteristiche un po’ particolari perché la donna in questione è alta un metro e novantacinque e pesa novantacinque chili (qualcuno potrebbe pensare ad uno scherzo) è fatta da Duca Lamberti, detective passato alla polizia, dopo aver fatto tre anni galera per aver effettuato, lui medico, un’eutanasia ad una donna malata allo stadio terminale.
L’eccezionalità della situazione non è determinata dalle misure della donna, ma dal suo stato mentale (che sarà descritto puntualmente durante il percorso narrativo) essendo priva di chiusure morali (guarda gli uomini per strada, sorride a tutti e qualunque cosa le dicano risponde affermativamente) anche se, nel grado intellettivo, è ferma ad una età infantile.
Questa ragazza, chiusa nei suoi spazi domestici, ad un certo punto scompare da casa, mentre il padre, disperatamente si rivolge ad una polizia che, assolutamente non in grado di risolvere il caso, fa terminare la faccenda.
Ecco dunque Duca Lamberti. Un uomo di poche parole, che non è per nulla facile alle impressioni e che, per una sorta di autolesionismo, si butta nella faccenda della ragazza rapita perché deve espiare la colpa per aver procurato la morte, quando era medico, di una donna arrivata allo stadio terminale (si era o no, quando il libro fu scritto, in uno stato democristiano?). Ma il cammino per cercare la verità è lungo, soprattutto in una Milano che fino ad allora non era certo vista con gli occhi di un poliziotto, ma in una sorta di vago sentore poetico che riguardava anche altre città (ma non tutti possono essere come Gadda e regalarci una Roma piena di polverose criminalità).
Una Milano dove anche le prostitute di colore (Scerbanenco dice negre, perché un filo di razzistico compiacimento c’era anche nei più volenterosi gentiluomini) hanno qualcosa da dire sulle città, ma soprattutto sugli uomini: “Come ti chiami?” “Mi chiamo negra prostituta.” “Perché ti butti via così?” “E perché non dovrei farlo? E’ tutto una porcheria.” “Forse non tutto.” “Tutto. Anche tu poliziotto. Vieni qui in questa casa di comodo come un giovanotto che gli scappa la voglia la mattina presto, e invece sei un questurino. E’ tutto sporco e tutto diverso da quello che sembra.”.
Come abbiamo detto il cammino per trovare la verità è lungo, anche se gli assassini (perché la donna verrà ritrovata mezza bruciata lungo una strada), dopo una soffiata di una persona coinvolta inizialmente nella faccenda, ci si accorgerà che vivevano a poche centinaia di metri dal luogo del rapimento.
Bisogna dire, e su questo credo che Scerbanenco abbia voluto aggiungere un’altra sottile considerazione, che quello che pagherà di più (umanamente e giuridicamente) nella faccenda sarà il povero padre della ragazza che, venuto a conoscenza appena prima di Duca Lamberti dei nomi dei responsabili, si produrrà in un triplice omicidio e sul quale lo stesso dichiarerà: Io non sono un delinquente, non ho mai avuto l’intenzione di ammazzare nessuno, neppure gli assassini della mia bambina. Se voi della polizia invece di fare tante chiacchiere e di menarvi per il naso mesi e mesi… se voi, invece, avreste trovato i rapitori di mia figlia, mia figlia non sarebbe morta e io non avrei ammazzato tre persone.
I milanesi ammazzano al sabato non è semplicemente un giallo, come forse lo si intendeva allora, nel 1969, e nemmeno un noir. Era una gagliarda esposizione di problemi sociali che non avrebbero trovato sbocco nemmeno anni più tardi. E’ per questo che queste conclusioni portano a dire che il libro è una specie di summa teologica da tenere in considerazione.
Fu il quarto libro dedicato alla figura umanissima di Duca Lamberti, che noi abbiamo già incontrato, ma il 1969, l’anno dell’uscita del libro, fu anche l’ultimo per Scerbanenco, che morì per un arresto cardiaco.
L’edizione da noi considerata è:
Giorgio Scerbanenco
I milanesi ammazzano al sabato
Gialli Garzanti
Questa dettagliata descrizione di una bellezza giovanile, con caratteristiche un po’ particolari perché la donna in questione è alta un metro e novantacinque e pesa novantacinque chili (qualcuno potrebbe pensare ad uno scherzo) è fatta da Duca Lamberti, detective passato alla polizia, dopo aver fatto tre anni galera per aver effettuato, lui medico, un’eutanasia ad una donna malata allo stadio terminale.
L’eccezionalità della situazione non è determinata dalle misure della donna, ma dal suo stato mentale (che sarà descritto puntualmente durante il percorso narrativo) essendo priva di chiusure morali (guarda gli uomini per strada, sorride a tutti e qualunque cosa le dicano risponde affermativamente) anche se, nel grado intellettivo, è ferma ad una età infantile.
Questa ragazza, chiusa nei suoi spazi domestici, ad un certo punto scompare da casa, mentre il padre, disperatamente si rivolge ad una polizia che, assolutamente non in grado di risolvere il caso, fa terminare la faccenda.
Ecco dunque Duca Lamberti. Un uomo di poche parole, che non è per nulla facile alle impressioni e che, per una sorta di autolesionismo, si butta nella faccenda della ragazza rapita perché deve espiare la colpa per aver procurato la morte, quando era medico, di una donna arrivata allo stadio terminale (si era o no, quando il libro fu scritto, in uno stato democristiano?). Ma il cammino per cercare la verità è lungo, soprattutto in una Milano che fino ad allora non era certo vista con gli occhi di un poliziotto, ma in una sorta di vago sentore poetico che riguardava anche altre città (ma non tutti possono essere come Gadda e regalarci una Roma piena di polverose criminalità).
Una Milano dove anche le prostitute di colore (Scerbanenco dice negre, perché un filo di razzistico compiacimento c’era anche nei più volenterosi gentiluomini) hanno qualcosa da dire sulle città, ma soprattutto sugli uomini: “Come ti chiami?” “Mi chiamo negra prostituta.” “Perché ti butti via così?” “E perché non dovrei farlo? E’ tutto una porcheria.” “Forse non tutto.” “Tutto. Anche tu poliziotto. Vieni qui in questa casa di comodo come un giovanotto che gli scappa la voglia la mattina presto, e invece sei un questurino. E’ tutto sporco e tutto diverso da quello che sembra.”.
Come abbiamo detto il cammino per trovare la verità è lungo, anche se gli assassini (perché la donna verrà ritrovata mezza bruciata lungo una strada), dopo una soffiata di una persona coinvolta inizialmente nella faccenda, ci si accorgerà che vivevano a poche centinaia di metri dal luogo del rapimento.
Bisogna dire, e su questo credo che Scerbanenco abbia voluto aggiungere un’altra sottile considerazione, che quello che pagherà di più (umanamente e giuridicamente) nella faccenda sarà il povero padre della ragazza che, venuto a conoscenza appena prima di Duca Lamberti dei nomi dei responsabili, si produrrà in un triplice omicidio e sul quale lo stesso dichiarerà: Io non sono un delinquente, non ho mai avuto l’intenzione di ammazzare nessuno, neppure gli assassini della mia bambina. Se voi della polizia invece di fare tante chiacchiere e di menarvi per il naso mesi e mesi… se voi, invece, avreste trovato i rapitori di mia figlia, mia figlia non sarebbe morta e io non avrei ammazzato tre persone.
I milanesi ammazzano al sabato non è semplicemente un giallo, come forse lo si intendeva allora, nel 1969, e nemmeno un noir. Era una gagliarda esposizione di problemi sociali che non avrebbero trovato sbocco nemmeno anni più tardi. E’ per questo che queste conclusioni portano a dire che il libro è una specie di summa teologica da tenere in considerazione.
Fu il quarto libro dedicato alla figura umanissima di Duca Lamberti, che noi abbiamo già incontrato, ma il 1969, l’anno dell’uscita del libro, fu anche l’ultimo per Scerbanenco, che morì per un arresto cardiaco.
L’edizione da noi considerata è:
Giorgio Scerbanenco
I milanesi ammazzano al sabato
Gialli Garzanti
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