Racconti
Teoria del destino
La notizia aveva sconvolto il mondo. Aveva dato uno scossone alle scienze, alle arti e alle religioni: la conferma di un pianeta abitato da una vita intelligente era finalmente arrivata.
Notizia sui recenti avvistamenti a Soncino
Per la tesi avevo trovato nel professor Villagrossi qualcuno che mi desse ascolto. Come si diffonde una fissazione a livello sociale? Un delirio? Come nasce una leggenda urbana? Io al tempo dell’università avevo poche e confuse idee in testa, ma ero facile all’entusiasmo e forse quel mio giovanile ardore influenzò la valutazione del docente sulle mie possibilità.
Miracolo di Natale
Mi sveglio tutto stonato, sto già sotto un treno. Me ne sono tenuta una dose e me la sparo subito, ma ho capito da ieri che non è roba buona. Sento mia madre che grida, ce l’ha sempre con me, ma cerco di non farci caso. Forse s’è accorta che le mancano i soldi dal portafoglio. E che sarà mai? Il brutto è che la roba non era buona. Non dovevo fidarmi del Bugia.
Le parole e la bellezza
Sollevai la testa dalla rivista. Lui non poteva essere più scuro in volto, guardava fisso in terra. Mugugnò un saluto e mi passò davanti senza fermarsi.
Glitch
Strade digitali, skyline di impulsi elettrici, un infinito orizzonte di possibilità. La prima volta che abbiamo lanciato Haven, non era altro che questo, poi ha iniziato a prendere forma. All’inizio c’erano solo i canali di comunicazione: reti neurali percorse da scie luminose che schizzavano da un capo all’altro, disegnando arcobaleni fluo. Gli snodi si ingrandivano, le idee si aggregavano, finché non è arrivato l’Alveare.
Il sogno di Velasquez
Guardo fuori dalla finestra i cavalli, i bianchi cavalli anche se ce n’è uno nero, un magnifico stallone, credo, ma non me ne intendo, qui dentro nessuno si intende di niente, ho appoggiato la sedia alla finestra, sono salito sulla sedia e ora guardo i cavalli dietro il vetro, nel giardino, ho preso la sedia, ho dovuto, perché altrimenti non ci arrivo, nessuno ci arriva qui dentro, alla finestra, non so perché le hanno fatte così alte
Una valigetta più pesante del solito
Oscar scese le scale ed entrò in cucina in uno stato di perdizione. Sentiva che non sarebbe stato in grado di affrontare un’altra giornata così, non se si fosse svolta come le altre migliaia di giornate vissute fino ad allora. Guardò sua moglie, quella stronza presuntuosa ed egoista, che metteva la colazione nei piatti e li appoggiava in tavola con noncuranza. Guardò suo figlio, quell’ingrato figlio, appunto, di una stronza. Giocava col cellulare e cosa ancora peggiore giocava col cibo che ormai dava per scontato.
Il minimalista
Vivo in una grande casa e ci vivo da solo. Non che sia essa chiusa agli amici e alle amiche, siano benvenuti gli ospiti, non che manchino i gatti di passaggio e i passeri nel giardino, ma sto bene così, la mia solitudine è in definitiva una scelta, libera per quanto mai possano essere libere le nostre scelte. La casa è avita, del nonno che fece la fortuna della famiglia tanto che, sia il mio ormai defunto padre che io, su questa fortuna ci abbiamo campato, e conto di camparci ancora qualche annetto.
Con un filo d'erba tra i denti
Il giorno in cui a Tommaso Trupìa fu diagnosticato il cancro, era d’aprile. Un cancro allo stomaco a lui che era stato da sempre vegan. I medici non glielo spiattellarono subito in faccia e, tergiversando, gli chiesero se potevano parlare con qualche suo parente. Ma egli rispose che non aveva uno straccio di parente prossimo e che voleva sapere subito, lì su due piedi, la verità.
Lo stilita
Io sono lo stilita. Non uno stilita, ma lo stilita, l'erede dell'unico stilita incarnatosi svariate volte da Simeone a me. Io sono colui che ha riportato lo stilitismo in occidente e che cambierà le sorti di questo secolo. Questa è coscienza, non è un delirio di un pover'uomo andato fuori di testa: io sono e resto un pover'uomo, uno che sicuramente senza questa scoperta, cioè la scoperta di essere io lo stilita, sarebbe davvero rimasto un uomo incompleto e irrealizzato.
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