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Il Paradiso degli Orchi
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INTERVISTE

Alex Pietrogiacomi

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«Biglietto, prego».

Quante volte ce lo siamo sentiti dire? Con ogni intonazione possibile, dallo scazzato andante all'imperativo furente? Io ho perso il conto anche se oramai su alcuni mezzi non passano più i controllori a tonare il loro invito, visto e considerato che non c'è spazio fisico per poter adempiere alle proprie mansioni di "vigilantes" urbani.

In questa richiesta però c'è anche una specie di estorsione di identificazione, una sorta di indagine sull'identità di chi non ha una mostrina sul petto. E il senso di questo libro è anche questo da un lato (gli altri scopriteli): dichiarare, quando messi sotto "inchiesta", il proprio disappunto nei riguardi di una società alienante e al tempo stesso ignorante.

Alienante perché ci conduce a vivere una vita fatta di fermate e tappe obbligate e ignorante perché ignora (o dimentica volutamente) cosa voglia dire doversi spostare ogni santissimo giorno in un sistema urbano e extra urbano che non è mai all'altezza delle necessità base di chi lo utilizza.

Ancora ignorante perché è cafona, nei modi, negli strumenti, nella burocrazia, e cancella tutte le reali motivazioni che portano un povero cristo a salire su un autobus, tram, treno o quello che volete. Cancella l'identità precaria, di pendolare, di viaggiatore forzato che gli italiani di ogni età subiscono anche in modo troppo passivo, caricandosi di un livore che fa male alle pareti gastriche e che quando esplode è furioso, incontrollabile, perché dopato dagli stress economici, personali e sociali.

Detto questo, Biglietto, prego è quindi una raccolta contro i mezzi pubblici? Ni. Vuole parlare dei disagi dei trasporti? No. È nata esclusivamente per avere una fetta di mercato in cui riconoscersi? No. Vuole essere una testimonianza? Ni. È un manifesto? Sì.

Come cacchio nasce?!

Questa raccolta prende vita da un viaggio, con partenza Milano, di cui i protagonisti sono il sottoscritto e Gianluca Giannone e destinazione Fiuggi (Fr). Per un'intervista a un fighter ci siamo armati di santa pazienza – lo si fa preventivamente - per arrivare a Roma (3 ore), scendere a Termini (aspettare 30 minuti) e arrivare ad Anagni (90 minuti su un treno merci) per prendere un bus (tipo India o Messico) fino a Fiuggi (30 minuti nel caldo soffocante). Questo soltanto per arrivare a destinazione e ripartire il giorno dopo per il tragitto inverso con l'aggiunta di bus capitolini dove far entrare i nostri corpi e l'attrezzatura fotografica.

Al rientro alla casa base, contate quindi un altro percorso verso la ridente località ciociara, ci siamo trovati seduti su un divano a discutere di quanto sia difficile spostarsi in Italia e di come se la passano male i pendolari.

Gianluca allora ha parlato del suo progetto fotografico legato a questi, di come li abbia seguiti e abbiamo parlato di cosa significhi esserlo tirando fuori figure parallele e combacianti come i precari e come chi deve viaggiare per disperazione.

Dare voce a queste storie e a questi individui è stato l'input che ha fatto nascere la raccolta.

Ci siamo convinti immediatamente e il giorno dopo si chiamavano alle armi 21 scrittori italiani, con background differenti, stili diversi, di origini e età differenti, tutti però accomunati da un senso civico e vagabondo trasversale. A ciascuno una fotografia che poteva essere un particolare al quale rifarsi, un'ispirazione o la matrice per la propria storia e il tema del precapendoviaggio.

Alla fine tre commenti "esterni" di cui esser grati: quello di Filippo Tuena, di John Vignola e di Paolo Sortino.

Il risultato? Storie a metà tra l'universale e il personale, dove chi ci siede accanto assume altre forme, altri significati, dove le foto sono un ulteriore tratta capace di assorbire e rilasciare commenti personali.

Racconti che trascendono la realtà e si immergono nei sogni e nelle speranze (non sempre infrante) di chi timbra il biglietto. Un flusso (s)legato che diventa un unico fiume in piena che si fa strada sull'asfalto rinfrescando la memoria collettiva di uomini e non macchine.

Letture da una fermata. Compagne per un intero percorso. Da aprire per guardare fuori dal finestrino della routine, in cui potersi immedesimare o capaci di dare spazio al travestitismo fantastico.

Una raccolta che con il coro che la compone diventa un "No" che vale più di mille carte d'identità e che soprattutto mette il Controllore nella posizione di dover dare le proprie generalità, pensando intimamente di aver sbagliato sponda.







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