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Il Paradiso degli Orchi
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ATTUALITA'

Stefano Torossi

Classici, hippy e beoni.

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Vecchi classici
Lunedì 14 marzo, Sala Santa Cecilia del Parco della Musica per un dignitosissimo concerto con un dignitosissimo programma eseguito da una dignitosissima orchestra condotta da un dignitosissimo direttore.
Unico elemento sbarazzino il titolo dell’evento: “Tutti pazzi per Schumann”. In programma: Prima e Terza Sinfonia, Orchestra e Coro dell’Accademia di S. Cecilia, direzione Daniele Gatti.
Fin qui tutto corretto, naturalmente. Come un pranzo in ambasciata: servizio inappuntabile, vasellame e tovagliato perfetti; vellutata di pomodori, arrosto con contorno di carotine e pisellini bolliti, frutta e gelato. Emozioni? Inutile rispondere.
Probabilmente siamo poco ricettivi all’invito a impazzire per Schumann; certo questa riproposta di un classico romantico, anche se, come più volte ripetuto, ben eseguito, ci ha lasciati freddini.
Chissà se smettendo per un attimo di parlare di musica, riusciremo a risparmiarci un rimbrotto da parte di studiosi e critici più seri di noi. Vorremmo riferire invece una nostra esperienza umana quasi fantascientifica: l’immersione nel mondo finora a noi sconosciuto degli abbonati.
Una distesa di testine candide, quando non lucenti di calvizie, (una spanna sotto la media: i vecchi di oggi sono molto più bassi dei giovani, non è una novità). Le signore, anche loro bassine, di solito con borse enormi. Di cosa avranno bisogno per andare a un concerto?
Molti loden, addirittura alcuni montgomery. Il passato ritorna, o forse non se n’è mai andato. Bastoni in quantità. Deambulazione parkinsoniana, espressioni annoiate (i mariti) o pazienti (le mogli). Sguardi smarriti, ticchettio di dentiere e sventolar di parrucche. Qualche tintura maschile; però per fortuna pochissime labbra o zigomi gonfiati (evidentemente il pubblico degli abbonati di S. Cecilia è più sobrio di quello delle prime alla Scala. O forse non si può permettere la spesa).
Insomma un mondo così compatto nella sua terribile omogeneità non l’avevamo mai visto.


Vecchi hippy
Ci ha tenuto lui stesso a presentarsi così: “Sono un vecchio di settantaquattro anni ma, vedete, sono ancora un hippy”, e indicava la giacchetta di jeans. Graham Nash, il mitico pilastro di un trio, prima, poi con l’aggiunta di Young, di un quartetto che ha fatto la storia.
Bene, ricevendoci allo studio 3 del Parco della Musica martedì 15, ci ha ripetuto che tutto quel passato a lui non interessa più. Certo non lo rinnega, ma la sua nuova musica è ormai semplice, cantabile e soprattutto acustica, insieme alla chitarra di Shane Fontayne. E basta.
Naturalmente è seguita una serie di ovvie domande sui suoi rapporti con i vecchi compagni: Ha litigato con qualcuno di loro? Non si parlano più? Rivisiterà il suo vecchio repertorio? Cos’è rimasto della generazione di Woodstock? Io, risponde.
E’ sempre la solita routine delle conferenze stampa a cui far fronte con il solito sorriso di circostanza.
A un certo punto però, evidentemente annoiato dalla banalità del tutto (e qui c’è davvero piaciuto) ha abbrancato il microfono e ha chiesto a bruciapelo: “Ma voi cosa ne pensate di Trump?”.
Da quel momento, col braccio alzato e l’espressione che vedete, si è lanciato in una tirata fieramente antifascista, ignorando l’argomento musica e regalandoci invece un completo disvelamento politico ed esistenziale di sé stesso, senza esitazioni, ma anche senza esagerazioni. Una persona pensante, finalmente.
E fra i colleghi musici non è tanto comune, ci pare.



Vecchi beoni
Ecco, per dare un taglio a questa atmosfera anche troppo responsabile lunedì 21 abbiamo fatto un salto a Palazzo Patrizi dove aveva inizio alle 15.30, un’ora molto rischiosa per questo tipo di attività, “Vino e arte, che passione”, una presentazione con degustazione di vini e salumi artigianali.
Con signorile cautela abbiamo cominciato con un prosecco squisito, per passare subito dopo a un paio di rossi robusti accompagnati da sopraffine salsiccette di cinghiale presentate dalla produttrice, la signora Palma Pazienza. Un nome formidabile come i suoi prodotti.
L’apoteosi ha avuto luogo nella sala dedicata alla grappa Nonino, notoriamente una delle migliori. Qui siamo stati iniziati al mojito alla grappa, un’assoluta novità che ci ha fatto entrare nel migliore degli umori possibili; in questo accompagnati dalla maggior parte dei presenti.
E non solo del pubblico, tanto è vero che a un certo punto la graziosissima, elegantissima e sciccosissima rappresentante della ditta non ha esitato a infilarsi a quattro zampe sotto la tavola per recuperare qualcosa che non sapremo mai.
E neanche ce ne importa.
Guardare per credere.





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