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CLASSICI

Alfredo Ronci

Fu vero risentimento? “Un cuore arido” di Carlo Cassola.

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Gli anni sessanta non furono edificanti per Cassola, almeno i primi. Al centro delle sue più che accese considerazioni fu il libro la ragazza di Bube che nel 1960 vinse il premio Strega e dette una larghissima popolarità all’autore (ricordiamo anche il bel film con Claudia Cardinale).
Perché il libro fu così al centro dell’attenzione di Cassola e, se vogliamo, fu anche rinnegato? Perché, sempre secondo lo scrittore, era un romanzo naturalistico, una specie di parentesi nella più che congeniale attività narrativa. Quanto alla fabbricazione del romanzo, ero insoddisfatto appunto del romanzo fabbricato. Sia Fausto e Anna che La ragazza di Bube erano romanzi fabbricati. Prima di cominciare a scriverli, avevo già chiari l’arco del racconto, i senso complessivo che avrebbe dovuto acquistare la vicenda, la fisionomia dei personaggi principali. Scrivendoli, non avevo fatto altro che eseguire un piano accuratamente fissato in precedenza. (…) Mi confermò nell’idea che in uno scrittore l’immaginazione debba prevalere su ogni altra facoltà…
Questo perché, sempre secondo Cassola, la resistenza e le condizioni di vita sotto il fascismo, dovevano in qualche modo essere conclusi e che i romanzi successivi a quelli che gli avevano portato successo (La ragazza di Bube appunto e Il soldato) avrebbero dovuto affrontare argomenti e situazioni del tutto diverse.
Ecco dunque Un cuore arido. Con questo romanzo Cassola torna al mondo e alle forme dell’esperienza originaria. Anna (che non è quella di Fausto e Anna ma evidentemente richiama pulsioni ancestrali) è una diciottenne abbastanza bella, di natura meditativa e poco loquace, tanto che le amiche, dei cui errori amorosi lei se ne fa giudice, le rimproverano una certa aridità di cuore. Vive facendo la sarta, insieme alla sorella e ad un’anziana zia, a Marina di Cecina, piuttosto triste paese toscano che si ravviva solamente in vista dell’estate. All’improvviso la quiete della situazione cambia di velocità quando lei s’innamora di un soldato che inizialmente andava dietro alla sorella, ma che dovrà in seguito abbandonare perché il ragazzo, finito il militare, parte per l’America. In seguito Anna vivrà ancora delle situazioni più o meno partecipi, tranne un’aggressione da parte di un più che maturo agricoltore del posto. Ma presto s’accorgerà che degli uomini ne può facilmente fare a meno e si rinchiuderà in una personale, ma non tragica, solitudine.
Qualcuno ha parlato, e in questo si rivela in contrasto con le precedenti dichiarazioni di Cassola, del tentativo riuscito dell’autore di portare i suoi personaggi a pensionarsi felicemente in Maremma. Come a dire che le varie Anna della situazione, passeranno di lì a una certa ora per andare a riposare.
L’esistenza è insomma uniforme perché tale la vuole il narratore, che programma il racconto.
Ma al di là delle varie circostanze che hanno determinato, più o meno consciamente, i personaggi, cosa di veramente letterario ci può raccontare una ragazza come Anna? In più di un’occasione dimostra una linearità col presente che, al di là di certe sue caratteristiche diverse, sembra quasi fare a cazzotti con quello che l’autore vuole raccontarci. Per esempio in uno scambio di battute tra lei e il soldato che poi partirà per L’America, si legge: - No, tu mi dimenticherai presto. Tu ne hai già avute altre, di ragazze… Mentre tu sei stato il solo, per me; vedi com’è diversa la cosa? Non dire che non è così. Io, per te, sono una delle tante, mentre tu sei il solo che io abbia avuto…
-        Anna, no; non lo dire. Sei anche tu la prima per me; la prima che abbia amato.
-        Sì? Sul serio? No, lo dici solo per farmi contenta. Mentre dentro di te chissà che cosa pensi di me.
Un passaggio che rivela, senza altri intendimenti, la vera natura del personaggio Anna.
Si è parlato, dopo l’uscita del romanzo, avvenuta nel 1961, della profondità e dell’essenzialità femminile di un personaggio come quello di Anna. Soprattutto in vista di una prerogativa femminista. Prerogativa che forse in quegli anni doveva essere, almeno per certa intellighenzia nostrana, un dato di fatto. Certo, nel 1960 usciva La noia di Moravia che mostrava una ragazza ben al di sopra delle aspettative di Anna. E la stessa amica di Moravia, esattamente la Maraini, nel suo L’età del malessere, ci racconta di una diciassettenne, Enrica, che riuscir a prendere strade diverse da quelle prese dal personaggio di Cassola.
Dunque che dire? Sarebbe meglio soffermarci sulla statura provinciale di Anna. Quella sua efficace ritrosia ad accettare il dovuto dai tempi e dalle situazioni, ma che forse non può reggere il confronto con altre circostanze perché, e qui rientra in pieno Cassola, l’autore ha voluto costruire un mondo letterario vicino a sé stesso, ma che non troppo si discosti da un’autobiografia di consolante saggezza, ma nulla più.



L’edizione da noi considerata è:

Carlo Cassola
Un cuore arido
Einaudi – Gli struzzi




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