DE FALSU CREDITU
Ottavio Nano
Giacomo Maria De Vincolis, patrocinante in Cassazione
Virgilii Editore, Pag. 183 Euro 14,80
Continua, da parte nostra, la riscoperta di autori spesso dimenticati dalle nostre antologie scolastiche e, fatto ancora più grave, da certa intellighenzia limitata e auto referenziale.
Ottavio Nano può, senza alcun ombra di dubbio, essere affiancato ai nomi migliori della nostra letteratura, ancor più se consideriamo la sua straordinaria capacità di attraversare correnti, stili e contenuti con profondità, ma anche con assoluta leggerezza e capacità introspettiva.
La sua lunga esistenza (nacque ad Alicata nel 1875 ed è morto a Palermo nel 1976) gli ha permesso di vivere una lunga esperienza professionale, venendo a contatto con personalità di primissimo piano. Pensiamo alla sua amicizia con Giovanni Verga (testimonianza di questo affetto il volume, uscito in prima edizione nel 1955 per le edizioni Conte-SE, Nini e dell'arte sullo scambio epistolare tra i due scrittori) o all'affinità musicale con Salvatore Di Giacomo (si vocifera a riguardo – anzi parrebbe una malignità – che l'autore della celeberrima canzone Era de maggio non fosse soltanto il Di Giacomo appunto, ma che ci fosse anche lo zampino del Nano). Negli ultimi anni cominciò a frequentare anche Carlo Cassola, contestandogli anche la distanza dal movimento neorealista (a riguardo si legga il volume Te novissimo tagliatore di boschi sorta di libello contro quelli che Nano chiamava 'contestatori situazionisti').
Giovanni Maria De Vincoli, patrocinante in Cassazione appartiene al primo periodo dello scrittore di Alicata, quello in cui, adottando schemi tipici prima del naturalismo e poi del verismo, affronta la vicenda di un avvocato, integerrimo e moralista, che improvvisamente si innamora di una sedicenne.
L'uso della terza persona, tipica del movimento, in qualche modo limita la drammaticità degli eventi e il coinvolgimento, nonostante una tensione greve e pesante della vicenda, (una icasticità dolorosa e insistente), rimane parziale. Ma la storia di questo avvocatucolo di provincia che perde l'equilibrio e la serenità per Maria, la sedicenne figlia della proprietaria del forno, vedova già in tenera età, mostra anche altri aspetti canonicizzati del verismo più puro, come i personaggi di contorno, che pur acquisendo col tempo una certa sicurezza economica, annaspano in una mediocrità di vita che rasenta l'afflizione (Giuseppe, vestito a festa per l'incontro con l'avvocato, sedendo a capo tavola, intimò alla moglie di servigli il pane e le olive Biancolilla e quelle di Nocellara del Belice. Sputò dritto sul tavolo il primo nocciolo e risultò quasi uno sparo. Assai evidente qui la lezione di Verga e il riferimento, quasi un plagio, al personaggio di Mastro Don Gesualdo).
Forse Nano non è all'altezza di un Capuana, o di un Verga appunto, ma nella sua sterminata produzione (nei primi anni '60 tentò, col romanzo Bescia –Rizzotti -, addirittura un esperimento avanguardistico, sulla scia del Gruppo '63), la sua adesione ad un senso quasi liturgico della narrativa ne fa un esempio da seguire. L'oblio in cui è caduto, come dicevamo all'inizio, dipende più da scelte superficiali da parte di critici spocchiosi che non dal valore intrinseco ed oggettivo dell'arte dello scrittore siciliano.
Varrebbe la pena rifrequentarlo.
Ottavio Nano può, senza alcun ombra di dubbio, essere affiancato ai nomi migliori della nostra letteratura, ancor più se consideriamo la sua straordinaria capacità di attraversare correnti, stili e contenuti con profondità, ma anche con assoluta leggerezza e capacità introspettiva.
La sua lunga esistenza (nacque ad Alicata nel 1875 ed è morto a Palermo nel 1976) gli ha permesso di vivere una lunga esperienza professionale, venendo a contatto con personalità di primissimo piano. Pensiamo alla sua amicizia con Giovanni Verga (testimonianza di questo affetto il volume, uscito in prima edizione nel 1955 per le edizioni Conte-SE, Nini e dell'arte sullo scambio epistolare tra i due scrittori) o all'affinità musicale con Salvatore Di Giacomo (si vocifera a riguardo – anzi parrebbe una malignità – che l'autore della celeberrima canzone Era de maggio non fosse soltanto il Di Giacomo appunto, ma che ci fosse anche lo zampino del Nano). Negli ultimi anni cominciò a frequentare anche Carlo Cassola, contestandogli anche la distanza dal movimento neorealista (a riguardo si legga il volume Te novissimo tagliatore di boschi sorta di libello contro quelli che Nano chiamava 'contestatori situazionisti').
Giovanni Maria De Vincoli, patrocinante in Cassazione appartiene al primo periodo dello scrittore di Alicata, quello in cui, adottando schemi tipici prima del naturalismo e poi del verismo, affronta la vicenda di un avvocato, integerrimo e moralista, che improvvisamente si innamora di una sedicenne.
L'uso della terza persona, tipica del movimento, in qualche modo limita la drammaticità degli eventi e il coinvolgimento, nonostante una tensione greve e pesante della vicenda, (una icasticità dolorosa e insistente), rimane parziale. Ma la storia di questo avvocatucolo di provincia che perde l'equilibrio e la serenità per Maria, la sedicenne figlia della proprietaria del forno, vedova già in tenera età, mostra anche altri aspetti canonicizzati del verismo più puro, come i personaggi di contorno, che pur acquisendo col tempo una certa sicurezza economica, annaspano in una mediocrità di vita che rasenta l'afflizione (Giuseppe, vestito a festa per l'incontro con l'avvocato, sedendo a capo tavola, intimò alla moglie di servigli il pane e le olive Biancolilla e quelle di Nocellara del Belice. Sputò dritto sul tavolo il primo nocciolo e risultò quasi uno sparo. Assai evidente qui la lezione di Verga e il riferimento, quasi un plagio, al personaggio di Mastro Don Gesualdo).
Forse Nano non è all'altezza di un Capuana, o di un Verga appunto, ma nella sua sterminata produzione (nei primi anni '60 tentò, col romanzo Bescia –Rizzotti -, addirittura un esperimento avanguardistico, sulla scia del Gruppo '63), la sua adesione ad un senso quasi liturgico della narrativa ne fa un esempio da seguire. L'oblio in cui è caduto, come dicevamo all'inizio, dipende più da scelte superficiali da parte di critici spocchiosi che non dal valore intrinseco ed oggettivo dell'arte dello scrittore siciliano.
Varrebbe la pena rifrequentarlo.
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