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CINEMA E MUSICA

Adriano Angelini Sut

I Deus continuano a stupire. Un album all'anno, un capolavoro dopo l'altro: 'Following the sea'

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Ad appena un anno di distanza da Keep you Close, esce questo sorprendente Following the Sea del quartetto belga capitanato dal vocalist Tom Barman che spiega: "Avevamo brani che non volevamo perdere, o lasciare nel cassetto per anni, così abbiamo deciso di rompere le nostre classiche regole di lavoro e di fare meno i preziosi e finire i brani velocemente e pubblicarli. Siamo nel 2012, cazzo!, l'idea di aspettare mesi per far uscire qualcosa mi sembra così antiquata!"

Bontà loro. C'è da giurare nella preziosità del materiale. Following the Sea è un disco bellissimo, in senso pieno. Ovviamente è il naturale prosieguo di Keep you Close, e tuttavia lo completa. Si parte con la gainsbourghiana "Quattre Mains", dove la voce di Barnman è un parlato ossessivo su una base ritmata e acida in un francese suadente e maledetto. "Sirens" è il primo brano marcatamente Deus ultima maniera, con chitarre e sonorità quasi desertiche, e l'incalzare di questo loro nuovo mood un po' frenetico un po' avvolgente. Ancora una volta, la caratteristica vincente dell'album è il sapere regolare suoni pop rock apparentemente facili ma sempre costruiti alla perfezione per il prototipo boehmienne di Barman e melodie trascinanti. "Hidden wounds", graffia un po' nella sua andatura cadenzata, il parlato e una chitarra da sfondo ispirata e naturalmente un bel ritornello attaccato a un bridge da suspence. Toccante e delicata. "Girls keep drinking", funkeggia tanto per scaldare un po' l'ambiente. Effetto megafono della voce e ritmo interlocutorio verso "Nothings" che invece ridesta la meraviglia del Barman più coccoloso e tenero, una ballata dolcissima, ma forse un po' troppo corta e forse sì frettolosa. "The Soft Fall" è un'altra deliziosa canzonaccia à la Deus, che si apre a una ritmo avvolgente e a un'atmosfera estiva, a quello humour del seguire il mare del titolo di cui sembrano pregni tutti i brani.

Ricordo di averli visti dal vivo nel 2008 in Sicilia, nella splendida cornice del Festival di Castelbuono, era l'epoca di Vanishing Point e la loro forza era proprio questa; infondere meraviglia. Con "Crazy about you", ancora mezzo funky, ancora un rock che si perde diluito nel pop, ci riescono alla perfezione. Non fanno nulla di eccezionale, ti meravigliano con poco. La stessa meraviglia che può infondere un rudere ben illuminato di notte, sotto un cielo stellato. Il terzetto dei pezzi finali e a mio parere la parte più convincente e si apre con "The Give Up Gene", una sontuosa ballad che riesce a mescolare sapientemente funky e pop rock senza alcuna vergogna di suonare oltraggiosamente retrò, blues, Morphine senza fiati, black, gli Elbow del Belgio e chi più ne ha più ne metta. Una perla. "Fire Up The Google Beast Algorithm" (titolo stupendo) è un intermezzo acido e parlato che serve a traghettarci verso quello che è il brano più potente dell'album, l'ultimo: "One thing About Waves" (altro titolo stupendo); qui c'è tutto quello che dovete sapere sui Deus, 6 minuti e 24 di pura magia pop rock, acido-psichedelica, incalzante, turbante e melodiosamente ipnotica. Sentitelo tutto qui; (http://drownedinsound.com/news/4145026-album-stream--deus-following-sea) e bon voyage.



Deus

Following the Sea

Pias - 2012





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