RECENSIONI
Francisco José Viegas
Un cielo troppo blu
laNuovafrontiera, Pag. 282 Euro 17,00
E volere un cielo blu, un cielo così blu da nascondere il ricordo delle tempeste, dei fulmini in mezzo al cielo, della pioggia spinta fino alle finestre di casa. Un cielo troppo blu che offusca la nitidezza di ciò che è vicino o la purezza di ciò che si avvicina, come una vertigine. (Pag. 271).
Curiosamente il colore di questo noir non è nero, ma blu: che è il colore della malinconia, della tristezza. Gli afroamericani avevano i blues quando raccoglievano il cotone nelle piantagioni sterminate.
E quella sensazione tutt'oggi è rimasta nel linguaggio comune a metà strada tra un colore ed una fitta esistenziale. Blue è stato il capolavoro giovanile della cantautrice Joni Mitchell.
Qualcuno dirà: è un poliziesco ambientato in Portogallo, quindi se proprio dobbiamo parlare di condizione dell'anima chiamiamola saudade.
Tutte le definizioni vanno a posto quando la lettura è intrigante, affascinante e densa di un respiro brumoso: Jaime Ramos, il commissario che deve investigare sulla morte del figlio di un ministro e sulla scomparsa di una donna, ha la stessa 'altezza' dei più grandi nomi della letteratura noir. Gli si può accostare senz'altro, senza che nessuno prenda d'uggio, il Pepe Carvalho di Montalban, il Mario Conde di Leonardo Padura Fuentes, il Kurt Wallander di Henning Mankell e il Maigret di Simenon (Serena Magi nella post-fazione indica anche il nostro Montalbano, ma io ci andrei coi piedi di piombo). Nell'impalpabile smania esistenziale del personaggio principale si avverte il senso straniato del fluire del tempo e delle sue suggestioni: A volte non voleva neanche pensare a Rosa, certo, perché un uomo deve essere così, a volte non dovrebbe pensare a ciò che gli dà piacere, perché quello che gli dà piacere dà piacere ogni tanto, quando ciò che gli dà piacere non è vicino c'è una grande assenza, non un dolore, ma un'assenza per la quale non c'è mai rimedio. (Pag. 92).
Nelle pagine di Viegas, come è giusto che sia in tutti i grandi autori di noir (ma siamo sicuri che questa etichetta non sia dannatamente limitativa?), vi si scorgono riferimenti precisi al mondo e al passato, in questo specifico caso alla tragedia di un popolo, quello portoghese (il Portogallo come una Cuba nell'estremo sud-ovest europeo?), che è arrivato alla democrazia dopo gli altri, dopo 'tutti' e al disfacimento del sogno colonialista.
Ma mi azzarderei a dire che forse l'aspetto politico, pur così 'segnante' nella condizione e nella coscienza di tutti i portoghesi 'slitta' nel contesto poliziesco, sbilanciato di più verso una riconsiderazione dell'essere e dello stare 'personale' degli altri nel mondo.
Un cielo troppo blu, pur con continui richiami al pubblico, è una storia triste di vendetta e di sangue e dove ci piace pensare che l'elemento femminile, pur 'costretto' in un limbo sociale e di richiamo (le protagoniste sono due spogliarelliste di cui una laureata in filosofia!) ha le sue prerogative e il suo ruolo, per quanto negativo.
Tranquilli, non vi racconto la storia e il suo esito (peraltro diverso per le sue zone d'ombra insondabili): in questo romanzo quello che conta è la suggestione delle inadeguatezze degli esseri umani. Di tutti, di chi cerca e di costringe a cercare. A tratti persino straziante.
di Alfredo Ronci
Curiosamente il colore di questo noir non è nero, ma blu: che è il colore della malinconia, della tristezza. Gli afroamericani avevano i blues quando raccoglievano il cotone nelle piantagioni sterminate.
E quella sensazione tutt'oggi è rimasta nel linguaggio comune a metà strada tra un colore ed una fitta esistenziale. Blue è stato il capolavoro giovanile della cantautrice Joni Mitchell.
Qualcuno dirà: è un poliziesco ambientato in Portogallo, quindi se proprio dobbiamo parlare di condizione dell'anima chiamiamola saudade.
Tutte le definizioni vanno a posto quando la lettura è intrigante, affascinante e densa di un respiro brumoso: Jaime Ramos, il commissario che deve investigare sulla morte del figlio di un ministro e sulla scomparsa di una donna, ha la stessa 'altezza' dei più grandi nomi della letteratura noir. Gli si può accostare senz'altro, senza che nessuno prenda d'uggio, il Pepe Carvalho di Montalban, il Mario Conde di Leonardo Padura Fuentes, il Kurt Wallander di Henning Mankell e il Maigret di Simenon (Serena Magi nella post-fazione indica anche il nostro Montalbano, ma io ci andrei coi piedi di piombo). Nell'impalpabile smania esistenziale del personaggio principale si avverte il senso straniato del fluire del tempo e delle sue suggestioni: A volte non voleva neanche pensare a Rosa, certo, perché un uomo deve essere così, a volte non dovrebbe pensare a ciò che gli dà piacere, perché quello che gli dà piacere dà piacere ogni tanto, quando ciò che gli dà piacere non è vicino c'è una grande assenza, non un dolore, ma un'assenza per la quale non c'è mai rimedio. (Pag. 92).
Nelle pagine di Viegas, come è giusto che sia in tutti i grandi autori di noir (ma siamo sicuri che questa etichetta non sia dannatamente limitativa?), vi si scorgono riferimenti precisi al mondo e al passato, in questo specifico caso alla tragedia di un popolo, quello portoghese (il Portogallo come una Cuba nell'estremo sud-ovest europeo?), che è arrivato alla democrazia dopo gli altri, dopo 'tutti' e al disfacimento del sogno colonialista.
Ma mi azzarderei a dire che forse l'aspetto politico, pur così 'segnante' nella condizione e nella coscienza di tutti i portoghesi 'slitta' nel contesto poliziesco, sbilanciato di più verso una riconsiderazione dell'essere e dello stare 'personale' degli altri nel mondo.
Un cielo troppo blu, pur con continui richiami al pubblico, è una storia triste di vendetta e di sangue e dove ci piace pensare che l'elemento femminile, pur 'costretto' in un limbo sociale e di richiamo (le protagoniste sono due spogliarelliste di cui una laureata in filosofia!) ha le sue prerogative e il suo ruolo, per quanto negativo.
Tranquilli, non vi racconto la storia e il suo esito (peraltro diverso per le sue zone d'ombra insondabili): in questo romanzo quello che conta è la suggestione delle inadeguatezze degli esseri umani. Di tutti, di chi cerca e di costringe a cercare. A tratti persino straziante.
di Alfredo Ronci
Dello stesso autore

Francisco José Viegas
Il mare di Casablanca
laNuovafrontiera, Pag. 237 Euro 17,00Scrivevo a proposito di Un cielo troppo blu, sempre di Viegas, tempo fa sul Paradiso: nelle pagine di Viegas, come è giusto che sia in tutti i grandi autori di noir (ma siamo sicuri che questa etichetta non sia dannatamente limitativa?), vi si scorgono riferimenti precisi al mondo e al passato, in questo specifico caso alla tragedia di un popolo, quello portoghese (il Portogallo come una Cuba nell'estremo sud-ovest europeo?), che è arrivato alla democrazia dopo gli altri, dopo 'tutti' e al disfacimento del sogno colonialista.
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