I Classici
Resistenza, sempre Resistenza: “Il gallo rosso” di Giovanni Dusi.
Mi sarebbe piaciuto sapere cosa avrebbe potuto dire Claudio Pavone su questo libro che uscì nel 1973 per Marsilio.
L’Italia si fa: “Paura all’alba” di Arrigo Benedetti.
Prendiamo invece la sua attività letteraria che prima di Paura all’alba propose I misteri della città (1941), Le donne fantastiche (1942) e Una donna all’inferno (1945). Anche Paura all’alba uscì nel 1945 e tra le altre cose, nella copertina principale, riportava un disegno di Renato Guttuso.
Un’omosessualità più lucida: “Ragazzo di Trastevere” di Giuseppe Patroni Griffi.
Mica è facile parlare di Patroni Griffi. Innumerevoli sono le prestazioni a cui ha dedicato la sua vita letteraria e non solo: narratore, autore di testi teatrali, regista di teatro e di cinema.
C’è o non c’è ‘l’omosessualità’?: ‘L’onda dell’incrociatore’ di Pier Antonio Quarantotti Gambini.
Quarantotti Gambini fu senza dubbio ricordato come esponente, tra i principali, di quella che un tempo fu chiamata, senza peraltro che si possa contestare, la letteratura triestina del novecento.
Un classico poliziesco poco poliziesco: “L’assassinio nel vicolo della luna” di Jarro.
In tempi di calura, riscopriamo anche classici che per vari motivi non hanno superato il corso del tempo. Mi chiedo: perché De Angelis sì (scegliamo un nome più conosciuto) e Jarro no?
Un ‘carbonaro’ decisamente avventuroso: “Braccio di ferro” di Luigi Natoli.
La domanda che mi faccio potrebbe anche non avere un preciso significato e potrebbe essere addirittura valutata come inutile: in Italia quanto la letteratura popolare influenzò l’opinione pubblica o invece fu solo un’aggiunta al procedere sistematico della vita sociale e politica del paese?
Iniziò come romanziere: “Costazzurra” di Mario Gromo.
Costazzura non è, come invece si è cercato d’intendere da più parti, un romanzo generazionale. A me sembra che ci sia poco di generazionale in un contesto che, tenuto conto anche della nostra contemporaneità,
Tutto si può… o nulla si vuole. “Rattle” di Giovanni Ragagnin.
Riflettendo sulla storia ‘recente’ bisogna dire che il nostro romanzo, nonostante una certa coerenza di fondo, ha sempre subito scossoni di un certo rilievo: tanto per capirci… il futurismo dei primi del novecento o addirittura Bontempelli.
Il pessimismo di Arnaldo Frateili: Nebbia bassa.
Decisamente questo libro si porta dietro un misto di pessimismo e tristezza superiore a qualsiasi altra stampa del periodo (fu pubblicato inizialmente nel 1958), tanto che in seguito, cioè nel 1960, fu ristampato,
Quel che succede in fabbrica: “Memoriale” di Paolo Volponi.
Di tutto quello che è stato detto su questo libro (è considerato ormai da tutti come uno degli scritti fondamentali degli anni sessanta – e non solo), quello che mi ha parzialmente irretito (forse esagero, ma qualcosa di importante si è smosso) è stato il giudizio che ha rilasciato Elio Vittorini
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