RECENSIONI
Mauro Covacich
Trieste Sottosopra
Laterza, Pag. 121 Euro 9,00
Ogni volta che si visita una città ci vorrebbe un libriccino così. Non che le guide non servano, con le loro informazioni indispensabili, ma non rendono l'anima del luogo. Per questo mi piace, incontrando una città nuova, aggirarmi in qualche libreria ben fornita fiutando l'aria, in cerca di qualcosa che aiuti a vedere la città da dentro, a percepire gli umori di chi ci abita, a capire quali ricordi la città può aver regalato a un'infanzia. Tanto più è vero per Trieste, che come dice Covacich è una città piena di contraddizioni. Asburgica e irredentista, carsica e marinara, mitteleuropea e mediterranea, individualista e cosmopolita, severa e godereccia.
L'Autore, triestino d.o.c., comincia alla chetichella, con qualche spunto turistico, che via via si mescola ai ricordi personali, alle curiosità, alle grandi tragedie della storia. Introduce nei famosi caffè letterari, come il San Marco già descritto da Claudio Magris, ma informa anche sul lessico da bar, avvertendo che il cappuccino dei triestini è in realtà un caffè macchiato, e che il nero è il caffè, a meno che non ci si trovi in certe osterie dove alla stessa parola corrisponde un bicchiere di vino. Sono proprio queste le piccole cose che si ha voglia di sapere su una città, così come si ha voglia di capire come possano i triestini convivere con la famosa bora. Qui si ha una sorpresa: il fenomeno è vissuto con una specie di sportiva allegria. E racconta Covacich che per sua nonna, profuga istriana, era addirittura uno spettacolo da godere alla finestra.
... si sistemava bella cuccia - il cuscino dietro la schiena, una moka da sei accanto - e si pregustava lo spettacolo. Quando la gente scendeva dall'autobus lei si sbellicava dalle risate. C'era quello che abbracciava il lampione, quello che si piegava a quattro zampe ...
Esistono poi delle istituzioni tutte triestine, come il ricreatorio. Molto amato dai ragazzi che vi potevano accedere fino ai quindici anni, era l'equivalente dell'oratorio, con la differenza che si trattava di un'istituzione assolutamente laica, perché ... La cattolicissima Austria aveva concepito l'istruzione (e la ricreazione) ben scevra da influssi religiosi.
Alle gustose scene di vita cittadina si alternano eventi incisivi per la cultura italiana, come l'opera di Italo Svevo, o come il destino del manicomio di S. Giovanni, smantellato da Basaglia negli anni '70. Non mancano capitoli sugli eventi più tragici, testimoniati dalla Risiera di San Sabba e dalla Foiba di Basovizza.
Quando parliamo della gaiezza dei triestini, della loro esuberante gioia di vivere, dobbiamo sempre ricordare la Risiera e Basovizza, dobbiamo ricordare che è gente cresciuta in un posto zeppo di rabbia, dolore e morte. Insomma, non è solo con lo spirito aperto del mare che si spiega la volontà di godersi le cose della vita, ma anche con una sottile, inconsapevole angoscia, l'insopprimibile desiderio di superare e rimuovere.
Fra tante angolature insolite di Trieste, ogni tanto l'Autore regala anche qualche scorcio da cartolina, come quando si sofferma ad apprezzare la fulgida, razionale bellezza di piazza dell'Unità, aggiungendo che forse non esiste al mondo una piazza così vasta e perfetta direttamente affacciata sul mare. Un panorama che si può contemplare nella sua pienezza solo da un punto di vista privilegiato:
Il bello del Molo Audace consiste in ciò che ci si lascia alle spalle, in quel modo strano di allontanarsi perpendicolari al fronte della città. ... Trieste vista da fuori, dal largo, vista da una nave di cemento.
Parole perfette per ricreare la suggestione di una veduta da sogno.
Per chi voglia visitare Trieste, questo libro è dunque un piccolo tesoro da portare in valigia, e per chi l'ha già visitata è un souvenir ideale per alimentarne il ricordo.
di Giovanna Repetto
L'Autore, triestino d.o.c., comincia alla chetichella, con qualche spunto turistico, che via via si mescola ai ricordi personali, alle curiosità, alle grandi tragedie della storia. Introduce nei famosi caffè letterari, come il San Marco già descritto da Claudio Magris, ma informa anche sul lessico da bar, avvertendo che il cappuccino dei triestini è in realtà un caffè macchiato, e che il nero è il caffè, a meno che non ci si trovi in certe osterie dove alla stessa parola corrisponde un bicchiere di vino. Sono proprio queste le piccole cose che si ha voglia di sapere su una città, così come si ha voglia di capire come possano i triestini convivere con la famosa bora. Qui si ha una sorpresa: il fenomeno è vissuto con una specie di sportiva allegria. E racconta Covacich che per sua nonna, profuga istriana, era addirittura uno spettacolo da godere alla finestra.
... si sistemava bella cuccia - il cuscino dietro la schiena, una moka da sei accanto - e si pregustava lo spettacolo. Quando la gente scendeva dall'autobus lei si sbellicava dalle risate. C'era quello che abbracciava il lampione, quello che si piegava a quattro zampe ...
Esistono poi delle istituzioni tutte triestine, come il ricreatorio. Molto amato dai ragazzi che vi potevano accedere fino ai quindici anni, era l'equivalente dell'oratorio, con la differenza che si trattava di un'istituzione assolutamente laica, perché ... La cattolicissima Austria aveva concepito l'istruzione (e la ricreazione) ben scevra da influssi religiosi.
Alle gustose scene di vita cittadina si alternano eventi incisivi per la cultura italiana, come l'opera di Italo Svevo, o come il destino del manicomio di S. Giovanni, smantellato da Basaglia negli anni '70. Non mancano capitoli sugli eventi più tragici, testimoniati dalla Risiera di San Sabba e dalla Foiba di Basovizza.
Quando parliamo della gaiezza dei triestini, della loro esuberante gioia di vivere, dobbiamo sempre ricordare la Risiera e Basovizza, dobbiamo ricordare che è gente cresciuta in un posto zeppo di rabbia, dolore e morte. Insomma, non è solo con lo spirito aperto del mare che si spiega la volontà di godersi le cose della vita, ma anche con una sottile, inconsapevole angoscia, l'insopprimibile desiderio di superare e rimuovere.
Fra tante angolature insolite di Trieste, ogni tanto l'Autore regala anche qualche scorcio da cartolina, come quando si sofferma ad apprezzare la fulgida, razionale bellezza di piazza dell'Unità, aggiungendo che forse non esiste al mondo una piazza così vasta e perfetta direttamente affacciata sul mare. Un panorama che si può contemplare nella sua pienezza solo da un punto di vista privilegiato:
Il bello del Molo Audace consiste in ciò che ci si lascia alle spalle, in quel modo strano di allontanarsi perpendicolari al fronte della città. ... Trieste vista da fuori, dal largo, vista da una nave di cemento.
Parole perfette per ricreare la suggestione di una veduta da sogno.
Per chi voglia visitare Trieste, questo libro è dunque un piccolo tesoro da portare in valigia, e per chi l'ha già visitata è un souvenir ideale per alimentarne il ricordo.
di Giovanna Repetto
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Mauro Covacich
La sposa
Bompiani, Pag. 190 Euro 16,00Chi non avesse capito la propensione di Covacich a cogliere l’anima delle città, chi scambiasse per descrizioni i folgoranti squarci che ne svelano le interiora come colpi di bisturi, chi non riconoscesse la città come coprotagonista di molti dei suoi racconti, perderebbe una delle dimensioni fondamentali per apprezzarne l’opera.
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