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Il Paradiso degli Orchi
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RACCONTI

Gianluca Fortini

8500

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8500 caratteri. Spazi inclusi.

Osservo la pagina virtuale del portatile come uno scalatore scruterebbe la roccia, su, fino alla vetta, e penso non ce la farò mai...

Un amico mi aveva consigliato questo sito web, diceva pubblicano racconti brevi, avrei dovuto tentare, almeno la smettevo di arrovellarmi in attesa di una risposta sul mio romanzo.

La cosa migliore è scrivere, con regolarità e metodo. Certo, facile per lui.

Resto davanti allo schermo cercando di spremermi un'idea.

Come diavolo si possa scrivere un racconto in 8500 battute non saprei. Detesto le restrizioni.

Vero che i grandi capolavori cinematografici furono girati in economia. Guarda Herzog.

Già.

Qui però non sto cercando di girare un film.

Al diavolo !

Afferro il cappotto ed esco. M'incammino verso il bar cinese due traverse più in là. I ragazzi si trovano lì di solito, quando il denaro scarseggia, dove possono sbronzarsi a basso costo. E il denaro scarseggia sempre di 'sti tempi. Troverò senz'altro qualcuno, sono già le cinque del pomeriggio...

E infatti il Monaco è là. Lo vedo seduto fuori, solo, sfidare l'umido gelo bastardo chiuso in quell'insulso giaccone. La Heineken da 66 sul tavolo e un filtro in bocca. Cerca di arrotolarsi una sigaretta, tutto concentrato manco stesse disinnescando un ordigno. Bestemmia a un'improvvisa folata di vento.

Mi siedo.

"Monaco..."

"Oh...guarda chi si vede..."

"Allora, come andiamo ?"

"Il solito", dice tornado con lo sguardo alla sigaretta. Infila con delicatezza il filtro, poi aggiunge, "Ho trovato un lavoro per quest'estate."

"Non male...siamo a gennaio..."

"Be', intanto l'ho trovato. Sino ad allora continuerò col partito."

"E quel lavoro di rappresentante ?"

"Era una stronzata", dice terminando la sigaretta compiaciuto. Ha sempre avuto una sua manualità il Monaco. "Sai, sono di quegli squilibrati che per darti la molla ti chiudono in una sala con della musica di merda a tutto volume, sbraitando stronzate sui prodotti da vendere. Dei cazzo d'alienati totali."

"Credevo fosse il vostro stesso metodo: luce soffusa, gigantografie di Marx, Engels e Lenin... L'Internazionale...Vi ci vedo a cantarla in coro, una mano sul cuore..."

"No, non funziona così... Ma potrei proporlo..."

Ci scambiamo un sorriso. Il buon vecchio Monaco...

"Di che si tratta ?"

"Il lavoro ? Be', in verità è stata mia madre a trovarmelo, sai, ha delle conoscenze...", da una lunga boccata, come per creare la suspense, prende un sorso di birra, e finalmente aggiunge con espressione soddisfatta, "Servizio disinfestazione zanzare."

"..."

"Che c'è ?"

" Stai scherzando..."

No, non sta scherzando.

"E tu sei stato raccomandato per questo ?"

"Ma che vuoi ?! Pagano bene. E poi è un gran lavoro: io le detesto quelle stronze. Almeno faccio un servizio utile alla collettività."

Sorrido. In fondo lo ammiro il Monaco. Vorrei avere il suo entusiasmo.

Ken intanto esce. Siamo gli unici due clienti quest'oggi. E vorrei ben vedere, con 'sto freddo e questo cielo color ghisa la cosa più sensata è trascorrerla sotto le coperte 'sta domenica uggiosa.

Ordino una birra pure io.

"Hai saputo del Marchese ?"

"Che ha fatto stavolta ?..."

"Cosa gli hanno fatto..."

Il Monaco sfila dal taschino del giaccone una pagina di giornale piegata alla bell'e meglio e me la porge. L'apro.

Ken porta la birra. Ne prendo un sorso, pessima ma gelida, il solito, poi torno all'articolo.

E bravo Marchese...una mezza facciata s'è guadagnato.

Finalmente pure il nostro covo ha ottenuto la pubblicità che merita.

Il bello delle risse, là dentro, è che hanno sempre un che di cosmopolita...

... È notte, ai tavoli un nordafricano un giordano e un russo infastidiscono due moldave accompagnate da un albanese e un siciliano. Scoppia la lite, sono tutti alticci chiaramente, eccetto il lucido buon vecchio Marchese, che da vero gentleman si lancia in difesa delle due pulzelle. Al nordafricano prende male, spacca una bottiglia di birra e con quella gli squarcia lo stomaco.

"Arteria recisa. Ha rischiato grosso."

"E ora come sta ?"

"Oh, lui è carico! Non vede l'ora di riaprire."

Ripiego la pagina e gliela restituisco.

"Tu invece ?, saputo nulla del romanzo ?"

" Macché!...", bevo un altro sorso, e ne scaccio il pensiero.

"Sai, il modo migliore per non pensarci è continuare a scrivere, con regolarità. È la cosa più saggia."

"Cos'è, vi siete messi d'accordo ?"

"Come ?"

"Naaa, niente..."

Osservo il cielo: sembra dipinto da un depresso con scarsa immaginazione. Termino l'ultimo sorso e saluto il Monaco, gli dico di farsi sentire e m'incammino verso casa.

Apro la porta, la stanza è esattamente come l'ho lasciata, cioè un disastro completo. Entrasse un ladro, probabilmente la rimetterebbe in ordine, ché farebbe schifo pure a lui. Del resto non c'è molto da rubare, oltre al portatile.

Vado al cesso e mi libero della birra.

Sfilo dalla credenza la bottiglia di Tullamore e ne riempo un bicchiere abbondante, poi siedo davanti al portatile sempre acceso.

Osservo lo schermo, i tasti appena più giù, poi di nuovo quella pagina troppo bianca che chiede solo d'essere insudiciata.

Bevo un altro sorso, poso il bicchiere, e penso che una mezza idea potrei avercela.

Va bene, a noi due puttana...





Gianluca Fortini



E' di Bologna, dove vive e lavora. Il suo primo romanzo, Aspettando la tempesta, è tutt'ora inedito. Attualmente sta lavorando ad una raccolta di brevissimi racconti che intitolerò Niente Poesia.









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