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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Walter Veltroni

Buonvino e il caso del bambino scomparso

Marsilio lucciole, Pag. 243 Euro 14,00
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Chi lo avrebbe mai creso (?!). Il Paradiso degli orchi che recensisce un libro di Wuolter Veltroni. Avessi detto un saggio politico… passi pure. Avessi detto uno studio sociologico… meglio ancora. Ma un giallo? Come la mettiamo?
A dire la verità non è la prima volta che il nostro uomo si cimenta col giallo e soprattutto col commissario Buonvino. Vuol dire che, a parte qualche clamore, gli è andata bene. Poi mettici pure il lockdown, cioè il periodo in cui noi italiani siamo stati a casa senza far niente e invece il sommo politico ha  avuto la forza e la costanza di affrontare una  nuova avventura poliziesca.
Risultato?
Andiamo con ordine. Nel giallo in questione c’è un po’ di tutto. C’è appunto il caro e vecchio (nemmeno tanto) Buonvino, c’è Portanova che è impegnato in una storia dove una donna appare e scompare, ci sono due nuove donzelle che sono molto attive nello sviscerare la situazione anche se spesso compiono azioni che un buon poliziotto non dovrebbe compiere e infine c’è un agente di colore che stavolta è accoppiato con un torinese che ce l’ha a morte coi neri perché uno di loro, una volta, si è reso responsabile della morte di suo fratello.
E c’è soprattutto la lezione civile di Buonvino che spiega che se un nero ha fatto una cosa brutta non necessariamente tutti i neri debbano essere degli irresponsabili se non addirittura degli assassini.
Capita l’antifona?
Dunque il buonista Veltroni scrive un giallo che in una scuola creativa (e ho detto tutto) verrebbe additato al pubblico ludibrio. Noi siamo più teneri. Diamo un consiglio. Molto disinteressato e alla buona maniera.
Datti all’ippica.
Poi se proprio dovesse insistere proponiamo la lettura ai bambini, o comunque a persone inferiori ai dodici anni e che hanno un profondo senso del ludibrio E a cui piacciono le copertine dei libri innocenti. Come quelle che offre Wuolter.
Sconsigliata la lettura ad un pubblico superiore ai dodici anni.




di Alfredo Ronci


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