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CLASSICI

Alfredo Ronci

Comico, malinco(m)ico o insensato? “Gli asparagi e l’immortalità dell’anima” di Achille Campanile.

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Scrive Campanile: Non c’è alcun rapporto fra gli asparagi e l’immortalità dell’anima. Quelli sono un legume appartenente alla famiglia delle asparagine, credo, ottimo lessato e condito con olio, aceto, sale e pepe. Alcuni preferiscono il limone all’aceto; anche eccellente è l’asparago cotto col burro e condito con formaggio parmigiano. Alcuni ci mettono un uovo frittellato sopra, e ci sta benissimo, l’immortalità dell’anima, invece, è una questione; questione, occorre aggiungere, che da secoli affatica le menti dei filosofi. Inoltre gli asparagi si mangiano, mentre l’immortalità dell’anima no. Questa, insomma, appartiene al mondo delle idee. Naturalmente, nel caso in esame, all’idea corrisponde un fatto. Da questo punto di vista si può dire che l’immortalità dell’anima è una qualità dell’anima, una proprietà peculiare dell’anima, un concetto insomma, il quale indica il fatto che le anime sono immortali. Siamo sempre ben lontani dagli asparagi.
(…) Per concludere e terminarla con un’indagine che la mancanza di idonei risultati rende quanto mai penosa, dobbiamo dire che, da qualunque parte si esamini la questione, non c’è nulla di comune fra gli asparagi e l’immortalità dell’anima.
Ora, vi chiederete voi esimi lettori, per quale motivo abbiamo iniziato uno studio su Campanile riportando un bel pezzo del racconto che compone l’intero libro e che fu, il libro, anche premio Strega nel 1974? Noi crediamo che tra le righe di questo brano ci sia l’assoluta prova di quella che fu ed è stata la lezione culturale di Campanile. Il mezzo entro il quale in qualche modo si evidenzia la partitura originale della intera sua opera.
L'arte di Campanile deve nascondere un mistero: non si spiegherebbe se no un successo editoriale che dura praticamente da ottant'anni. C'è di più, in un paese come il nostro, quasi sempre spezzato in due ideologicamente, ci si stupisce che abbia avuto così spazio uno scrittore mai schierato o politicizzato che sia riuscito ad accontentare palati assai differenti ed eterogenei.
In fondo il suo è sempre stato un realismo equidistante, ma impazzito, che ha fatto sempre la parodia del nostro mondo.
Non solo, è riuscito anche ad avere, durante la sua esistenza, appoggi e peana che, ad un aspetto consolidato, mai avremmo pensato si verificassero. Longanesi certo, ma ancor di più Flaiano che, incontrandolo un giorno, con emozione gli strinse la mano e disse: lei è il maestro di tutti noi.
Maestro di cosa, e soprattutto perché. Nei 38 mini racconti (chiamiamoli mini anche se alcuni hanno la compostezza e la durata di veri racconti) che compongono Gli asparagi e l’immortalità dell’anima, non si riscontrano particolari dimostrazioni che facciano pensare che siamo di fronte ad  un vero e proprio capolavoro. Tutto sembrare passare liscio, anche, a volte, nelle inesattezze e inconcludenti fattezze della vita quotidiana. Ma davvero tutto è così, o siamo noi a non voler dimostrare l’assoluta vacuità dell’esistenza?
Achille Campanile sa trasformare in comicità ogni dettaglio della vita: sia nel teatro che nella narrativa. I comportamenti dei personaggi – per lo più dei borghesi – ci hanno fatto l’abitudine a ripetersi ma Campanile assale un punto della routine e lo fa scivolare in gestualità clownesca. E i dialoghi filano via lisci senza far rimanere nulla? Oppure lo scrittore sostituisce un termine della frase e la conduce al nonsense?
E anche improvvisamente il testo, che sembra quanto meno sensato, si trasforma in qualche cosa di più astratto, come ad esempio nel racconto La cura dell’uva… Ma di questo e d’altre questioni affini mi riprometto di trattare con la necessaria lunghezza in un’opera che intendo scrivere sul prosciutto, quando non avrò altro da fare.
La comicità del Campanile è, come ha già detto qualcuno, innocente. C’è il minimo di critica sociale, morale e politica; non è la satira il genere cui deve essere assegnato il comico dello scrittore romano. Lui non è un sovversivo e ancor meno un riformatore. Se cambia il meccanismo (e la storia, visto che, e lo abbiamo già detto, è passato liscio e con successo, dal fascismo al dopo-fascismo), Campanile è pronto a smontarlo per provocare la risata da cui risulta che il nostro mondo può essere divertente, ma anche incomprensibile e insensato.
Come abbiamo detto Gli asparagi e l’immortalità dell’anima vinse il premio Strega nel 1974. Più che per l’opera in sé, ci è parso un premio all’arte, permettetemi di dirlo, mediana di tutta la sua opera. Ed è per questo che è sopravvissuta al meglio. Meritato dunque il premio? Ai posteri, e che posteri, l’ardua sentenza.



L’edizione da noi considerata è:

Achille Campanile
Gli asparagi e l’immortalità dell’anima
Rizzoli



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