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Il Paradiso degli Orchi
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Stefano Torossi

Conferenza stampa con attentato.

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Conferenza stampa con attentato. Mercoledì 28 maggio. Presentazione del venticinquesimo Festival di Musicultura nella mitica Sala A della Rai a Via Asiago, Roma. Musicultura è una di quelle idee nate in sordina, e in provincia (Recanati, Marche), che poi è cresciuta fino ad arrivare a rosicchiare i talloni a Sanremo. Un grande festival nazionale che ha oltretutto la fortuna di abitare, oggi, allo Sferisterio di Macerata, uno degli spazi più affascinanti, inconsueti, grandiosi e spaventosi (nel senso che fa paura per quanto è bello e grande) d’Italia. Fra le altre novità abbiamo saputo di una medaglia al merito della Presidenza della Repubblica consegnata alla manifestazione per le sue nozze d’argento. Congratulazioni.
Simpatica chiacchierata, che noi condividiamo in pieno, di Ezio Nannipieri, vicepresidente di Musicultura, sull’importanza per i cantanti e musici pronti a uscire dall’uovo di considerare sempre la musica come una bottega dove ognuno deve fare prima il garzone, poi il commesso, e magari, se è davvero bravo, alla fine diventare il proprietario della ditta. In altre parole, benedetta la gavetta e la passione per il mestiere. Senza demonizzare le major, naturalmente, ma anche senza considerarle il fine supremo di una carriera.
Contenti gli organizzatori, gli sponsor, le autorità della città e della provincia, ingiacchettati e incravattati al tavolone. Naturalmente abbiamo un appunto da fare, forse da snob, forse da vec-chiardi, non a loro, ma ai concorrenti che, con l’eccezione delle ragazze che su questo argomento la sanno lunga, erano tutti vestiti nel modo più involontariamente banale immaginabile.
Seduti fra il pubblico, la mattina, ok. Ma la sera, quando c’è stato il concerto di presentazioni degli otto pezzi finalisti, gli stessi concorrenti avevano ancora gli stessi stracci addosso.
“Involontariamente banale”, abbiamo detto, e questa è la nostra critica. Salire sul palco è una funzione quasi sacra; comunque un atto che, per rispetto al pubblico e ai colleghi, richiede una certa preparazione, un certo comportamento e anche un certo abbigliamento. Formali? Sì, se è una scelta. Bizzarri? Anche. Ma tutto dev’essere il risultato di un pensiero e di molte prove, e non del caso che ti fa acchiappare la prima maglietta a portata di mano. Proprio così: i vestiti, come la musica, o la recitazione, o qualunque altra cosa si voglia fare là sopra, sono essenziali.
E l’attentato? E’ stato subito dopo la presentazione: il buffet. In una calda, afosa giornata tipi-camente romana ci siamo trovati davanti un’appetitosissima distesa di specialità marchigiane: cotiche con i ceci, porchetta farcita, melanzane ripiene, robusti vini bianchi e rossi, e liquori vari al caffè e alle erbe. Irresistibili. A costo di restarci secchi. Il conto, in forma di abbiocco (termine romanesco per definire lo stato di sonnolenza che segue l’esagerata assunzione di cibi e bevande) lo abbiamo pagato per tutto il pomeriggio.

Il canto del cigno. Potrebbe esserlo davvero. Da tutte le parti arrivano voci di una soppressione della Casa del Jazz, ormai storica istituzione, piazzata in un parco bellissimo lungo le Mura Au-reliane, appena fuori Porta Ardeatina. Si mormora che fosse la villa di qualcuno della Banda della Magliana, nota organizzazione criminale romana, sequestrata, risistemata e dedicata, all’epoca in cui i nostri sindaci pensavano anche alla cultura, ai cittadini e al jazz.
Bene, proprio qui, la sera di venerdì 30, mentre sui rossi mattoni delle storiche mura il sole tramontava e sul citato splendido parco planavano zanzare grandi come aquile, la Alfamusic, meri-toria produttrice di dischi ed eventi jazz, ci ha invitati a un concerto che non dimenticheremo tanto facilmente.
Ecco perché. Per presentare l’uscita del CD “Bluestop”, sul palco, alle tastiere di due Steinway affiancati c’erano due massimi pianisti jazz: Enrico Intra ed Enrico Pieranunzi. Abbiamo goduto della loro tecnica superlativa e del loro gusto squisito. Ma in più abbiamo riso dall’inizio alla fine perché questi due supremi (e anche piuttosto maturi) professionisti del pianoforte li abbiamo visti comportarsi come Bibì e Bibò e scambiarsi gli scherzi che i due fratellini terribili facevano alla Tordella e a capitan Cocoricò. Ma poi, tornati seri, li abbiamo sentiti eseguire da maestri composi-zioni originali insieme a versioni jazz di Poulenc e Hindemith, con una mistura sublime di swing e richiami alla musica colta. Il tutto con la più grande familiarità e senza nessuna pompa accademica.
Argutissime presentazioni di Pieranunzi, il quale, malgrado il suo aspetto austero sa essere spi-ritoso e rispondere con garbo alle punzecchiature che continuamente gli manda Intra.
Insomma, bell’incontro, belle risate, bellissima musica. Un ottimo concerto di chiusura: secondo noi il migliore della stagione.


PS. Velocissimo e irresistibile. Come si fa a lasciarsi scappare una notizia come questa? “Me-dico multato perché andava a duecento all’ora sulla Orte-Viterbo. Si giustifica dicendo che corre a Vetralla per un’emergenza. La stradale gli fa notare che Vetralla è nella direzione opposta e gli ritira la patente”. Mica male, una scusa così scema per un professionista adulto e presumibilmente re-sponsabile. La Repubblica, 31 maggio. (Come sempre quando citiamo simili ridicolaggini, teniamo a disposizione il ritaglio).





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