RECENSIONI
Geminello Alvi
Eccentrici
Adelphi, Pag. 184 Euro 13,00![immagine](uploads/tx_orchidata/eb3bb6cc1fb7084a34a861dbb2f8b6df_w240_h_mw_mh_cs_cx_cy.jpg)
Eccentrici… mah, chissà cosa vuol dire.
Intendiamoci, ognuno può titolare le sue cose come meglio crede, ma qui mi sembra chi si tocchi l’inciucio. Oppure è una semplice soluzione Adelphi per poter vendere qualche libro in più.
Perché il libro è fenomenale.
Alvi è un economista, ma credo che le sue letture siano anche altro, visto come sa indicare una storia e come voglia condurla sui suoi piani.
Per niente eccentrici.
I quarantadue personaggi che fanno vivo e attuale questo libro, da Cary Grant a Lovecraft, da Salgari a Pancho Villa, da Buster Keaton a Giovanni Gerbi, da Carlo Lorenzini a Amadeo Bordiga (e mi fermo qui anche se l’entusiasmo per questa storia è tale che mi andrebbe di menzionare tutte le stars), non sono assolutamente eccentrici, ma nella loro breve vita (vita letteraria di Alvi, intendiamoci, poco più di due pagine ciascuno) racchiudono una tale condizione che ognuno di noi può scorgervi un’ansia di inseguire la vita da renderli immortali.
Ed il linguaggio. Colto ma non strafottente. Oserei dire pertinente. Come quando per descrivere il Collodi, Alvi scrive così: Il cielo turchino sfumava a onde, come eccitato dalle policromie del tramonto, colorando di violaceo solenne il selciato e l’acque lente dell’Arno, mentre il vaniloquio infantile si fondeva allo stridio degli uccelli. Remoto e silente era il mondo.
O come quando, descrivendo un atleta straordinario, ma pacato, così Alvi spiega: Fiero nel suo torace, nudo e rosaceo, di centimetri centoventotto reso ancora più immenso dai braccioni brevilinei, dal culo basso, dagli stinchi ornati sotto il ginocchio dai reggicalze: così Giovanni Raicevich, che era alto solo metri uno e settantadue, s’atteggiava in attesa del lampo fumante d’un fotografo al Teatro Dal Verme di Milano in quel 1909.
Non sono eroi questi qui (nelle quarantadue sfaccettature v’è un alchimista, un generale poligamo, uno psichiatra, un podista, un temerario, un biodinamico ecc.), sono persone prese dal senso unico della vita, che non sono eccentrici per desiderio, ma semmai per volontà. Hanno solo qualcosa da insegnarci: l’infinita varietà e potenza delle proprie convinzioni.
Così ha fatto Alvi. Ci ha raccontato di altri, sognando di suo.
Eccome se ci è riuscito.
di Alfredo Ronci
Intendiamoci, ognuno può titolare le sue cose come meglio crede, ma qui mi sembra chi si tocchi l’inciucio. Oppure è una semplice soluzione Adelphi per poter vendere qualche libro in più.
Perché il libro è fenomenale.
Alvi è un economista, ma credo che le sue letture siano anche altro, visto come sa indicare una storia e come voglia condurla sui suoi piani.
Per niente eccentrici.
I quarantadue personaggi che fanno vivo e attuale questo libro, da Cary Grant a Lovecraft, da Salgari a Pancho Villa, da Buster Keaton a Giovanni Gerbi, da Carlo Lorenzini a Amadeo Bordiga (e mi fermo qui anche se l’entusiasmo per questa storia è tale che mi andrebbe di menzionare tutte le stars), non sono assolutamente eccentrici, ma nella loro breve vita (vita letteraria di Alvi, intendiamoci, poco più di due pagine ciascuno) racchiudono una tale condizione che ognuno di noi può scorgervi un’ansia di inseguire la vita da renderli immortali.
Ed il linguaggio. Colto ma non strafottente. Oserei dire pertinente. Come quando per descrivere il Collodi, Alvi scrive così: Il cielo turchino sfumava a onde, come eccitato dalle policromie del tramonto, colorando di violaceo solenne il selciato e l’acque lente dell’Arno, mentre il vaniloquio infantile si fondeva allo stridio degli uccelli. Remoto e silente era il mondo.
O come quando, descrivendo un atleta straordinario, ma pacato, così Alvi spiega: Fiero nel suo torace, nudo e rosaceo, di centimetri centoventotto reso ancora più immenso dai braccioni brevilinei, dal culo basso, dagli stinchi ornati sotto il ginocchio dai reggicalze: così Giovanni Raicevich, che era alto solo metri uno e settantadue, s’atteggiava in attesa del lampo fumante d’un fotografo al Teatro Dal Verme di Milano in quel 1909.
Non sono eroi questi qui (nelle quarantadue sfaccettature v’è un alchimista, un generale poligamo, uno psichiatra, un podista, un temerario, un biodinamico ecc.), sono persone prese dal senso unico della vita, che non sono eccentrici per desiderio, ma semmai per volontà. Hanno solo qualcosa da insegnarci: l’infinita varietà e potenza delle proprie convinzioni.
Così ha fatto Alvi. Ci ha raccontato di altri, sognando di suo.
Eccome se ci è riuscito.
di Alfredo Ronci
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