RACCONTI
Serena Russo
La coltellata

Quella notte sentivo Anna piangere. Non riuscivo a girarmi dall’altro lato del letto. Sapevo che la sua rabbia veniva da lontano, dallo stomaco, dal sangue. Fu l’unico momento in cui sospettai che lei sapesse qualcosa, ma non avevo il coraggio di dirle che questo qualcosa torturava anche me da tempo.
Il vento entrava adagio e sottile da quella maledetta fessura nel legno bianco della nostra finestra. Erano le 2 e 35 minuti del mattino. Avevo i brividi. Il freddo e la paura si mescolavano in uno sciame di pensieri confusi e ronzavano senza sosta.
Poi, d’un tratto il suo pianto si fermò e calò un silenzio imprevisto. Sudavo e nello stesso tempo immaginavo che Anna fosse piombata in un sonno profondo. Anche quell’occasione era andata perduta. Un altro momento rimandato da una vita.
Così, feci per girarmi e allungai il braccio verso la sua schiena per stringerla, come di consuetudine. Ma lei mi afferrò la mano velocemente impedendomi di toccarla.
- Christian…Samuel non è tuo figlio – disse strozzata dal pianto. - Quando sono uscita dal coma ho avuto una relazione parallela per circa un anno con un altro uomo.
Ecco la coltellata. Profonda, infame, fredda. Rimasi inerte. Il ticchettio dell’orologio sul comò scandiva quel susseguirsi di emozioni. Il mio stato di immobilità durò solo qualche minuto. Mi passarono per la testa tanti pensieri. Ma alla fine, liberai la mia mano dalla sua e strinsi quel corpo meraviglioso a me, senza dire nulla. Da quel giorno non ne parlammo mai più. Quella fu l’unica volta in cui si fece cenno a quel dannato segreto. Da quel momento, sembrò regnare un equilibrio che entrambi stavamo cercando da tempo. Anna era stata due anni in coma. Purtroppo al risveglio si rese conto di non ricordare nulla della sua vita precedente. Fu un duro colpo per lei. Ma la nascita di Samuel l’aveva fatta rivivere. Avevamo solo bisogno di liberarci e quella notte era accaduto. Eravamo di nuovo due nuvole slegate dal cielo ed eravamo diventati di nuovo aria bianca, leggera e trasparente.
Quei minuti che trascorsero dalla confessione di Anna fino all’abbraccio furono il momento più rilassante della mia vita. Sapevo già tutto dall’inizio, da quando cinque anni fa nacque il piccolo Samuel. Ciò che mi tormentava da molto più tempo non era quello che già sapevo, ma quello che lei avrebbe ignorato, a questo punto, per sempre. Io non sono Christian. Non so chi sia e probabilmente non lo saprò mai.
Ma questa è un’altra storia.
Il vento entrava adagio e sottile da quella maledetta fessura nel legno bianco della nostra finestra. Erano le 2 e 35 minuti del mattino. Avevo i brividi. Il freddo e la paura si mescolavano in uno sciame di pensieri confusi e ronzavano senza sosta.
Poi, d’un tratto il suo pianto si fermò e calò un silenzio imprevisto. Sudavo e nello stesso tempo immaginavo che Anna fosse piombata in un sonno profondo. Anche quell’occasione era andata perduta. Un altro momento rimandato da una vita.
Così, feci per girarmi e allungai il braccio verso la sua schiena per stringerla, come di consuetudine. Ma lei mi afferrò la mano velocemente impedendomi di toccarla.
- Christian…Samuel non è tuo figlio – disse strozzata dal pianto. - Quando sono uscita dal coma ho avuto una relazione parallela per circa un anno con un altro uomo.
Ecco la coltellata. Profonda, infame, fredda. Rimasi inerte. Il ticchettio dell’orologio sul comò scandiva quel susseguirsi di emozioni. Il mio stato di immobilità durò solo qualche minuto. Mi passarono per la testa tanti pensieri. Ma alla fine, liberai la mia mano dalla sua e strinsi quel corpo meraviglioso a me, senza dire nulla. Da quel giorno non ne parlammo mai più. Quella fu l’unica volta in cui si fece cenno a quel dannato segreto. Da quel momento, sembrò regnare un equilibrio che entrambi stavamo cercando da tempo. Anna era stata due anni in coma. Purtroppo al risveglio si rese conto di non ricordare nulla della sua vita precedente. Fu un duro colpo per lei. Ma la nascita di Samuel l’aveva fatta rivivere. Avevamo solo bisogno di liberarci e quella notte era accaduto. Eravamo di nuovo due nuvole slegate dal cielo ed eravamo diventati di nuovo aria bianca, leggera e trasparente.
Quei minuti che trascorsero dalla confessione di Anna fino all’abbraccio furono il momento più rilassante della mia vita. Sapevo già tutto dall’inizio, da quando cinque anni fa nacque il piccolo Samuel. Ciò che mi tormentava da molto più tempo non era quello che già sapevo, ma quello che lei avrebbe ignorato, a questo punto, per sempre. Io non sono Christian. Non so chi sia e probabilmente non lo saprò mai.
Ma questa è un’altra storia.
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